THE DOC(MANHATTAN) IS IN – Battlestar Galactica

THE DOC(MANHATTAN) IS IN – Battlestar Galactica

Di DocManhattan

Un paio di settimane fa, dicevamo come la serie Magnum P.I. sia nata a) per riciclare delle robe alle Hawaii, b) perché Glen A. Larson era stato silurato dalla ABC visto che Mork and Mindy, girato con l’equivalente hollywoodiano di un secchio di lupini, stracciava il suo costosissimo Battlestar Galactica. Il primo, l’originale, quello con i Cyloni vintage tutti cromati come in una canzone di Battisti, Dirk Benedict e i profughi dello spazio diretti verso la Terra tutti pettinatissimi. Per volontà dei mormoni.

Di certo, quello che non mancava a Battlestar Galactica (in Italia solo Galactica) era, almeno da principio, l’ambizione. Larson voleva cavalcare l’onda lunga del successo di Star Wars e subito dopo l’uscita del film di George Lucas mise in cantiere una produzione televisiva a tema, riciclando un suo vecchio progetto intitolato Adam’s Ark che, nel mondo pre-Guerre Stellari, non sembrava interessare a nessuno. Le cose, inutile dirlo, ora erano molto diverse.

Battlestar Galactica debutta sulla ABC il 17 settembre del 1978, con un pilota lungo la bellezza di 148 minuti. Interrotto a due terzi della trasmissione per mandare in onda un servizio dalla Casa Bianca sugli accordi di Camp David, firmati quel giorno dal primo ministro israeliano Begin e dal presidente egiziano Sadat. Non è l’unico imprevisto che quel primo episodio trova sul suo percorso. Larson ha infatti pensato questa produzione come una serie di film televisivi, ma dopo aver visto la prima parte del pilota, i vertici della ABC ne sono a tal punto impressionati che decidono di passare al formato classico della serie TV a cadenza settimanale.

Mandando in crisi i produttori, gli sceneggiatori e il cast, tutti costretti agli straordinari da tempistiche ben diverse da quelle ipotizzate in precedenza. Vengono modificati in corsa anche i costumi e perciò viene rigirata una parte dell’episodio pilota. Quest’ultimo, tra il ’78 e il ’79, viene proiettato come film nelle sale cinematografiche di diversi paesi, in una versione accorciata a 125 minuti.

Il cambio di formato spiega anche perché, dopo un inizio molto interessante, la space opera di Battlestar Galactica affondi negli stereotipi alla Star Trek (o alla Spazio 1999 seconda stagione, dicevamo) di un pianeta dopo l’altro su cui far tappa, muovendosi tra set riciclati e storie riprese da western famosi. E dire che le premesse erano di ben altro spessore. La serie di Larson mescolava lo spunto della civiltà terrestre creata dagli alieni – la Terra era la tredicesima colonia perduta di una civiltà amante dell’oroscopo e in lotta da secoli con i robot guerrieri Cyloni. Diversi elementi estetici nel look dei coloni del Galactica, come quei motivi egiziani nel casco, erano stati trasmessi quindi agli antichi popoli del nostro pianeta – con valori di produzione sontuosi per gli standard dell’epoca, con un budget da un milione di dollari a puntata; per il pilota ne erano stati spesi la bellezza di sette.

Il tema religioso pescava a piene mani dal concetto di rigenerazione della razza umana presente nel Libro di Adamo, testo sacro dei mormoni, per il semplice fatto che Larson faceva parte di quella religione. Ma una preghiera arrivò, dopo la messa in onda, anche dalla Fox: quella di sganciare un sacco di soldi per plagio. La major era contrariata per i troppi spunti simili a Star Wars, a cominciare dai Cyloni, che ricordavano gli Stormtrooper imperiali, e proseguendo con altri 33 elementi specifici di Star Wars che sarebbero stati copiati in Battlestar Galactica.

Universal, produttrice della serie, non si perse d’animo e denunciò a sua volta la Fox, sostenendo che il film di Lucas aveva scopiazzato varie idee dal suo 2002: la seconda odissea (Silent Running). E gnè gnè.

Si andò avanti a costosissimi colpi di specchio riflesso! su carta intestata fino all’agosto dell’80, quando un giudice federale di Los Angeles stabilì che Star Wars e Battlestar Galactica erano sufficientemente diversi. A farne le spese fu soprattutto John Dykstra, che per Guerre Stellari aveva creato il primo sistema di ripresa computerizzato della storia del cinema, il Dykstraflex, e che in Battlestar Galactica era il supervisore degli effetti speciali. C’è chi dice che la cosa non sia andata giù a Lucas, in quei mesi di tensioni con la Universal. Fatto sta che i rapporti con Dykstra si raffreddarono e George non lo richiamò per L’impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi.

Ah, e poi c’era la faccenda dei russi.

Il telefilm di Larson aveva fatto innervosire anche i sovietici. Un giornalista del quotidiano Izvestija scrisse infatti che il rapporto tra i coloni in fuga e i Cyloni rappresentava quello tra americani e sovietici, e che quindi tutto era solo “simbolismo anti-sovietico con addosso un vestito trasparente da fantascienza”. Isaac Asimov, che in Russia c’era nato ma viveva negli States dall’età di tre anni, si limitò a dire in un’invervista che Battlestar Galactica era talmente simile a Star Wars, che era “impossibile goderselo senza soffrire di amnesie”.

Adoro i piani ben riuscit… WAIT.

Al comando del Galactica, l’astronave alla guida della flotta di profughi interstellari, Larson aveva voluto Lorne Greene, attore celebre al pubblico televisivo per Bonanza. Agli ordini del suo Comandante Adama (Adamo qui in Italia), il Tenente Starbuck (Scorpion in Italia), un ragazzotto del Montana chiamato Dirk Benedict, destinato a diventare di lì a poco un’icona degli anni 80 come Sberla dell’A-Team, e il Capitano Apollo (Richard Hatch, che nel nuovo BSG avrebbe vestito i panni di Tom Zarek). E poi una serie di tizi tutti pettinatissimi alla Panatta o alla Farrah Fawcett, come Laurette Spang (Cassiopeia) o Maren Jensen (Tenente Athena).

Gli ascolti iniziali – ottimi – iniziarono a calare nel nuovo formato, e il network, soprattutto per quella faccenda che faceva molto più share con una serie girata con due dollari come Mork & Mindy, decise di cancellare lo show dopo la sua prima stagione. Ma Galactica aveva fatto breccia nel cuore dei fan della fantascienza e vennero messe in piedi vigorose proteste all’esterno degli studi dell’ABC. Un ragazzino di 15 anni del Minnesota, ossessionato dalle avventure di Apollo e compagni, arrivò addirittura a togliersi la vita.

La campagna dei fan per riavere Galactica colse completamente alla sprovvista la ABC, che non aveva mai dovuto affrontare nulla del genere. Si decise così di dare il via libera a un seguito meno costoso per accontentare i fan. Nasce Galactica 1980, ambientato diversi anni dopo e privo di Apollo e Starbuck (Hatch e Benedict avevano declinato l’offerta di partecipare alla rimpatriata), la cui sorte viene spiegata nel corso della serie.

Sono solo dieci episodi, gli ascolti sono pessimi, Galactica 1980 viene demolito dalla concorrenza. Si tira giù di nuovo la saracinesca, che resterà chiusa fino al 2004. Quando con una miniserie remake, senza il coinvolgimento di Larson, si tasterà il terreno per vedere se al mondo interessi una nuova versione di Battlestar Galactica. Al mondo interessa eccome, e il mito di BSG è pronto a risorgere, fino a diventare un culto della fantascienza degli anni zero. Ma quella è un’altra storia, come dicono le amazzoni in sella a un unicorno strabico.

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