Capitan Harlock e Leiji Matsumoto, racconti dallo spazio

Capitan Harlock e Leiji Matsumoto, racconti dallo spazio

Di DocManhattan

Questo appuntamento con AnimAzione si smarca dalla formula tradizionale della rubrica, anche se le curiosità non mancano. Abbiamo incontrato a Lucca Comics and Games Leiji Matsumoto, il creatore di Capitan Harlock, Galaxy Express 999, Starzinger; l’uomo che ha dato forma e lustro alla Corazzata Yamato e a tanti altri anime e manga che hanno tirato su, a pane e avventura, un paio di generazioni. Ci ha raccontato come i suoi personaggi sono nati e dove stanno andando. E sì, anche cosa ci faceva un vecchio treno nello spazio con gli Oliver Onions in sottofondo.

A dar retta alle pillole di saggezza popolare che imperversano sui social, non si dovrebbero mai incontrare i propri idoli. E invece Leiji Matsumoto è esattamente come me l’aspettavo. Un ottantenne ancora pieno d’energia e di sogni, che non vuole lasciare andare i suoi personaggi, concludere le loro storie che s’intersecano da decenni, per la ragione più semplice del mondo: sono la sua vita.

Quando gli chiedo se il senso di Harlock sia ancora l’amicizia e la libertà per un uomo che non accetta le regole, mi risponde senza esitare. Bisogna prendersi cura degli altri: perciò sì, anche se sono passati quattro decenni dal decollo su carta dell’Arcadia, l’amicizia è e resta al centro del mondo del Capitano con un occhio solo. Nato nel gennaio del ’38, e sposato dal ’61 con una celebre autrice di shojo manga, creatrice della bambola Licca-Chan, popolarissima in Giappone, Leiji Matsumoto (nome d’arte di Akira Matsumoto) ha vissuto sulla sua pelle il secondo conflitto mondiale, da bambino.

Ha visto la sua famiglia colpita da quei tragici eventi e ragazzi della sua età perdere la vita. Non stupisce che la guerra e la voglia di pace, così come il messaggio di preservazione del pianeta attraverso la solidarietà e la collaborazione umana, siano così centrali nelle sue opere.

E sono proprio le esperienze, traumatiche o meno, del giovane Matsumoto ad aver dato vita al suo immaginario. Il nome Harlock nasce da una cantilena (Harrokku, Harrokku…) con parole inventate che canticchiava da bambino mentre camminava per strada. Il treno spaziale di Galaxy Express 999 dal viaggio, con biglietto di sola andata, dalla sua città Natale a Tokyo, per inseguire il suo sogno. Un treno che impiegava un giorno intero per completare il suo percorso e che, dopo la partenza, s’infilava in una lunga galleria al buio. Come volare lentamente nello spazio.

I personaggi di Matsumoto hanno vissuto mille vite, in tanti fumetti e serie animate spalmati su quarant’anni di avventure. Non sono, precisa il sensei, come quelli di Tezuka e del suo Star System (ne parlavamo qui) – attori virtuali calati in personaggi differenti – ma sempre gli stessi eroi e con gli stessi ruoli; sono le storie a cambiare. L’idea è sempre stata quella di creare singole opere che, messe assieme, dessero vita a un unico quadro più vasto. E i personaggi, col passare degli anni, sono passati da un’opera all’altra, seguendo la vita del suo autore. Il teschio con le tibie incrociate di Harlock è per Matsumoto l’esatto contrario di qualcosa di macabro: un simbolo di voglia di fare e lottare per quello in cui si crede. Ma sul suo inseparabile copricapo da pirata, il disegnatore quel teschietto lo porta rosso, e non bianco. “Perché sono ancora vivo”.

Da grande sensei del fumetto giapponese, mostro sacro del manga e degli anime, punto di riferimento di otaku e appassionati di fantascienza, Daft Punk inclusi, Matsumoto chi vede come propri eredi spirituali? Sostanzialmente nessuno. Ogni autore fa storia a sé, spiega, e lui ha sempre creato le proprie opere soprattutto per se stesso, inseguendo – come faceva Mayu nella sigla del primo anime di Capitan Harlock – il suo ideale di storia, avventura e valori.

Non aiuta, nello stacco generazionale di chi fa il suo lavoro, il fatto che sia l’animazione nel suo complesso ad esser cambiata con l’avvento delle nuove tecnologie, secondo Matsumoto. E non solo dal punto di vista meramente tecnico. Perché nel disegnare a mano “si mette il proprio cuore in quello che disegni”.

Per il resto, è il concetto stesso di essere considerato un maestro a stupire il sensei, tanto che gli scappa un “Davvero?” quando l’interprete gli traduce il senso di quella domanda sull’essere un maestro di questa arte. Leiji Matsumoto non è un ingenuo, sa di essere un punto di riferimento per tanti, ma quando realizza le sue opere non pensa a come gli altri percepiscono lui e il suo lavoro. Sono quelle opere a parlare poi per lui.

La missione del Galaxy Express era d’altronde arrivare al capolinea passando di stazione in stazione: vivere la vita, senza mai fermarsi, indipendentemente dalla velocità a cui quel treno viaggia o dagli sguardi di chi non è a bordo.

Prima di andar via, ha un messaggio per i presenti, il sensei. Un messaggio che ripeterà, nelle ore successive, negli appuntamenti pubblici di quella che è stata per molti versi, e sicuramente per molti, la sua Lucca Comics. “Proseguite nel fare quello in cui credete. Non importa fare ritorno”. Che si sia pirati del cosmo o pendolari intergalattici, “basta restare nello spazio. E continuare a viversi il viaggio”.

 

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