Polonia 1949: in una vecchia e semidistrutta villa di provincia una coppia di artisti vuole dare vita ad un’accademia per giovani talenti con l’obiettivo di creare una compagnia di spettacoli folk. Tra i provinanti c’è una ragazza bionda che sembra avere “qualcosa di più”. A definirla così è proprio uno dei due selezionatori, un musicista che poco dopo si innamorerà di lei dando vita ad una storia d’amore lunga decenni e destinata a superare ogni tipo di difficoltà. Sullo sfondo, infatti, c’è la Guerra Fredda del titolo, con tutto ciò che questo può significare in termini di spostamenti e libertà per i due spiriti liberi rappresentati dai protagonisti.
A Cannes dove Cold War è stato presentato in concorso, Pawel Pawlikowski ha affermato che aveva in mente questa storia da 14 anni e che solo il successo di Ida (premio Oscar nel 2013) gli ha dato il coraggio, e probabilmente i fondi, per realizzarla. Del resto il film è ambientato tra Polonia, Germania, Francia e un’imprecisata località dell’ex Jugoslavia. Che si sia andati in loco o meno a girare, certo è che la pellicola ha richiesto uno sforzo produttivo non indifferente. E dire che il cinema di Pawlikowski è più che mai minimale, dal formato (4:3 in bianco e nero) alla durata: 85 minuti composti da scene più che mai rapide. Si va subito al dunque, ovvero alla passione che lega i due protagonisti, letteralmente incapaci di rimanere lontani l’uno dall’altro. La loro relazione è tanto narrativamente trascinante quanto è interessante vedere il contesto storico e sociale polacco di quegli anni e l’evoluzione della musica che fa da sfondo ai propri incontri, un mix che parte dalla tradizione polacca e arriva al jazz passando per le “canzonette italiane” e il mambo anni ‘50.
Cold War è senza dubbio un film romantico, di quelli che, senza calcare oltremodo la mano sul dramma (anche quando la sceneggiatura glielo consentirebbe), riesce a fare pensare che l’uomo/donna della vita siano una figura imprescindibile nella vita di tutti noi. Lo fa però senza sporcarsi le mani: non c’è evoluzione nei caratteri dei protagonisti, rimangono identici dall’inizio alla fine. Chi gli sta intorno, che siano le compagne di lui (la socia prima, la francese dopo) o i mariti di lei, tutti sono pronti a farsi da parte senza lottare. Persino il contesto “socialista” normalmente opprimente qui viene rappresentato come un ostacolo in qualche modo sempre aggirabile. E’ una scelta sicuramente voluta da Pawlikowski, ma ciò non toglie che parte del pubblico potrà percepire la storia raccontata in maniera un po’ superficiale. Sta davvero alla sensibilità del pubblico. Ciò non toglie che il film sia godibile e trainato dalle ottime interpretazioni di Joanna Kulig (che aveva una particina anche in Ida) e Tomasz Kot. I nomi dei due protagonisti sono gli stessi dei genitori del regista e forse anche un po’ la storia visto che Pawlikowski ha vissuto dai 14 anni in poi con la madre ballerina nel Regno Unito.
Cold War verrà distribuito in Italia da Lucky Red in data da definirsi.
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