di Marco Alama
Il viaggio è qualcosa di insito in noi. Partire da un luogo, staccarsi da ciò che conosciamo per esplorare qualcosa di nuovo – o semplicemente per tornare a casa – è un’esperienza affascinante. È un processo strano, come se andare da un punto A ad un punto B fosse un modo visibile e misurabile di percepire il cambiamento che la strada provoca in noi.
I viaggi migliori, poi, sono quelli inaspettati.
Robert Kondo e Daitsuke “Dice” Tsutsumi sono due persone come tante altre. Fino al 2014 circa, si svegliavano la mattina, facevano magari un po’ di colazione ed andavano al lavoro. La cosa buffa è che il loro lavoro era fare gli Art Director alla Pixar. Dunque, a seconda del progetto, dettare le linee grafiche e stilistiche delle produzioni di quella che probabilmente è una delle migliori fucine di storie attualmente esistenti.
Dopo aver lavorato a pietre miliari dell’animazione contemporanea come Monsters University e Toy Story 3, hanno deciso di fare qualcosa di diverso. Sono passati dal “comfort” della Pixar all’ignoto di qualcosa di nuovo, inseguendo il sogno di fondare un luogo dove le storie prendessero vita e crescessero in modo autonomo, e dove loro potessero continuare a crescere a livello artistico e narrativo. Questo posto si chiama Tonko House.
Il loro primo progetto, il cui titolo originale è The Dam Keeper, è stato candidato agli Oscar 2015 come miglior corto d’animazione. La storia parla di un maialino che, da solo, si occupa tutti i giorni di tenere lontana un’inquietante nebbia dalla Valle dell’Aurora. Ogni mattina si sveglia, carica il gigantesco mulino che spazza via quest’onda nera che lambisce la gigantesca diga che circonda il villaggio, aspetta che il macchinario si metta in moto e poi va a scuola. Sfortunatamente, non è benvoluto. È uno strambo, dopotutto – e i suoi compagni di classe non sono esattamente accoglienti nei suoi confronti, anzi.
Tutti tranne Volpe, un nuovo compagno di classe, con cui stringe amicizia.
Il corto è un inno coloratissimo e delicato all’amicizia e al senso che le persone che ci fanno sentire accolti danno alle nostre vite.
Ma c’è di più: il progetto è cresciuto – e quella che doveva essere una storia a sé stante è diventato qualcosa di molto più grande: nel corto tutto era suggerito, lasciato all’immaginazione dello spettatore. Lo stile “non finito” e quasi “rough” lasciava lo spettatore con la voglia di vedere qualcosa di più. Un qualcosa di più che, finalmente, è arrivato.
5 anni dopo gli eventi narrati nel corto, poco è cambiato nella Valle dell’Aurora. Tutto va avanti come sempre e le persone continuano a vivere le loro vite.
La Nebbia non è un problema per gli abitanti della città. Finché esiste un guardiano della diga, tutto procede come al solito, e le pale del mulino tengono a bada la costante minaccia.
“Mio padre diceva sempre che, quando le persone si dimenticano della nebbia mortale, vuol dire che il guardiano della diga ha fatto il suo lavoro”.
La figura del padre ha un ruolo chiave nella storia. Con una narrazione ellittica fatta di flashback e immagini sparse, scopriamo che il protagonista ha ereditato il ruolo di guardiano dopo che il genitore, definito da tutti pazzo, si è addentrato nel nero della Nebbia senza mai fare ritorno. Così, il porcellino si prende cura della diga, almeno finché un’ondata anomala e imprevedibile lo trascina con la sua amica Volpe e il nemico-amico Hippo in un posto nuovo, nel territorio dove di solito aleggia la Nebbia. Sarà compito del maialino tentare di riportare i suoi amici a casa e trovare le risposte alle domande sulla natura di questa minaccia, sulla scomparsa del padre e su quello che troverà mentre è in viaggio.
Grazie a Bao Publishing, arriva in Italia il primo volume di questa meravigliosa Graphic Novel, in cui ogni tavola è un universo in cui perdersi e i personaggi prendono meravigliosamente vita in un universo narrativo che aspetta solo di essere esplorato.
Lo stile del disegno riprende la linea del corto. Le atmosfere sono piene, le tavole sono dettagliate e vive, composte con una pennellata che ricorda molto le concept art di scuola Pixar. La stessa gabbia delle vignette non è fissa, ma cambia a seconda del momento e dell’intensità della scena, in un sapiente lavoro registico. Il colore trionfa – almeno all’inizio – e si percepisce anche qui chiaramente la “scuola Pixar” dei due autori. Le vignette, tutte dipinte in digitale, variano in saturazione e luminosità a seconda dello stato della narrazione, esattamente come succede nei colorscript dei film d’animazione della casa di Emeryville.
La cura per il volume è notevole: impreziosito da una finitura dorata in copertina, è curato in ogni sua parte, con un lettering dedicato che riprende le linee del logotitolo del corto.
La storia, poi, si dipana a poco a poco, lasciando agli occhi dello spettatore l’opportunità di immergersi nel mondo rappresentato.
Quello che abbiamo davanti è un racconto di viaggio, ma non solo. Kondo dice che la storia è ispirata a quello che i due autori hanno vissuto sulla loro pelle: le amicizie, crescendo, cambiano. L’amicizia stessa, il valore che le diamo, evolve con il tempo.
Consigliato a chi è in cerca delle ragioni che lo muovono ogni giorno, ma anche a chi sogna un viaggio alla scoperta di sé stesso e delle sue origini.
LEGGI le prime 20 pagine della graphic novel in anteprima
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