Fahrenheit 451, perché il remake del capolavoro di Truffaut era un film necessario (ma purtroppo non è perfetto) #SWCannes

Fahrenheit 451, perché il remake del capolavoro di Truffaut era un film necessario (ma purtroppo non è perfetto) #SWCannes

Di Andrea D'Addio

Rifare un film cult come Fahrenheit 451 oggi significa prima di tutto immaginare un futuro che non è andato esattamente come se lo erano aspettati Ray Bradbury prima, con il libro del 1953, e François Truffaut dopo, nel 1966 con l’omonimo film (di cui potete veder uno stralcio qui sotto).

Il rischio era alto, ma da questo punto di vista il regista e sceneggiatore irano-americano Ramin Bahrani ci riesce appieno: i due protagonisti della vicenda sono sì pompieri impegnati a dare fuoco ad ogni libro che esista al mondo, in forma cartacea o digitale che sia, ma il come si sia arrivati a questo punto affonda le radici nella nostra contemporaneità. Stanchi di fake news, dibattiti sul presunto razzismo di libri come Huckleberry Finn o del maschilismo nelle opere di Henry Miller, gli uomini si sono resi conto che l’estrema libertà porta ad un caos e una violenza più controproducenti che altro. E allora via tutto ciò che possa scatenare opinione.

La premessa è interessante e dimostra un desiderio di “fare le cose per bene” che, per un film di fantascienza realizzato per la televisione (è un prodotto HBO che in Italia sarà gestito da Sky) non ci si aspetterebbe. Del resto il Festival di Cannes, nonostante le polemiche con Netflix, ha deciso di selezionarlo per il Fuori Concorso.

Lo sviluppo del racconto è fluido, ma senza particolari trovate visive (ed è un peccato visto che si parla di fantascienza), con scelte di montaggio che bruciano diversi possibili momenti di suspense (come la cattura del personaggio della Boutella) e uno scontato finale che appiattisce ciò che con un po’ di ambizione produttiva sarebbe potuto diventare un piccolo cult. Bahrani, che ha scritto la sceneggiatura con il celebre regista iraniano Amir Naderi, non ha poi il coraggio di allontanarsi ulteriormente dal testo di partenza e sviluppare al meglio il personaggio di Beatty, ben interpretato da Michael Shannon.È lui, più di Montag, a lasciare trasparire un dilemma interiore più tragico e insolubile di un collega che semplicemente passa da uno schieramento all’altro. Insomma, un’occasione sprecata se si parla di cinema, un buon prodotto se si parla di televisione.

Presentato Fuori Concorso al Festival di Cannes, Fahrenheit 451 sarà trasmesso da Sky in data da definire.

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