Le terrificanti avventure di Sabrina – La recensione della prima stagione

Le terrificanti avventure di Sabrina – La recensione della prima stagione

Di Lorenzo Pedrazzi

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Fin dal titolo, Le terrificanti avventure di Sabrina non lascia alcun dubbio: questa rilettura delle origini di Sabrina Spellman, basata sull’omonimo fumetto di Roberto Aguirre-Sacasa e Robert Hack, promette qualcosa di davvero lugubre e inquietante, ben oltre i canoni del genere teen horror. Dopo aver visto la prima stagione, in effetti, l’impressione è che Netflix e lo stesso Aguirre-Sacasa (qui in veste di showrunner) abbiano avuto il coraggio di spingere maggiormente sul pedale del macabro, in un contesto adolescenziale che, almeno negli ultimi anni, tende invece a prediligere un horror patinato, disilluso e post-moderno, spesso anonimo.

L’arco narrativo di questi dieci episodi è chiaramente un racconto di formazione, dove la serie pone le basi per il passaggio di Sabrina (Kiernan Shipka) alla vita adulta, sia come umana sia come strega. Non a caso, il nucleo significante della trama coincide proprio con il dualismo fra vita mortale e immortale, ma anche fra libertà e potere. La giovane mezzosangue, figlia di uno stregone e di una donna umana, deve sottoporsi all’Oscuro Battesimo per votarsi a Satana e ottenere i pieni poteri di strega, ma scrivere il proprio nome sul Libro della Bestia significa rinunciare alla propria autonomia in favore di Lucifero, che non ammette compromessi su questo frangente: una donna che abbia sia la libertà sia il potere, infatti, sarebbe terrificante ai suoi occhi, perché il diavolo «è pur sempre un uomo». Un contratto del genere è inaccettabile per Sabrina, che ci tiene alla propria individualità e alla propria natura umana, legata agli affetti terreni. In tal senso, lo show conserva una solida coerenza: la lotta al patriarcato non è confinata al mondo delle streghe, ma riguarda la vita di tutti i giorni, scuola compresa, dove un preside ottuso proibisce i libri “controversi” e difende i jock dalle accuse di bullismo, nonostante tormentino Susie Putnam (Lachlan Watson) per la sua identità non-binaria. Di fronte a queste ingiustizie, Sabrina, Susie e Rosalind Walker (Jaz Sinclair) fondano il club WICCA, ovvero Women’s Intersectional Cultural and Creative Association, un gruppo di sostegno per le donne in difficoltà, patrocinato dall’ambigua Mary Wardell (Michelle Gomez), professoressa sotto le cui sembianze si nasconde Madam Satan. La contrapposizione fra i sessi è netta, e solo gli uomini che mostrano un lato empatico e sensibile – come il fidanzatino Harvey Kinkle (Ross Lynch) e il cugino Ambrose (Chance Perdomo) – sfuggono alla nomea di “oppressori”. Così, se la battaglia è aperta, ognuno cerca la propria via per combatterla. Mary e la diabolica Prudence (Tati Gabrielle) scelgono la violenza, e dichiarano apertamente il piacere che provano nel tormentare i maschi, mentre Sabrina opta per l’empowerment individuale e collettivo: in altre parole, per l’autodeterminazione del sé.

L’eroina segue l’impeto dell’adolescenza, è risoluta ma inesperta, e i conflitti nascono spesso dalle sue scelte avventate, che la portano a sfidare i fondamenti stessi della pratica esoterica. Il percorso accidentato delle sue origini serve a farle prendere coscienza delle sue responsabilità, fino a una decisione sofferta ma forse inevitabile: il merito di questa prima stagione, in effetti, è di proiettare Sabrina verso una nuova fase della sua vita, lasciandola in una condizione diversa da quella di partenza. Per arrivarci, la stagione inanella dieci episodi sostanzialmente autoconclusivi, ma sempre legati a una trama orizzontale ben percepibile, seppur meno rigorosa delle altre serie Netflix. L’eredità della televisione broadcast – non dimentichiamo che la serie fu concepita inizialmente per The CW – si fa sentire nella struttura del racconto, ma non nei toni, che sono molto più cupi e turpi rispetto ad altri prodotti omologhi. Viene naturale ripensare a Buffy, ma Le terrificanti avventure di Sabrina è uno show molto diverso: non si affida all’alleggerimento comico (e quando ci prova, fallisce), ma spinge sul macabro, sul ributtante, toccando tematiche grevi come il cannibalismo, l’esorcismo e soprattutto il satanismo. Questa è forse la sfumatura più spiazzante della serie, ma anche la più caratteristica: assistiamo infatti a una sorta di “normalizzazione” dei culti satanici, attraverso un ribaltamento delle terminologie e dei riti cristiani che entra a far parte del linguaggio dei personaggi. Aguirre-Sacasa e la sua squadra non mancano certo di coraggio, in un paese dove persino Harry Potter è stato grottescamente accusato di satanismo. Il risultato finale meraviglia e diverte proprio perché costruisce una dimensione alternativa, basata sulla sovversione dei valori condivisi e sulle sfumature morali: streghe e stregoni non fanno altro che dire «Praise Satan!» come se fosse un comune intercalare, e chiamano «False God» il Dio dei cristiani, sostenendo che il loro «Dark Lord» sia di vedute molto più ampie. I fatti però li smentiscono, e Sabrina – divisa anche fra queste due fedi – cerca un’indipendenza che è frutto di un individualismo tutto americano, determinato a imporre le proprie regole.

Con simili premesse, Le terrificanti avventure di Sabrina rilegge il teen drama sotto la lente dell’horror, trasfigurandone gli stereotipi – come il contrasto con le mean girls della situazione, ovvero le Weird Sisters di Prudence – in un’ottica sovrannaturale. Greendale è una cittadina di provincia dove «sembra sempre Halloween», e infatti l’atmosfera sulfurea funziona bene, così come le varie manifestazioni mostruose che incrociano il cammino della protagonista; meno convincenti, però, sono i personaggi di contorno. Se si escludono le deliziose zie Hilda (Lucy Davis) e Zelda (Miranda Otto), gli altri personaggi sono poco incisivi, anche quando la serie attribuisce loro delle trame parallele per favorirne la caratterizzazione: è il caso soprattutto di Susie e Rosalind, ma vale anche per il tenebroso Nicholas Scratch (Gavin Leatherwood), compagno di Sabrina nell’accademia delle arti oscure; peccato, inoltre, per lo scarso sfruttamento del gatto Salem, figura nettamente marginale che ha pochissimo screen time. Fra gli antagonisti, sul versante opposto, spicca quantomeno Madam Satan, ma il merito è soprattutto dell’ammaliante Michelle Gomez e del suo fascino minaccioso. Al di là dei personaggi, talvolta la scrittura risente di una certa pigrizia che si riverbera negli snodi narrativi, dove emergono forzature o semplificazioni eccessive che risultano un po’ stranianti, come nell’episodio del limbo; altrove, invece, le soluzioni sono ben più convincenti, e toccano il vertice nella puntata del processo e in quella del Ringraziamento.

Pur con qualche lungaggine di troppo (episodi da 60 minuti sono un po’ eccessivi per una serie del genere), alla fine Le terrificanti avventure di Sabrina si rivela godibile e relativamente originale, persino audace nei suoi risvolti più oscuri. Le vicende della “strega adolescente”, però, sono soltanto all’inizio, e una seconda stagione è stata già ordinata da Netflix: considerando l’epilogo, sarà interessante scoprirne la direzione.

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