SerieTV ScreenWEEK Originals Recensioni The Doc(Manhattan) is in
È il 1987. Per il mondo intero, La Bella e la Bestia è ancora una favola francese di metà Settecento, non un Classico Disney con un brano cantato da Gino Paoli e Amanda Sandrelli. Ispirato dal film di Jean Cocteau del ’46, il produttore Ron Koslow mette in piedi per la CBS una versione moderna della fiaba della scrittrice parigina Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve (vien dal Mare): un La bella e la bestia (Beauty and the Beast) in cui la storia d’amore tra i due protagonisti è trasportata nella New York di quegli anni, e giocata sul contrasto tra la Grande Mela e un altro mondo nascosto sotto la superficie.
Ovviamente quella distanza è, pure qua, la stessa che separa inizialmente e metaforicamente anche i due protagonisti e le loro vite. E siccome Central Park negli anni 80 è ancora un posto molto pericoloso, altro che anatre di Salinger, l’avvocatessa Catherine Chandler viene rapita, pestata e lasciata in fin di vita perché l’hanno presa per un’altra. La bella del titolo, interpretata da una Linda Hamilton che era stata relativamente da poco Sarah Connor in Terminator, parte malissimo, povera crista. In compenso… no, niente: finirà pure peggio.
A salvarla è Vincent, nobile uomo bestia con una parrucca alla Joey Tempest degli Europe, che vive in una comunità sotterranea di reietti. Sotto il trucco del leonino Vincent c’è Ron Perlman, che invece veniva da Il Nome della Rosa, dov’era finito nel barbecue sbagliato insieme a Remigio. La prima stagione de La bella e la bestia mescola romanticismo e atmosfere da serie crime, visto che Catherine molla il lavoro da avvocato e diventa aiuto procuratore distrettuale di Manhattan, protetta da Vincent.
A scrivere parte di quegli episodi è un quarantenne del New Jersey che vende storie per mestiere da quando di primavere ne aveva 21, e che l’anno prima ha sceneggiato alcune puntate di Ai confini della realtà. Si chiama George Raymond Richard Martin, e un giorno tutto il mondo conoscerà il suo nome. E il suo rapporto tormentato con le date di uscita dei romanzi.
Martin diventa produttore a partire dalla seconda stagione, incentrata soprattutto sul mondo sotterraneo dei tunnel. Ma gli ascolti iniziano a precipitare e dal fitto intreccio di relazioni ipogee si torna all’azione. Linda Hamilton, nel frattempo, dice però alla produzione che vuole fare altro, ha altri progetti. Nell’ordine, un figlio (era in attesa) e Terminator 2.
Per la terza stagione, Martin e gli altri s’industriano così per tirare avanti senza di lei. Vedi anche alla voce “disastro annunciato”. O “ciao”. Vengono realizzati solo 12 episodi, anziché 22 come nelle stagioni precedenti, all’inizio dei quali Catherine (incinta anche nella fiction, del figlio di Vincent) viene prima rapita, quindi uccisa con un’iniezione letale di morfina da un boss del crimine chiamato Gabriel, come il mago. E oh, lo si era detto che finiva male.
I fan che avevano supportato la serie e lanciato petizioni per ottenere questa terza stagione, non apprezzano. Si tira giù la saracinesca e Perlman si può finalmente togliere tutto quel trucco dalla faccia. Era stato proprio il mago del make-up e visagista di mostri Rick Baker – due volte premio Oscar e noto soprattutto per il trucco di Michael Jackson nel video di Thriller – a suggerire Perlman per quel ruolo. I due sono amiconi ed è naturalmente lo stesso Baker, anni dopo, a trasformare l’attore nel rosso Hellboy per del Toro.
E George R. R. Martin, in tutto questo? La prese bene malissimo.
Deluso dal mondo della TV, si rimise nel ’91 a scrivere romanzi. Nella fattispecie, il primo di una saga chiamata Cronache del ghiaccio e del fuoco, da cui è stata tratta una certa serie TV fantasy di cui avrete probabilmente sentito parlare e che A) lo ha reso ricchissimo e B) trasformato il suo prossimo, rimandatissimo romanzo nell’equivalente letterario di un nuovo ed elusivo segreto di Fatima.
Lamentati ora dell’ingrato mondo della TV USA, Martin. Coraggio.
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