Dopo l’enorme successo di critica di Alabama Monroe il regista belga Felix von Groeningen ha scelto di portare al cinema la storia vera del giornalista David Sheff e di suo figlio maggiore Nic, che per anni ha lottato contro la tossicodipendenza in una battaglia scandita da speranze, ricadute, disillusione, perdita.
Beautiful Boy mette in scena il rapporto padre/figlio scandendolo attraverso i tentativi di recupero purtroppo andati a vuoto, intervallati spesso da flashback che mostrano un amore paterno incondizionato ma anche complesso da gestire. Il montaggio dei piani temporali rende il film molto interessante nella prima parte, un puzzle umano stratificato ed emotivamente efficace. Trattandosi di una storia vera, la sceneggiatura segue con fedeltà il percorso a tappe che scandisce il rapporto tra i due protagonisti, costantemente messo alla prova dall’incapacità del figlio di smettere con gli stupefacenti. A livello narrativo Beautiful Boy si rivela un progressivo e doloroso tour de force dentro la storia della famiglia Sheff, la cui solidità inizia sempre più a scricchiolare messa in pericolo soprattutto perché messa in pericolo dall’incapacità di David di arrendersi e perdere definitivamente suo figlio. L’arco narrativo principale del film si rivela infatti quello del padre, il quale negli anni è costretto suo malgrado a percorrere un percorso di accettazione che lo renderà alla fine capace di trovare la giusta oggettività nei confronti del dramma di Nic, e dedicarsi con maggiore energia al resto della sua famiglia.
Beautiful Boy è un dramma che non concede appigli allo spettatore, lo costringe e seguire la ciclicità angosciante del problema del ragazzo e quella ancora più dolorosa di un padre che non riesce a smettere di sperare. Impersonando David Sheff Steve Carell dimostra di aver trovato una maturità impressionante, riuscendo a gestire i mezzitoni e la sommessa disperazione del suo personaggio con una bravura ammirevole. A fargli da contraltare un Timothée Chalamet che nell’interpretare Nic deve per forza di cose andare sopra le righe, soprattutto nelle scene più drammatiche di confronto umano con il co-protagonista. Ebbene, rispetto alla magnifica prova in Chiamami con il tuo nome il giovane attore dimostra di non saper ancora dosare al massimo le sue capacità istrioniche, risultando in un paio di momenti eccessivamente sovraccarico. Enorme impatto al film lo regala invece Maura Tierney a supporto di Carell, nella parte della sua seconda moglie.
Beautiful Boy mette in scena il dolore dell’accettazione e il tentativo di sconfiggere i propri demoni personali con una verità dolorosa, talvolta quasi respingente. Nel non voler dare alla storia i contorni della parabola, il film sceglie vie narrative impervie, più realistiche. Alla fine a rimanere impresso più di tutto il resto è uno Steve Carell sinceramente commovente. È lui la forza primaria di Beautiful Boy.
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