LEGGI la recensione di Macchine Mortali
Il sogno americano esiste e Peter Jackson ne è la dimostrazione. La sua è una storia per certi versi straordinaria, iniziata in Nuova Zelanda e proseguita a Hollywood, la patria del Cinema, il traguardo di tanti giovani cineasti con pochi mezzi e grandi speranze.
E Peter era proprio così, un giovane con una visione ben definita del mondo della settima arte. Una visione che si potrebbe definire eccessiva e che ha trovato la sua massima esaltazione nei kolossal realizzati a partire dal 2000.
Del resto cos’è il kolossal se non l’eccesso di ogni componente propria del cinema? Peter lo sapeva bene, proprio per questo aveva deciso di muovere i primi passi con quello che forse è il genere cinematografico più eccessivo: l’horror, nello specifico lo splatter.
Il riferimento è ovviamente a Bad Taste, realizzato nei fine settimana con gli amici tra il 1983 ed il 1987, con effetti speciali casalinghi e una storia tanto folle quanto geniale.
Quanto basta per attirare l’attenzione del pubblico di genere e realizzare nel 1989, con effetti speciali decisamente più realistici, quello che ancora oggi viene considerato da molti (a ragione) il manifesto del cinema splatter: Braindead, arrivato da noi con il titolo Splatters – Gli Schizzacervelli.
Un’opera che unisce generi come il demenziale e l’horror, dando vita ad un connubio unico e affascinante. Braindead rimane ancora oggi uno spettacolo per stomaci forti ma la sua carica comica lo allontana da altre produzioni simili, il cui unico intento è lo shock emotivo.
Si tratta di un esperimento tra generi che Peter Jackson ha portato avanti anche nel suo film successivo, Meet the Feebles, che si potrebbe benissimo definire una versione horror dei Muppets.
Peter Jackson ha sempre puntato in alto. I suoi film, anche se realizzati con budget ridicoli se paragonati a quelli delle grandi produzioni hollywoodiane, sono stati sempre mossi da grandi ambizioni, le stesse che hanno dato vita ad un’opera come Creature del cielo, con protagonista una giovanissima Kate Winslet.
Un primo passo nel mondo del cinema internazionale a cui è seguito Sospesi nel tempo, altra incursione nel genere horror con dichiarate ambizioni da “blockbuster pop”, con protagonista un Michael J. Fox cacciatore di fantasmi.
Nel corso della sua carriera, Peter Jackson ha giocato con l’horror, proponendoci ogni possibile variazione sul tema. Suo è anche un trattamento, successivamente scartato, per Nightmare 6, incentrato su un Freddy Krueger ormai stanco e sul viale del tramonto (sarebbe stato un perfetto capitolo conclusivo per la saga, ma i produttori hanno preferito altro, con i risultato che tutti conosciamo…).
Ma non solo di horror è composta la sua carriera e lo sappiamo bene.
Nel 1995 è toccato al documentario. O presunto tale, dato che Forgotten Silver non racconta una storia vera, anche se gran parte del pubblico ha pensato il contrario.
Il cinema, del resto, nasce (anche) per offrirci un’illusione di realtà, per rendere concreto l’impossibile.
Peter Jackson lo sa bene.
Consapevole del potere della settima arte e del fatto che che con una macchina da presa, tanta volontà e gli effetti speciali adeguati si possono compiere imprese considerate da tutti impossibili, nel 2001 ha portato sul grande schermo Il Signore degli Anelli, l’opera titanica scritta da J. R. R. Tolkien.
Un novellino alle prese con il suo primo kolossal? Non proprio. Perché, come abbiamo già detto, Peter Jackson ha sempre trattato ogni sua produzione come se fosse il più grande film mai realizzato, inseguendo ambizioni esagerate e riuscendo sempre nell’impresa. Per lui trasportarci nella Terra di Mezzo ha rappresentato solo salire di qualche gradino, aumentare la portata di una formula ben collaudata.
È con questa consapevolezza che è nata una trilogia che ha cambiato la storia del cinema, che ha trasformato Peter Jackson nel Re di Hollywood. Fino al 2012, quando l’impresa è stata doppiata con la trilogia prequel Lo Hobbit.
Prima però ci sono stati altri film, nello specifico King Kong e Amabili Resti. Impegnato non solo dietro la macchina da presa, Peter Jackson ha anche trovato il tempo per produrre pellicole particolarmente ambiziose, come District 9 e Le avventure di Tintin – Il segreto dell’Unicorno, ma la passione per le grandi saghe letterarie è rimasta e ha trovato nuovamente la sua esaltazione in Macchine Mortali, pellicola ispirata alle pagine dello scrittore Philip Reeve, in arrivo nelle nostre sale il 13 dicembre.
In questo caso Peter Jackson ha deciso di mettere da parte la regia, partecipando come produttore esecutivo, scrivendo la sceneggiatura e affidando la direzione all’esordiente Christian Rivers, un vero e proprio artista degli effetti visivi, che ha collaborato con lui in King Kong.
Tutto nel nome di un’altra grande saga letteraria che ha raccolto consensi in tutto il mondo.
Un progetto ambizioso, come tutti quelli che ha curato Peter Jackson nel corso della sua carriera, come regista e come produttore.
Definito dai suoi stessi creatori, un film in grado di unire le atmosfere di Harry Potter a quelle di Mad Max, Macchine Mortali è ambientato in un futuro post-apocalittico martoriato da una guerra nucleare, dove le città (definite “città trazioniste”) si sono trasformate in enormi veicoli per sfuggire devastazioni geologiche.
Un kolossal, insomma. L’ennesimo – e sicuramente non l’ultimo – in un percorso che a partire dagli anni ’80 fino ad oggi ha regalato solo grandi soddisfazioni.
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