A cura di Sonia Serafini
Quando entrano alla mini press organizzata per la presentazione di The Ballad of Buster Scruggs, i Fratelli Coen hanno in mano una coca cola e un tè, totalmente disinvolti e in vena di battute. Con loro gli attori Tim Blake Nelson, Bill Heck e Harry Melling. Quando si siedono e iniziano a rispondere alle domande, hai subito la percezione di conoscerli.
Fautori di una commedia umoristica unica nel suo genere, il loro modo mai estremizzato di giocare con la morte, che hanno portato in quasi tutti i film che hanno scritto e diretto, è il tratto distintivo della nuova opera, che sarà disponibile dal prossimo dicembre su Netflix.
Che rapporto avete avuto con il genere western?
Ethan: “Ho questo ricordo di quando eravamo ragazzini, io avrò avuto 11 anni e Joel 9, c’era un cinema a Minneapolis dove proiettavano “Invito a una sparatoria”, un western, una mattina ci hanno beccato mentre tentavamo di entrare a vedere il film e ci hanno portato nell’ufficio del direttore, chiedendoci perché non fossimo a scuola, gli abbiamo risposto che per noi era il giorno di una festa ebraica. Non siamo riusciti a convincerli del tutto, ci hanno trattenuto li senza farci vedere il film!”.
Joel: “Negli anni poi abbiamo visto tanti film, tanti western, sia in tv che al cinema, ma quelli che ci hanno fatto impazzire più di tutti sono stati tutti i film di Sergio Leone, a cavallo tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio dei ‘70”.
Come si è evoluto il progetto, che all’inizio doveva essere una serie tv e, come è nato il vostro rapporto con Netflix?
Joel: “In realtà questa non è mai stata una serie tv, è un misunderstanding dovuto dall’errore di qualche giornale, magari visto il coinvolgimento di Netflix ed essendo un film in sei episodi è stato ritenuto che potesse essere una serie tv. Per noi è sempre stato un film, in realtà quello che avete visto qui a Venezia, è come il film è stato concepito e sviluppato, non ce n’è mai stata un’altra versione. Comprendiamo che il formato non sia convenzionale per un film, ma per noi è un’antologia.”
Si può dire che ci sia nel cinema un vero e proprio ritorno al western?
Ethan: “Assolutamente! Ne stanno facendo più oggi di quanti non ne facessero negli anni ‘50, ‘60 e ’70. Per esempio per questo film abbiamo girato principalmente a Santa Fe e in contemporanea c’erano diverse produzioni quasi tutte di western, alcune per serie tv altre per lungometraggi.”
Come è stato lavorare con i Fratelli Coen?
Harry Melling: “Quando ero piccolo ho passato un’intera settimana a guardare: “Fratello Dove Sei?” in loop, crescendo e diventando un attore, non vedevo l’ora di lavorare con loro. Di questo set poi ricorderò sempre il pomeriggio passato a girare con la gallina!”
Bill Heck: “La prima volta che ho visto “Burton Fink”, è stata la prima volta in assoluto che un film è riuscito a dimostrarmi quanto il cinema potesse andare in profondità nell’animo umano ed estendere l’immaginazione mantenendo concrete le emozioni, seppur in maniera astratta. I Fratelli Coen hanno il dono dell’estetica”
Tim Blake Nelson: “La cosa bella nel lavorare con loro come attore è la fiducia. Ci fidiamo di loro in maniera incondizionata perché sappiamo di essere in mani attente, amorevoli e accorte, non solo per quel che riguarda la tua performance, ma per quel che riguarda il film a 360 gradi. È davvero liberatorio tutto ciò per un attore, perché ti consente di rischiare, sai che i tuoi fallimenti non finiranno sullo schermo perché loro tutelano te e il film. Non è un caso se gli attori dei loro film brillino in quel modo.”
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