La diversificazione del Marvel Cinematic Universe tocca anche il filone young adult, e non sorprende che la scelta sia ricaduta proprio su Cloak & Dagger, supereroi provenienti dal vastissimo sottobosco marvelliano. Caratterizzati da una commistione di romanticismo, avventura e spiritualità, i due personaggi incarnano i tratti peculiari di questo retaggio narrativo, come l’importanza delle relazioni sociali, l’età adolescenziale dei protagonisti, i conflitti di stampo intimista e il valore formativo delle loro storie: non a caso, la serie tv creata da Joe Pokaski per Freeform (canale via cavo della ABC) mette in chiaro fin dal principio che il lato “supereroistico” è solo marginale, poiché il racconto si focalizza sulle implicazioni psicologiche, emotive e familiari della metamorfosi.
È una storia di traumi infantili: da piccolo, Tyrone Johnson (Aubrey Joseph) vede morire suo fratello per mano di un poliziotto che gli spara senza nessuna ragione, mentre Tandy Bowen (Olivia Holt) è vittima di un incidente d’auto che causa il decesso di suo padre. I due eventi si verificano contemporaneamente sulla costa di New Orleans, dove uno stabilimento della Roxxon Corporation subisce una misteriosa esplosione. L’energia sprigionata colpisce Tyrone e Tandy mentre si trovano in acqua, ma i due bambini riescono a salvarsi prendendosi per mano. Diversi anni più tardi, i nostri eroi si rincontrano per caso quando Tandy – che vive alla giornata con piccole rapine – ruba il portafoglio di Tyrone – studente in un liceo prestigioso della città – e il contatto attiva una reazione improvvisa nei loro corpi: lei scopre di poter generare delle lame luminose, mentre lui emana un’energia oscura che gli permette di teletrasportarsi. Ovviamente non sanno ancora gestire questi poteri, ma si rendono conto di essere connessi l’uno all’altra da un legame molto profondo, con tanto di sogni e allucinazioni comuni.
I primi tre episodi sono un lungo prologo, dove Pokaski pone le basi per la formazione della coppia e tratteggia i rispettivi conflitti interiori. Saltano subito all’occhio le grandi differenze rispetto agli albi Marvel, non solo perché la genesi dei due personaggi è stata cambiata, ma anche per il tentativo di sfuggire ad alcuni stereotipi sociali: nella serie, è Tandy a cercare di derubare Tyrone, non viceversa; anzi, il ragazzo proviene da una famiglia della media borghesia, mentre quella di Tandy è caduta in disgrazia dopo la morte del padre, impiegato della Roxxon su cui la compagnia ha scaricato tutta le colpa dell’incidente. È interessante notare, però, che entrambi i personaggi reggono il preso delle rispettive identità sessuali e culturali. Tandy, conscia della mercificazione del corpo femminile, volge la situazione a proprio vantaggio e usa la sua avvenenza per adescare giovani rampolli altolocati, ma ne subisce le ritorsioni quando uno di essi cerca di stuprarla: la vendetta del ragazzo si proietta quindi sul corpo della protagonista, per reificarlo e violentarlo, invece di limitarsi a recuperare il maltolto. Dal canto suo, Tyrone appartiene a una comunità etnica costretta a vivere nel terrore delle istituzioni, come dimostrano gli annosi pregiudizi della polizia verso gli afroamericani, che generano aggressioni e arresti ingiustificati; a farne le spese è suo fratello, ennesima vittima di un’antica discriminazione che si ramifica nella cronaca contemporanea. Insomma, Cloak & Dagger mantiene un legame abbastanza stretto con l’attualità, e in tal senso è certamente più vicino a show come Jessica Jones e Luke Cage, piuttosto che ad Agents of S.H.I.E.L.D.. È difficile immaginare che appartengano tutti al medesimo universo narrativo (lo stesso degli Avengers, per intenderci), eppure è così, e la variazione dei toni rispecchia l’eterogeneità dei fumetti, dove convivono storie e contesti narrativi anche molto differenti tra loro.
Come le serie Marvel / Netflix, anche Cloak & Dagger cerca una forma di “realismo fantastico” che resta sempre al livello della strada, privilegiando la cupezza del dramma sull’azione pura e semplice. In effetti l’azione è quasi assente, almeno nei primi episodi: Tandy e Tyrone non sono ancora supereroi, ma due ragazzi confusi e spaventati che si trincerano in loro stessi per elaborare i rispettivi traumi. Di conseguenza, viene a mancare anche il lato più iconico di questa coppia tormentata, nonostante i tentativi – piuttosto goffi – di avvolgere Tyrone in coperte o teli neri che ricordino la sua cappa, forse preannunciandone la futura introduzione. Al contrario dei film e di Agents of S.H.I.E.L.D., la serie non tenta di replicare l’iconografia dei fumetti, poiché striderebbe con la credibilità dell’ambiente. Il prodotto finale ne risulta impoverito sul piano estetico, anche se l’atmosfera un po’ decadente di New Orleans riesce a conferirgli un minimo di personalità.
Non convincono appieno le frequenti divagazioni oniriche, soprattutto nel terzo episodio, dove le visioni di Tandy e Tyrone – seppur decisive nella costruzione del loro rapporto – soffrono di una certa rigidità drammaturgica; i deliri di Legion, facendo un paragone azzardato, sono tutt’altra cosa. Anche la caratterizzazione dei personaggi è un po’ schematica, e manca di vera complessità: in fondo, i conflitti di Tandy e Tyrone non hanno nulla di sorprendente, e rischiano di scivolare nei soliti cliché. Forse, però, non si possono pretendere grandi sfumature da uno show che lavora sulle contrapposizioni binarie (luce/oscurità, femminile/maschile), mentre si sforza di compiacere il suo target con musiche furbette piazzate al punto giusto. Cloak & Dagger sfrutta i personaggi di Bill Mantlo e Ed Hannigan per sviluppare un melodramma adolescenziale di stampo young adult, dove l’avventura ha la funzione precipua di delineare la maturazione dei protagonisti: vedremo se, al termine della stagione, tale processo potrà dirsi compiuto.
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