Widows è cinema di genere con una visione autoriale, la recensione

Widows è cinema di genere con una visione autoriale, la recensione

Di Adriano Ercolani

Al suo quarto film, il primo dopo l’Oscar per 12 anni schiavo, Steve McQueen ha scelto di raccontare l’universo femminile da una prospettiva del tutto particolare, quella di un trio di sconosciute che si trovano a dover diventare rapinatrici al posto dei rispettivi mariti rimasti uccisi dopo un colpo andato male. Alla sceneggiatura di Widows troviamo Gillian Flynn, scrittrice di genere che ha già adattato per David Fincher il suo successo letterario Gone Girl: il tocco della scrittrice sensibile e allo tempo sicuro nel delineare personaggi femminili originali è presente fin dalle prime scene. Il dolore della perdita, la volontà di non lasciarsi travolgere dagli eventi, la forza mentale per mettere a segno il colpo che salverà loro la vita sono soltanto alcuni dei tratti che raccontano la personalità delle tre protagoniste. Insieme ad essi ci sono anche piccoli ma preziosi tasselli che rendono le loro psicologie più reali, i loro sentimenti maggiormente sfumati, in particolare per i personaggi di Veronica (la solita, poderosa Viola Davis) e Alice (la sorpresa Elizabeth Debicki).

Lo script della Flynn vuole raccontare tali donne in maniera così approfondita che forse in alcuni momenti eccede addirittura nell’esposizione di sottotrame e intermezzi dedicati ad esplicitarne la multidimensionalità, allungando una narrazione che nella seconda parte avrebbe potuto essere leggermente più compatta. Ciò invece non accade alla messa in scena di Steve McQueen, che al contrario “asciuga” quasi del tutto il suo stile accentuato per realizzare un film molto più asciutto e preciso rispetto ai precedenti. Widows ad esempio fonde alla perfezione la trama principale con il contesto, un quartiere alla periferia di Chicago dove povertà e violenza dominano le vite non soltanto dei personaggi in scena. L’ambientazione urbana del film è davvero azzeccata, e riesce a dotare la visione di un senso di angoscia e ineluttabilità tangibili. La tensione dei vicoli scuri, dei garage abbandonati, dei nascondigli pieni di armi viene sfruttata da McQueen per un crescendo che porta alla sequenza finale magnificamente orchestrata, cinema d’azione vigoroso e insieme visivamente elegante.

Passando al cast, dell’efficacia della Davis e della Debicki abbiamo già accennato. In realtà anche la terza “vedova” Michelle Rodriguez fornisce una prova maiuscola, forse addirittura la migliore della sua carriera, ma il personaggio di Linda è caratterizzato con minore accuratezza rispetto agli altri due, ponendolo un po’ in secondo piano rispetto alle altre con il progredire della storia. Pur essendo un lungometraggio tutto al femminile Widows però non è un film di sole donne. Il cast di supporto è enorme, prezioso, assemblato con estrema cura: tra gli attori meritano segnalazione soprattutto Garret Dillahunt, sempre umanissimo, e al contrario un Daniel Kaluuya violento e istrionico al punto giusto.

Dramma a tinte forti, thriller d’azione dilatato e tesissimo, Widows è un film di genere realizzato attraverso una visione di cinema autoriale, il che lo rende decisamente superiore alla media di tali prodotti. Da non perdere.

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