Mektoub, My Love: Canto Uno, l’epica dello sguardo e dei sensi per Abdellatif Kechiche

Mektoub, My Love: Canto Uno, l’epica dello sguardo e dei sensi per Abdellatif Kechiche

Di Lorenzo Pedrazzi

Talvolta basta una sequenza per sintetizzare la poetica di un film. All’inizio di Mektoub, My Love: Canto Uno, il giovane Amin si ferma davanti alla casa di un’amica, Ophélie, e comincia a spiarla dalla finestra. La ragazza sta facendo l’amore con Toni, il cugino di Amin, e lo sguardo di Abdellatif Kechiche combacia con quello del protagonista: la macchina da presa inquadra l’intreccio dei corpi, si lascia riempire ed estasiare, attenta a cogliere le tracce del piacere sul volto di Ophélie, ma anche la carica erotica delle sue forme ammalianti. La vitalità che traspare da queste immagini è così potente da lasciare disorientati, ma il nostro Amin ne è solo spettatore, osserva dall’esterno; non partecipa in modo attivo, bensì assimila la scena e ne subisce il desiderio. Lui e il resto del mondo paiono separati da uno schermo, e infatti Amin è un fotografo in erba (nonché aspirante sceneggiatore) abituato a porre la macchina fotografica tra sé e l’esperienza reale, facendosi testimone degli eventi in corso. Quando lascia Parigi per trascorrere le vacanze sulla costa mediterranea francese, dove ritrova famiglia e vecchi amici, Amin conferma le sue antiche inclinazioni: è sempre testimone – e per certi aspetti narratore – della “vita vera”, mai protagonista attivo dei suoi imprevedibili sviluppi.

Mektoub, My Love lavora sullo scarto fra queste due condizioni, riconoscendone la natura inconciliabile: Amin preferisce guardare il mondo da una certa distanza, quasi insensibile alle parole di amici e parenti che lo esortano a uscire, prendere il sole, provarci con le ragazze. Le sue abitudini mal si accordano con la passionalità travolgente dell’estate, dove ogni interazione fra ragazzi e ragazze diventa una metafora o un’anticipazione dell’atto sessuale, come le lotte in acqua o le danze provocanti in discoteca. L’occhio di Kechiche è sempre lì, pronto a glorificare il corpo femminile ai limiti dell’idealizzazione. Non siamo lontani da La vita di Adele – dove il regista indugiava a lungo sui corpi floridi delle due amanti – ma stavolta c’è un intento diverso: Mektoub, My Love è infatti il racconto fluviale, intimo e debordante della costruzione di uno sguardo, in quel delicatissimo periodo formativo che è la post-adolescenza. Kechiche trae ispirazione sia dal romanzo La Blessure, la vraie di François Bégaudeau sia dai suoi ricordi personali, scegliendo curiosamente di ambientare la storia in un’epoca che non corrisponde alla sua giovinezza, ma trasuda nondimeno leggiadria e candore: siamo negli anni Novanta, quando una semplice macchina fotografica poteva ancora essere l’unico filtro tra un giovane e il mondo esterno.

Lo sguardo di Amin è quindi legittimamente “vergine”, ansioso di plasmarsi sulle morbide curve del desiderio. Non a caso, le inquadrature di Kechiche esplorano la pelle di Ophélie e delle altre ragazze con la curiosità lasciva di un adolescente, valorizzandone la sensualità giocosa. A tratti il film accompagna i personaggi su dolcissimi sentieri rohmeriani, alternando dialoghi leggeri e confidenze sofferte, ma questo Racconto d’estate è sempre destinato a esplodere nella carnalità spontanea dei protagonisti, come se il richiamo degli impulsi sensuali prevalesse su tutto il resto. Ogni momento è vitale, travolgente. Per quanto si sforzi di restare ai margini, Amin non può evitare di ricevere almeno qualcosa, uno spiraglio di luce nel buio della sua camera da letto (dove guarda vecchi film invece di uscire a divertirsi, come sottolinea sua madre). Così, dopo il ciclone edonistico di una notte in discoteca, dopo la visione quasi biblica del parto di una pecora – scena bellissima, peraltro – il ragazzo trova un compromesso per aprirsi al mondo, e si rispecchia nell’animo solidale di un’altra outsider, sua pari. In questo potenziale idillio c’è tutto il vigore di una realtà magmatica e capricciosa, distillata da Kechiche in una straordinaria epica dello sguardo e dei sensi.

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