THE DOC(MANHATTAN) IS IN – Dawson’s Creek, rivisto oggi: ma che…?!?

THE DOC(MANHATTAN) IS IN – Dawson’s Creek, rivisto oggi: ma che…?!?

Di DocManhattan

Uanauanauèi, cioè I don’t want to wait, cantava la sigla che nessuno capiva, vent’anni fa, quando Dawson’s Creek debuttava negli USA. Era il gennaio del ’98 e, sì, giusto per farvi sentire anziani, sono passati più di vent’anni. I suoi protagonisti sono invecchiati (tranne Joshua Jackson), ma quanto è invecchiato il telefilm in sé? Cosa ha di strano la serie regina dei teen drama di inizio millennio, rivista con l’occhio di oggi? Abbiamo provato a capirlo, grazie alla maratona Dawson’s Creek su Sky Atlantic conclusasi ieri. Scoprendo che alcune cose che a Capeside ci lasciavano perplessi e ci affascinavano all’epoca, oggi… no, niente, sono ancora più strane. Quali? Beh, tipo queste…

10. Il padre affetto da poveraccismo
Alziamoci tutti virtualmente in piedi (non è necessario farlo davvero) e tributiamo un lungo applauso simbolico a Mitch Leery, il padre di Dawson. Era stato Flash, qualche anno prima, e molto tempo dopo sarebbe tornato come padre di un altro Flash. Qui, invece, era il genitore di un ragazzino con la testa troppo grande che in una puntata gli chiede come si bacia una ragazza. E lui, povero disperato, glielo spiega, mimandogli la gestualità dell’atto. Una delle scene più imbarazzanti della storia della TV mondiale, da spedire nel cosmo per tenere lontani gli alieni malvagi da ogni proposito di invasione di un pianeta che possa aver anche solo pensato una roba del genere. Ama tanto sua moglie, Mitch Leery. Lui e Gail, la madre di Dawson, sono una coppia così perfetta, che lei decide di tradirlo con un collega giornalista. Solo dopo tanta sofferenza (di Mitch), Gail torna a Capeside, i due si riconciliano e fanno una bambina, Lily. Mitch è felice! Va di nuovo tutto bene! E muore in un incidente stradale! A Natale, mentre canta Drift Away di Dobie Gray in auto, dopo esser andato a comprare i pannolini, perché gli cade il gelato mentre è alla guida. E lui prova a raccoglierlo, disinteressandosi del volante, genio autolesionista incompreso. Probabilmente una morte talmente scema che nel riguardarla si sganascia di risate pure Sean Bean.

9. Sfigati in un posto sfigato
Dove diavolo sta esattamente il Massachusetts?, si chiedeva il pubblico dei primissimi anni 2000 guardando Dawson’s Creek su Italia 1. Boh. Di certo, Capeside non era Los Angeles, e tanto meno Beverly Hills. E Dawson Leery, Josephine Potter detta Joey, Jen, Pacey e quegli altri non erano Brandon, Brenda, Dylan e Kelly. Ragazzini di provincia, con il padre in galera e non “in viaggio per l’Europa” (la scusa jolly per eliminare narrativamente qualche personaggio nelle soap e nei teen drama); con una famiglia alle spalle che ti considera un fallito, con problemi psichici, sfighe di varia natura (con la S). Ragazzi i cui amori sono costretti a intrecciarsi, restando sempre all’interno della comitiva, perché è un po’ la vita da paesone che te lo impone (Beautiful non conta). Sempre meglio di quei tizi finto sorridenti, ma in realtà disperatissimi, di Primi Baci, certo. Ma quella era una sitcom francese stupida, non vale.

8. Fiumi di (sesso a) parole
Parlano di sesso, i protagonisti di Dawson’s Creek. Tipo sempre. Ne fanno pochissimo, però. Una rappresentazione molto realistica dei sedicenni di fine anni 90, verrebbe da dire. Fanno tutti sesso intorno a loro, ovviamente, ma in modo imbarazzante. Dawson si chiede dove sia finita la sua telecamera, e ce l’hanno i genitori. In camera da letto. Joey farà sesso con Pacey, ma solo nella quarta stagione. Dawson si lamenta per puntate su puntate di essere ancora vergine, e nel farlo rimbalza le attenzioni di ragazze con cui ce ne sarebbe. Praticamente un precursore di Fubelli di Colorado, quello che non ha mai schiacciato. Alla fine lo fa con Jen, ovviamente, perché lei ha trascorso un’adolescenza turbolenta a New York, e si sa come sono queste ragazze disinibite di città, che noi nel Massacoso le guardiamo tutti malissimo.

7. Le insopportabili facce dell’insopportabile Joey.
So di farmi dei nemici, eh. So che tanti (?) tra voi erano innamoratissimi della futura signora (e futura ex moglie di) Cruise. Ma Joey Potter non si reggeva. Come personaggio, per la mimica facciale, per quello che diceva.

Ma soprattutto per la mimica facciale. Quelle smorfiette, quel modo di tirar su un broncio e corrugare la fronte per accompagnarlo, qualunque cosa dicesse. “Ti amo”, broncio e fronte corrugata. “Mi fai schifo al cesso”, broncio e fronte corrugata. “È finito il burro d’arachidi, forse dopo esco e lo compro, mio padre in carcere ne va matto”, broncio e fronte corrugata. In compenso, la psicologia del personaggio era… ehr. Dawson, amore della mia vita, mettiamoci insieme perché ci vogliamo bene sin da bambini, come quegli sfigati dei manga d’amauuuure! Solo che poi mi invaghisco di Jack, lo faccio posare nudo e gli provoco scompensi, anche se è gay (il giovane Povia prendeva appunti). E gliela mollo prima a Pacey, eh, che ti credi. A ogni modo, solo rivedendo la serie oggi ho capito FINALMENTE a chi assomigliava Joey con le sue faccette:

Alla pietra parlante di Fantaghirò. UGUALE.

6. Ventenni che interpretano sedicenni. E parlano come trentenni
Che i protagonisti di una serie ambientata al liceo fossero interpretati da ventenni era ordinaria amministrazione, intendiamoci. Andrea di Beverly Hills 90210 era un’attrice alle soglie della pensione, come noto. Non è quello il punto. Il fatto è che, a risentirli, questi sedicenni interpretati da ventenni parlano come trentenni. Si fanno delle pippe mentali assurde, roba che neanche i gruppi di sostegno su Facebook per cinquantenni disperati in cerca dell’anima gemella. E ok Andie, che non stava bene di suo, poverella, ma tutti gli altri. In alcune puntate sembrano dialoghi presi da Uomini e Donne. Quello con gli anziani.

5. Pacey come Alvaro Vitali
Chi era l’idolo delle giovani telespettatrici di Dawson’s Creek? Pacey, ovvio. E degli spettatori maschi? Pacey, ovvio. Uno che nella prima stagione, mentre gli altri parlano, ha una relazione con la professoressa Tamara Jacobs (Dana di Dynasty, mica ridere) e per questo di lui narreranno le leggende del suo liceo nei secoli dei secoli. Amen. Cose come neanche nelle commedie scollacciate con Vitali, Banfi e la Fenech.

4. I tempi scenici di vent’anni fa, nel Cretaceo superiore
I telefilm erano bestie molto diverse, due decadi fa. Lo sappiamo, ma tendiamo a dimenticare QUANTO. Basta guardare qualche episodio di fila per notare che tutti parlano troppo e seguono tempi scenici da teatro sperimentale. Se non da slideshow di diapositive. Alla fine, il signor Leery che muore come un pirla per raccogliere il gelato è l’ultimo dei problemi.

3. La finestra di Dawson: il Facebook del 1998
La gioventù di Capeside non costruisce i propri amori e cementa le proprie amicizie (e si dice alle spalle le peggio cose) sui social o WhatsApp, come i giovani d’oggi. No. Lo fa nella cameretta di Dawson, entrando dalla finestra. Con una scala. Anche di notte, senza essere invitati. Milioni di chiamate alla polizia inutili da parte degli abitanti del quartiere, comprensibilmente allarmati. La stanza di Dawson, piena di poster di film perché da grande vuole fare il regista come Spielberg, è il Facebook di Capeside del 1998. Poi però, a un certo punto, Dawson butta via tutti i poster delle pellicole di Spielberg e ne appende uno di Imagine di Lennon, cercando di darsi un tono. Insomma, ora la sua stanza era Twitter.

2. Le camicie di Pacey, minaccia per l’umanità
No, DAVVERO. Ok la moda fine anni 90/primi anni Zero, che ha riempito gli armadi di vergogne inconfessabili, però le camicie di Pacey sono qualcosa talmente surreale da bucare lo spaziotempo e far spiccare un mandato di cattura per abbigliamento osceno in luogo pubblico in almeno sedici realtà parallele.

1. Dawson, l’eroe di nessuno
Ora, seriamente. Il fascino di questa serie e la ragione del suo successo erano proprio il tono e i suoi protagonisti. Ragazzi di provincia pieni di problemi, non fighetti ricchi con finti problemi di cui discutere sotto il patio di ville da milioni di dollari o andando a fare surf annoiati con una Mustang. Ognuno dei personaggi di Dawson’s Creek aveva i suoi complessi e le ragioni per star male al mondo, il che ti portava ad affezionarti alle sue sfighe. Oddio, tranne Joey. E sicuramente tranne Dawson. C’era qualcuno a cui fregava qualcosa del protagonista eponimo di questa serie? Probabilmente no.

Eppure – lo sapevate che saremmo finiti qui, dai – Internet ha deciso di renderlo immortale. Perché il suo pianto finto e ridicolo, dopo un drammatico e toccante (uh, guarda) confronto con Joey, è, beh, troppo finto e ridicolo. Nasce, anni dopo, il mito di Dawson Teary, il “crying meme”. In un lontano futuro, i nostri posteri magari non sapranno chi era questo ragazzo biondo con la testa enorme o perché frignava, ma di sicuro sapranno che nella TV di inizio millennio piangere malissimo era super-ok.

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