The Nun: perché non si vive di solo Guadagnino, la recensione

The Nun: perché non si vive di solo Guadagnino, la recensione

Di Roberto Recchioni

GUARDA la videorecensione di The Nun

L’idea produttiva che sta dietro al cinema di Jason Blum si basa, sostanzialmente, su tre architravi: costruire film d’autore con un piccolo budget, per vincere un sacco di premi e fare soldi. Oppure costruire film commerciali con un piccolo budget, basati su un’idea brillante e sempre diversa e fare molti soldi. Oppure, costruire film commerciali con un piccolo budget, sempre sulla stessa idea e fare moltissimi soldi.
Alla prima categoria delle sue produzioni, appartengono pellicole come Whiplash e BlacKkKlansman. Nella casella della seconda categoria ci sono gioielli come Get Out, The Visit, Split e Upgrade. Alla terza categoria, che rappresenta il grosso della sua produzione, ci troviamo serie del calibro di Paranormal Activity, Ouija, The Purge e Insidious.
E proprio a Insidious bisogna risalire per capire le origini di The Nun – La Vocazione del Male.

Rapidamente: siamo nel 2010 e il regista James Wan, dopo gli enormi successi ottenuti con la serie di Saw, è alla ricerca di nuovi progetti che possano diventare franchise di successo.

Si imbatte in Insidious e ne resta affascinato perché in quello script non trova solamente una sceneggiatura divertente e spaventevole ma anche il seme di un’idea: quella di un film che non racconti sì una storia ma che, in questa storia, ci sia l’affresco di un intero universo narrativo e tematico, da esplorare in opere autonome. È così affascinato da quel concetto che se lo porta dietro nel suo film successivo, sfornando quel mezzo capolavoro per il genere horror che va sotto al titolo di The Conjuring e, con lui, quello che ormai viene definito “the Conjuring Universe”.

La pellicola originale si basa su alcuni personaggi e fatti reali (per modo di dire, sia chiaro) e racconta di un caso di possessione particolarmente controverso avvenuto negli Stati Uniti negli anni ‘70, e affrontato da una coppia di demonologi: Ed e Lorraine Warren.
I due sono il centro narrativo di tutta l’impalcatura perché, sfruttando l’ampia collezione dei casi in cui i due sono intervenuti, si è potuta creare una nuova mitologia dell’orrore, capace di generare opere autonome eppure interconnesse, a loro volta in grado di “figliare” ulteriormente.
Al primo The Conjuring è seguito Annabelle (che metteva al centro una bambola maledetta che i Warren avevano affrontato), poi The Conjuring 2, Annabelle: Creation, tre cortometraggi e, adesso, The Nun – La Vocazione del Male che si è rivelato essere (un poco a sorpresa per tutti), il capitolo di maggior successo dell’intera serie di film. Costato 22 milioni di dollari, ne ha già incassati 234 (al momento in cui vi scrivo) e non accenna a fermarsi. Il film, in breve, si ambienta negli anni ‘50 in Romania e racconta di un monastero di suore di clausura in cui è avvenuto un misterioso suicidio misterioso che puzza di zolfo. Un prete esorcista e una novizia dotata di uno strano dono, sono mandati ad investigare dal Vaticano e si troveranno ad affrontare la misteriosa e terrorizzante suora che abbiamo già visto apparire più volte nella serie principale del franchise.

Rivelare di più sarebbe rovinare la fruizione del film.

Che dire del film in quanto tale? Che è solido, ben realizzato, con un cast fortunato (Demián Bichir è una conferma e Taissa Farmiga una piacevole scoperta), un mostro carismatico e che è pieno di riferimenti classici che vanno da L’Esorcista ai classici film di mostri dell’Universal, passando per la Hammer Film e Dario Argento. È un film semplice che vuole divertire e che non spaventa troppo ma anzi, è assolutamente alla portata anche dei cuori (e degli stomaci) più delicati. Un horror per tutta la famiglia e per tutte le età, perfetto -in particolare- per gli adolescenti che certi classici del “cinema di paura” non li hanno mai visti. Questo basta a spiegarne il clamoroso successo?
Se ci combiniamo una brillante campagna di marketing, sì, direi di sì.

E credo anche che sia un successo meritato.

Perché qualche horror onesto, che rifugge dagli approcci troppo cerebrali e troppo estremi, e che si pone lo scopo semplice ma non facile da raggiungere, di intrattenete, divertire e far scendere qualche innocuo brividino lungo la schiena dello spettatore, ogni tanto ci vuole.
Che non si vive di solo Guadagnino.

LEGGI ANCHE: The Nun – La Vocazione del Male: la spiegazione del finale

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