CREED II – Il film sulla famiglia Drago che avrebbe dovuto essere

CREED II – Il film sulla famiglia Drago che avrebbe dovuto essere

Di Roberto Recchioni

Al mondo esistono due tipi di persone.
Quelli che riconoscono a Sylvester Stallone la caratura di grande sceneggiatore (il suo script del primo Rocky continua a essere portato nelle scuole di cinema come esempio di sceneggiatura perfetta), di solido regista, di grande interprete (a parte Balboa o il primo Rambo, basterebbe ricordarlo su Copland per capirlo), di divo come non se ne fanno più e, soprattutto, di monumento al cinema (per capirsi, Stallone è stato l’unico autore assieme a Charlie Chaplin e Orson Welles, capace di ottenere una candidatura all’Oscar come Miglior Attore e Miglior Sceneggiatura per lo stesso film).

E poi ci sono gli altri. Quelli che di cinema non capiscono nulla.

Detto questo, andiamo avanti e parliamo di Creed II, che Sly ha scritto (assieme a Juel Taylor, adattando la storia di Sascha Penn) e interpretato.
E anche qui, ci sono due modi per vedere la cosa: si può intendere il film come il secondo capitolo della storia di Adonis Creed o valutare il film come se fosse un Rocky VIII.

E, seconda da come si decide di guardarlo, l’esito della pellicola cambia.
Il film in sintesi: Adonis Creed, grazie all’allenamento di Rocky Balboa, ha quasi vinto il titolo di campione dei mediomassimi e si è candidato come futuro della boxe. Ora è pronto a diventare un campione ma, proprio quando le cose si mettono al meglio per lui, ecco che spunta all’orizzonte un nuovo avversario, Viktor Drago, figlio di Ivan Drago, storico avversario di Rocky e assassino del padre. Il resto è facilmente immaginabile.
Per scendere nel dettaglio della recensione la separerò nei tre aspetti fondamentali che hanno sempre caratterizzato la saga: corpo, anima e cervello.

CORPO
Ovvero la struttura del film, la sua solidità, la sua possanza.

E qui c’è poco da dire: Creed II è un ottimo film, costruito con consapevolezza e competenza.

Anche perché, non rischia nulla, visto che la struttura è mutuata di peso non tanto da Rocky IV (come la presenza di Ivan Drago potrebbe far pensare) ma da Rocky III, seguendone passo per passo tutti gli snodi chiave della trama e riproponendone gran parte dei temi. Ma se il terzo capitolo della saga originale è più coinvolgente in termini emozionali (su questo punto ci torniamo), sul piano tecnico Creed II si differenza da Rocky III, perché è scritto in maniera più sensata, diretto e, soprattutto, fotografato, meglio.
Steven Caple Jr., regista del film alla sua prima prova con l’universo di Rocky Balboa, costruisce un primo atto molto appassionante e intenso, con ottime scene di pugilato e un doloroso apice drammatico. Poi passa al secondo atto, dove si prende tutto il tempo necessario per raccontare e approfondire tutto quello che su Rocky III accadeva troppo velocemente e con troppa superficialità, non prende nessuna scorciatoia narrativa e paga il giusto omaggio agli stilemi della serie. Infine arriva al terzo atto, quello che (a parte Rocky V) è la conclusione di ogni capitolo della serie: il grande match. E se lo porta a casa bene, nonostante sia fin troppo sobrio e misurato.
L’epilogo è tutto dedicato all’intimismo, e funziona egregiamente, emozionando senza essere stucchevole. Tutte le porte che andavano chiuse, vengono chiuse, e se ne aprono di nuove, lontane da Filadelfia e dalla lunga ombra di Rocky Balboa.
In sostanza, come film in quanto tale, Creed II è un’ottima pellicola di pugilato come molte altre nella storia del cinema.

Ma chi guarda Rocky, non lo guarda davvero per la boxe, giusto?

ANIMA
Ovvero lo spirito del film, i suoi sentimenti, il suo cuore.

Ce l’ha un cuore forte, coraggioso e generoso, questo Creed II?
Sì, ce l’ha.
Anche se forse batte in un posto diverso rispetto alle intenzioni degli autori.
Ovviamente lo troviamo nel personaggio di Rocky, anche se qui Stallone si ritaglia ha ruolo minore rispetto alle pellicole precedenti e il personaggio ha meno da dire e, soprattutto, meno da fare (ma quello che dice e quello che fa è sempre da lacrime, sia chiaro).
E c’è, o ci dovrebbe essere, nel dramma e nella “passione” (in senso cristiano) del figlio di Apollo, che è il titolare della pellicola. Ma, per chi scrive, il vero cuore pulsante ed emotivo del film è, sorprendentemente, legato all’antagonista, Viktor Drago, e al suo rapporto con il padre (uno straordinario Dolph Lundgren) e la madre (sì, in Creed II, c’è spazio anche per una ritrovata Brigitte Nielsen, a cui viene dedicata anche una grandiosa battuta metafilmica).
E questo forse è il più grande merito ma, anche, il più grande punto debole del film. 
Perché se le vicende del protagonista coinvolgono meno di quelle della sua nemesi e se allo scontro finale non sai bene per chi tifare, forse un problema c’è.
Cerco di spiegarmi brevemente.
Al di là di tutto, la serie dei film di Rocky si basa su un presupposto semplice e potente: la rivalsa di un underdog, un personaggio messo ai margini, uno dato per sfavorito alla nascita. Ora, Adonis Creed, a parte i primi anni di vita, è un ragazzo bello, che ha avuto una buona educazione, che è ricco e dotato di una eleganza e di uno stile naturale. È un modello ispirazionale a cui tendere, non un tipo in cui immedesimarsi (a meno che non siate fortunati come lui, ovviamente). Nel primo film, il problema di Adonis, il suo fatal flaw che lo rendeva umano e vicino, era con l’eredità del padre, ma è stato risolto. In Creed II gli sceneggiatori lavorano per creare un nuovo conflitto e lo fanno anche bene, se non fosse che, di mezzo di mettono Viktor Drago, che è grosso, cattivo e monosillabico come un “cattivo” di Rocky dovrebbe essere, ma che ha pure una storia alle spalle, la storia che ha reso grande questa saga. Perché Viktor e suo padre Ivan sono i veri underdog del film, quelli poveri, che vivono ai margini, che sono dei reietti, che hanno un debito da riscuotere con il destino e che sono alla ricerca di un riscatto. Non è un caso che tra le scene migliori del film ci sono tutte quelle che li vedono allenarsi, confrontarsi (anche violentemente) e battersi. Il cuore vero di questo Creed II, batte per loro, non per il bell’adone.

CERVELLO
Ovvero il pensiero, che sta dentro e dietro al film, la sua consapevolezza.

E qui la faccenda si fa complicata.

Come detto, Creed II è un film solido, scritto e girato con competenza, e capace di emozionare… ma è davvero un film pienamente riuscito? A conti fatti, sì.
Eppure.

Eppure non sono uscito dalla sala esaltato, saltellando e canticchiando il motivo musicale, mimando colpi di improbabile boxe, cosa che ho fatto, invece, per tutti i capitoli precedenti (ok, forse non con il quinto). E sono stato costretto a domandarmi perché. La risposta che mi sono dato si racchiude, sostanzialmente, in tre punti.

Adonis Creed, per quanto sia un personaggio ben strutturato, non è un underdog per cui viene naturale tifare. È troppo bello, troppo ricco, troppo acculturato, non è un working class hero e non ha quell’ingenuità e quella semplicità di Rocky. Se sul primo Creed funzionava pienamente è perché, accanto a lui, quasi per tutto il tempo, c’era Stallone. E Stallone riempiva i buchi. In Creed II, Stallone si defila e la cosa si sente.

– È scritto in maniera troppo “moderna”. Una volta si potevano fare i film con i cattivi che erano cattivi e basta. Oggi, se sei uno sceneggiatore consapevole e bravo, cerchi di dare credibilità e motivazioni ai tuoi antagonisti. Solo che se lo fai con Rocky, qualcosa si inceppa. Perché se Clubber Lang in Rocky III avesse avuto una qualche caratterizzazione oltre al fatto di essere cattivo e stronzo, tutti si sarebbero accorti che era lui il “Rocky” della situazione, il pugile venuto dal nulla in cerca di una grande occasione e che Balboa era diventato Apollo. Invece, Clubber Lang, grazie all’assenza di un approfondimento anche minimo, è il perfetto avversario da odiare. Come pure l’Ivan Drago di Rocky IV. Qui, invece, Viktor Drago una caratterizzazione ce l’ha e ha delle motivazioni per combattere che sono più forti e più “giuste” di quelle di Adonis. Il risultato è che, al combattimento finale, non ci provi tanto gusto a tifare contro di lui.

– Per quanto la serie di Creed stia cercando in tutte le maniere di affrancarsi da quella di Rocky, l’impressione è che non ce la possa fare o che si sia intrapresa la strada sbagliata per farlo. Abbandonare Filadelfia per sostituirla con Los Angeles è sintomatico. Filadelfia non è uno scenario così comune per il cinema hollywoodiano e rappresenta bene l’idea di un’America proletaria e lavoratrice, squallida ma sincera. Esattamente come Rocky e Adriana.
Los Angeles, di contro, è “cool”, alla moda e rappresenta lo star system.
Proprio come Adonis e la sua Bianca.
Sostituire un bolso, ingenuotto, pugile italo-americano dal cuore d’oro e la mascella di ferro e la sua moglie bruttina, con due giovani neri, belli, griffati e rampanti, rappresenta un tradimento delle tematiche che hanno fatto la fortuna della serie.

Quindi, torniamo al discorso iniziale, Creed II è una degna conclusione della saga di Rocky?
Sì. Il personaggio trova una chiusura del cerchio, giusta ed emozionante, saldando anche i conti con un vecchio nemico.
Creed II è un buon trampolino per la futura saga di Adonis?
Molto meno.
Piuttosto preferirei un film sulla famiglia Drago.

E per quelli che amano le classifiche, ecco il mio ordine di preferenze per i film dedicati allo Stallone Italiano:

1- Rocky

2- Rocky II

3- Rocky IV

4- Creed

5- Rocky III

6- Creed II

7- Rocky Balboa

8- Rocky V

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