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Quest’anno, il 25 dicembre, avverrà ufficialmente la scoperta dell’acqua calda. È così che ci sentiamo di accogliere l’arrivo nelle sale di Spider-Man: Un nuovo universo, il primo film animato dedicato al tessiragnatele. Con quel “ci” mi riferisco al fatto che questa è una recensione a quattro mani: io Michele Monteleone e la vostra amichevole Fiore Manni di quartiere, abbiamo unito le forze per parlarvi del film. Considerato che la storia parla dell’incontro tra più universi narrativi, ci sembrava adeguato offrirvi un’analisi di ognuna degli aspetti che fa di questo film un evento unico e imperdibile per tutti gli appassionati del personaggio. Ma iniziamo ad addentrarci nel multiverso di Spider-Man: Un nuovo universo.
La storia scritta da Phil Lord (Piovono Polpette, 21 Jump Street, The LEGO Movie) è una sorta di Frankenstein narrativo che attinge al mondo dei fumetti e in particolare a due serie: Ultimate Spiderman in cui Brian Michael Bendis e Sara Pichelli danno vita al protagonista della storia, Miles Morales, e alla saga dedicata al Ragnoverso, scritta da Dan Slott. La saga di Slott a sua volta andava a pescare, e creava ex novo, tutte le varie versioni di Spidey. Nel film Lord ne ha messi in campo sei (più un sesto, segretisssssimo dopo i titoli di coda):
Spider-Gwen: creata per Edge of Spider-verse #2 dalla coppia Jason Latour, Robbi Rodriguez, esplora l’idea per cui invece di essere stato morso Peter Parker lo è stata invece la fidanzata storica del tessiragnatele Gwen Stacy, dando così vita a Spider-Woman. Giocando con il medesimo sistema di ribaltamento, è la morte dello stesso Peter Parker a dare a Gwen la lezione fondamentale che la porterà a decidere di indossare il costume e combattere il crimine.
Spider-Ham: nasce negli anni ’80 come parodia di Spider-Man all’interno di una rivista Marvel Tails in cui venivano introdotti altri personaggi parodistici ispirati agli eroi della casa delle idee. Scritto da Mark Amstrong e Tom De Falco, il personaggio ottenne abbastanza successo da meritarsi una sua testata, Peter Porker, The Spectacular Spider-Ham, che venne pubblicata per 17 numeri.
Spider-Man Noir: è una testata nata nel 2009 dando il via all’universo Noir, popolato da versioni alternative e decisamente ispirate dal genere hard boiled. Questa versione di Parker è stata creata da David Hine e Fabrice Sapolski e il nostro Carmine di Giandomenico. In Spider-Man Noir Peter viene morso da un ragno mistico ed è l’incontro in sogno con il Dio Ragno a donargli i poteri che userà per spazzare la corruzione da una New York che cerca di rialzarsi dopo il crollo delle borse del ’29.
Peni Parker e SP//Dr: nasce, come Spider-Gwen in seno a Edge of Spider-verse, scritto da Gerard Way e disegnato da Jake Wyatt, è probabilmente la versione più strana e sorprendente di Spidey. Peni è una ragazzina giapponese che, in seguito alla morte dei genitori, si fa mordere volontariamente dal ragno radioattivo che costituisce una delle due parti del robot che hanno creato i genitori, l’sp//Dr. La storia di Way è piena zeppa di omaggi agli anime giapponesi, come la forma dell’SP che ricorda molto quella di un’Eva, o le molte apparizioni di personaggi come Kaneda di Akira o Kusanagi di Ghost in the Shell.
Peter Parker: è il caro, vecchio peter che tutti noi lettori marvel amiamo, nato dalla penna di Stan Lee e dalla matita di Steve Ditko, ha esordito nel 1962 sul numero 15 di Amazing Fantasy e da allora ha affrontato quella che probabilmente è la migliore galleria di Villain della storia del fumetto (magari gli faremmo dividere il podio giusto con Batman), mantenendo sempre intatto il proprio codice morale. L’unico problema del Peter del film è che è invecchiato, ha rotto con MJ perché non riesce a prendersi la responsabilità di un figlio e… ha messo su una notevole panzetta!
Miles Morales: nasce dalla penna di Bendis e dalle manine dorate della nostra amichevole disegnatrice di quartiere (nel senso che è romana come me) di Sara Pichelli. Va a sostituire, dopo la traumatica morte di Peter nell’universo Ultimate. Fa la sua primissima apparizione in Ultimate Fallout 4 nel 2011.
Questi dei velocissimi cenni sulle origini cartacee dei personaggi che popolano il primo film animato dedicato a Spider-Man, ma visto che capita che io (Michele) conosca personalmente i creatori grafici di due dei personaggi scelti da Lord per far parte della trama, mi sono permesso di scrivergli per fargli un paio di domande sulla creazione di Miles Morales e Spider-Man Noir. A seguire le interviste a Sara Pichelli e Carmine di Giandomenico.
Miles Morales è ormai entrato di prepotenza nell’immaginario collettivo, il film è solo la sua ulteriore consacrazione, sono ormai anni che tutti gli appassionati della testata lo conoscono e lo amano. È sempre stato così? So che il pubblico del fumetto è abbastanza reticente nell’accettare grossi stravolgimenti sui personaggi, è stato lo stesso con Miles? E se sì, cosa secondo te ha conquistato i più scettici?
La cosa che mi preme è sapere che con Spider-Man: Un nuovo universo, Miles Morales ha fatto il suo debutto nel mondo di chi non legge fumetti (come per il videogioco prima del film).
Riferendoci invece agli hard-core fan dei fumetti, in seguito ad ogni cambiamento e stravolgimento delle storie classiche, è facile che si dividano. Chi non ne è immediatamente galvanizzato, odia ma poi lo compra, come si suol dire, almeno per parlarne male. Ma ultimamente i fenomeni fumettistici come eventi e/o rilanci finiscono per sgonfiarsi presto, in attesa del prossimo. Miles è stato con stupore un’eccezione (insieme a Khamala Khan, Ms. Marvel). Sia io che Brian M. Bendis e il team Marvel che ci ha accompagnato nello sviluppo del nuovo personaggio, eravamo certi di aver messo il massimo della nostra professionalità e energia artistica lì dentro. Ma indovinare cosa parla al cuore dei giovani quando in fondo sei vecchio ha del magico. Eppure Miles è diventato un instant-classic, nonostante abbia inizialmente navigato tra le acque melmose del pregiudizio razzista, ma fortunatamente ne è uscito, e alla grande direi.
Con Ultimate Spider-man Bendis ha fondamentalmente riscritto il mito del tessiragnatele, continuando questo processo con Miles Morales e rinnovandolo. Mettere le mani su una simile icona deve essere un ottimo modo per farsi venire la gastrite, ma prima di chiederti se usi il Riopan o il Gaviscon, vorrei sapere se per il tuo Spider-Man hai preso ispirazione da qualche gloria del passato, qualche autore caposaldo del personaggio, o se altrimenti le tue fonti d’ispirazione per la sua creazione del design sono state esterne e si sono rifatte più in generale alla cultura pop.
Brian secondo me ha fatto un lavoro difficilissimo. È riuscito a non tradire l’anima di Spider-Man pur raccontando un’altra storia. La sua grande intuizione è stata quella di voler parlare di Miles e non del nuovo Uomo-Ragno (e di colore).
Questo mi ha permesso di poter lavorare su un personaggio che non fosse l’imitazione di nessun altro. Mi sono divertita a costruire la sua personalità grafica senza catene. Le mie fonti d’ispirazione sono fuori dal contesto fumettistico o artistico. Le trovi nella musica (Lo zio di Miles/Prowler è ispirato da Snoop Dog) e nella gente per strada, da cui rubavo abbigliamenti e stili, oppure tra i miei amici o familiari a cui prendevo in prestito piccoli gesti che rendevano unico il carattere di Miles.
Nella precedente domanda, in piena tradizione dell’intervistatore presuntuoso, mi sono davvero dilungato per far capire che la sapevo lunga sul personaggio, quindi stavolta cerco di essere stringato: come ci si sente a vedere il proprio personaggio reinterpretato da altri e addirittura animato? Sei un po’ gelosa o sei salita sul tetto del palazzo in cui vivi per gridare che sei la regina del mondo?
Prima di questo film ho visto passare Miles tra le mani di molti artisti, e in tutta onestà a volte ero contenta, altre meno e ammetto che in più di un’occasione ho storto il naso nel vedere come alcuni lo disegnavano, ma si sa, gli artisti sono egocentrici, io non sono da meno.
Quando ho visto il film invece, mi sono solo sentita fiera e ammirata dalla bellezza di quel prodotto. Il passaggio dal medium fumetto a quello cinematografico non ha sofferto, anzi tutto ciò che la Sony Pictures Animation ha tolto o modificato non ha minimamente tradito la storia originale ma l’ha bensì arricchita, credo che questo debba essere d’ispirazione per tutti.
Comunque non salgo sui palazzi che soffro di vertigini, mi accontento di un più contenuto affaccio sul cortile. I vicini hanno apprezzato.
Quali sono, secondo te, le caratteristiche che uno Spider-Man deve sempre mantenere, anche in una versione alternativa, per rimanere fedele allo spirito originale del personaggio? E mi riferisco sia alla riconoscibilità grafica, che al pacchetto formato dall’indole, il carattere e la morale che uniscono i vari personaggi (oddio sono riuscito ad essere serio per una volta!).
La visione del mondo di un supereroe iconico come Spidey non può essere tradita. Spider-Man porta con sé un concetto ben preciso: Peter Parker non è un supereroe per diritto di nascita, è figlio del caso, e da qui la frase famosa “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, perché alla fine è come scegliamo di usare quei poteri che fa di noi Spider-Man, non i poteri in sé.
Anche Miles incarna questa idea: ci può essere chiunque dietro la maschera ma è come decidi di onorarla che fa la differenza. Poi è ovvio che il costume debba in qualche modo diventare riconoscibile, e alcuni elementi sono imprescindibili se vuoi rinnovare il costume dell’Uomo Ragno, quali le ragnatele e il simbolo del ragno.
La tua run su Ultimate è stata molto lunga, importantissima per la tua carriera e un vanto per il nostro paese (così sembro il Presidente della Repubblica), comunque volevo sapere se di tutti quei numeri ce n’è uno che ricordi con particolare affetto, che hai amato disegnare e se invece una tavola nello specifico ti ha fatto sudare sette camicie e sognare di aver preso quel lavoro allo sportello postale che i tuoi volevano tanto accettassi.
In realtà porto due numeri in particolare nel cuore.
Il primo è il numero uno di Ultimate Spider-Man: Miles Morales, dove appare per la prima volta il nostro eroe. C’è la scena che apre il numero in cui Miles vince la lotteria che gli permetterà di poter frequentare una buona scuola che altrimenti non potrebbe permettersi, che ho trovato emozionante io stessa mentre la disegnavo.
L’altro invece è un numero della miniserie Spider-Men dove Peter Parker incontra Miles Morales, e insieme vanno a casa di zia May. Nell’universo Ultimate (di allora) Peter Parker è morto, per cui la scena in cui Zia May abbraccia il Peter (più grande) di un’altra dimensione è uno dei momenti più toccanti che abbia mai avuto modo di disegnare.
Per il resto ho cambiato decisamente più di 7 camicie tra New York distrutta ogni tre, quattro pagine e corpi in aria in movimento e texture di ragnatele che seguono l’anatomia… mancavano i cavalli e avrei fatto il manuale delle cose più difficili da disegnare per un fumettista!
Infine una domanda davvero scema (come se le precedenti non bastassero), posto che non puoi scegliere il personaggio che hai creato tu perché sarebbe barare, qual è il tuo preferito tra gli Spider-Man messi in campo nel film?
Il Peter Parker panzettone ❤
Nicholas Cage nel film doppia Spider-Noir e ha detto che si è ispirato a Bogart per interpretarlo e, più in generale agli attori di quel periodo, tu invece da cosa hai preso ispirazione per crearne il design?
Per realizzare lo Spider-Man Noir mi sono affidato a tutto il mio bagaglio raccolto negli anni passati. Soprattutto quelli vissuti con Alessandro Bilotta a lavoro su Giulio Maraviglia. Mi sono aggrappato a tutti i riferimenti storici già vissuti e sfruttati per quell’esperienza. E mi sono divertito, e vedere questo Spider-Man alternativo, prima nelle vesti di videogioco ed ora sul grande schermo, mi rende orgoglioso di aver partecipato a questo progetto che vedo ampliarsi su altre piattaforme.
Spider-Man è un’icona del fumetto supereroistico e immagino che mettere le mani su un personaggio del genere faccia tremare i polsi, ci sono degli altri disegnatori del personaggio a cui ti rifai o di cui apprezzi particolarmente il lavoro e perché?
Mi sono tremati i polsi. Ho vissuto lo spirito dello Spider-Man di quartiere di tutti e, graficamente, ho cercato di appoggiarmi all’estetica di Romita senior, soprattutto per il volto di Peter Parker, perché trovo che il Peter Parker di Romita sia un’icona immortale, più forte dello stesso Spider-Man… Trovo anche che i primi cicli di Romita siano unici e iconici, un’ispirazione per tutti i disegnatori del mondo. Se dovessi scegliere una storia importante di Spider-Man è difficile… direi di leggere il ciclo di Stan Lee e Romita, dove si trovano tutti gli elementi della struttura Spider-Man che oggi hanno portato allo Spider-Man moderno.
C’è una storia del tessiragnatele a cui sei legato? Un albo di cui hai consumato le pagine a forza di rileggerlo?
Adesso ti faccio ridere: sono legato a una storia scritta da Stan, disegnata da Ross Andru e inchiostrata da Klaus Janson, che parla Delle origini di Flash, comprimario di Peter. Questa edizione Corno mi è stata regalata al mare: era rovinata e mancava proprio la pagina del titolo. Ho consumato quel libro a furia di leggerlo e tutt’ora non ne conosco il titolo. So che potrei cercarlo con Google, ma amo far rimanere questa magia di scoperta e meraviglia, amo rigodermela ogni tanto.
Quali sono, secondo te, le caratteristiche che uno Spider-Man deve sempre mantenere, anche in una versione alternativa, per rimanere fedele allo spirito originale del personaggio? E mi riferisco sia alla riconoscibilità grafica, che al pacchetto formato dall’indole, il carattere e la morale che uniscono i vari personaggi.
New York. Devi farla vivere New York, e questo Raimi nei primi due film lo aveva capito. Peter Parker è il giovane di New York, la meta del sogno Americano dove hai la possibilità, con il senso di responsabilità, di divenire quello che sogni. Spider-Man è questo: la giovane New York, e la sua struttura psicologica e iconica varia a seconda dei tempi e due linguaggi delle nuove generazioni. Graficamente amo lo Spider-Man asciutto e i disegnatori che lo rendono tale ma, soprattutto, i disegnatori che riescono a far trasparire l’anima del personaggio attraverso la sua maschera.
Infine una domanda davvero scema, posto che non puoi scegliere il personaggio che hai creato, qual è il tuo preferito tra gli Spider-Man messi in campo nel film?
Trovo che ogni versione del personaggio abbia mondi da raccontare ma, se dovessi scegliere per forza, ecco due personaggi che amo: il primo è Miles, la versione di colore di Spider-Man, che trovo accattivante e anche più dinamica rispetto a quella di Peter Parker… ma anche Gwen ha un carisma da non poco.
La realizzazione del primo film animato di Spider-Man non è stata un affare da poco, anzi ha significato, per gli studi Sony, dover imparare da zero a fare animazione e il motivo è semplice…
No, non è vero, in realtà non lo è, o almeno non è stato semplice per noi (nessuno dei due fa l’animatore), capire il motivo per cui alla Sony animation hanno dovuto riconvertire tutti i loro vecchi programmi di animazione e addirittura brevettare nuovi patentini tecnici per realizzare Spider-Man: Un nuovo universo.
Quindi, premettendo che assolutamente non siamo dei tecnici, proveremo a spiegarvi quello che abbiamo capito leggendo qualche guida e un po’ di articoli americani (è assurdo, ma pare che in Italia nessuno abbia affrontato nelle recensioni la parte tecnica di realizzazione dell’opera).
Il primo passo per capire la novità dell’opera Sony e comprendere la differenza tra le sigle ONES e TWOS: in animazione tradizionale la pellicola è formata da 24 frame al secondo; su ogni frame è disegnata un’immagine diversa e facendo scorrere le immagini una dopo l’altra, si ottiene l’illusione ottica di movimento. Ne consegue che i frame verranno nominati così:
1-2-3-4-5-6-7-8-9-10 (e così via fino al ventiquattresimo frame)
Ora, questo modo di fare animazione si chiama “on ONES”, ogni frame un nuovo disegno ed è solitamente (anzi quasi sempre) la tecnica utilizzata con le animazioni create in computer grafica. Ma non nel caso di Spider-Man: Un nuovo universo si è animato “on TWOS”. Per capire cosa significhi “on TWOS” vi basti sapere che gli animatori tradizionali hanno scoperto che, per risparmiare tempo, si potevano ripetere dei frame senza che lo spettatore se ne rendesse conto.
Per capirci la numerazione dei frame on TWOS risulterebbe questa:
1-3-5-7-9-11-13
E così via fino al ventiquattresimo frame, o meglio il ventitreesimo, visto che ogni frame verrebbe ripetuto negli intervalli pari. Ora, questa tecnica, veniva applicata alla bisogna, stando attenti che l’azione fosse sempre fluida e aumentando il numero di frame differenti all’interno dei secondi per le sequenze più concitate, ma alla Sony Animation hanno deciso che per restituire all’animazione digitale un sapore tradizionale, per avvicinare di più il film al fumetto, avrebbero girato L’INTERA PELLICOLA on TWOS. Il che, purtroppo per loro, non ha significato unicamente eliminare un frame al secondo, ma riscrivere tutti i programmi su cui lavoravano.
Insomma per tornare a un linguaggio più triviale, se sembra che l’animazione “scatti”, se Spider-Man: Un nuovo universo ha quello strano sapore di nuovo, ma il fascino delle migliori pellicole animate, lo si deve proprio a questa scelta di casa Sony, insieme all’uso a vista dei retini, e alle linee di costruzione dei personaggi sovrapposte al modello 3D.
E la bellezza tecnica del film non si ferma qui, ma si estende a una lunga serie di intelligenti soluzioni visive che richiamano il fumetto adattandolo al grande schermo: l’uso delle closure (i rettangoli con cui vengono divise le vignette) per spezzare l’azione, le onomatopee che inseguono il personaggio mentre attraversa la scena (compresa la mitica THWIP che segue ogni uso della ragnatela), tutto senza mai fare di certe scelte un vuoto ricalco del medium da cui vengono tratte, ma reinventandole per l’animazione.
Entrambi gli autori di questo pezzo si guadagnano da vivere con le parole, Michele è uno sceneggiatore di fumetti e Fiore una scrittrice di narrativa, quindi siamo onestamente stupiti dalle scelte assolutamente anti-intuitive che sono state fatte per realizzare la pellicola. Iniziamo dicendo che per lanciare un nuovo universo narrativo, mettere in mezzo altri cinque universi paralleli con i propri protagonisti e le proprie origin story è una dannata follia. Bisogna essere pazzi per farlo. O molto bravi. Ecco, Phil Lord è proprio bravo. Infatti riesce a rendere una storia estremamente complessa, incredibilmente fruibile.
Il trucco riesce grazie al fatto che le origini di Miles seguono il classicissimo viaggio dell’eroe Vogleriano (per capirci lo stesso schema narrativo applicato a Luke in Star Wars e a mille altri protagonisti di storie nel mondo). E lo stesso viaggio viene fatto intraprendere al suo mentore, un Peter Parker scoraggiato e imbolsito che ha perso la voglia di essere Spider-Man proprio perché si è allontanato troppo dalle proprie origini. Il loro strano rapporto, che Lord in un intervista ha definito “simile a quello tra Miyaghi e Daniel in Karate Kid, nel caso Miyagi non avesse avuto nulla da insegnare al suo allievo“, è il centro emotivo del film. La scelta del Peter con la pancetta di rigettarsi nella mischia e arrivare a ventilare un sacrificio per il bene superiore, infonde coraggio nel giovane Miles che, a sua volta con il suo di coraggio, smuove l’apatico tessiragnatele in ritiro.
L’intero film è una ricetta perfetta: ogni singola situazione è bilanciata, i tempi sono sempre giusti, i ritmi serrati senza mai essere caotici o confusionari. Non è mai facile ottenere un così buon risultato quando ti ritrovi a dover far muovere sullo schermo, in un primo film di una saga, così tanti personaggi.
E ancora una volta, la gestione di una simile massa di personaggi riesce grazie a un trucco narrativo semplice eppure geniale, l’introduzione della morale del film che è: tutti possono essere Spider-Man. Il motto non significa assolutamente che sia facile diventare il protettore di New York, farsi carico delle vite dei propri cari, volteggiare tra un palazzo e l’altro appesi a un filo, la verità dietro alle parole di Miles è che Spider-Man, a differenza di molti altri supereroi, non è un predestinato, non ha natali importanti come Superman, né i mezzi economici di Iron Man e Batman. Spider-man è Spider-Man perché decide di esserlo, perché c’è bisogno di lui e, anche se è una persona comune, spesso un ragazzino, decide di caricarsi sulle spalle il peso delle sue scelte.
Quindi per concludere, vi diciamo che Spider-Man: Un nuovo universo, è un incredibile passo avanti per l’animazione in CG e un fantastico balzo in alto per la narrazione nel mondo dei (sempre più sciatti) cinecomic. Questo natale è il must see per eccellenza, da vedere e rivedere sia sul grande schermo, dove regala emozioni irripetibili, che sul televisore di casa.
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