The Rain, pioggia apocalittica e crollo della civiltà nella nuova serie Netflix

The Rain, pioggia apocalittica e crollo della civiltà nella nuova serie Netflix

Di Lorenzo Pedrazzi

Non è la prima volta che i fenomeni atmosferici vengono sfruttati dalla fantascienza come veicoli di sventure innaturali. I lettori del bellissimo Eternauta ricorderanno certamente la neve mortale che anticipa l’arrivo degli alieni, mentre i Trifidi de L’orrenda invasione sono preceduti da uno sciame di meteore che rende cieco chiunque abbia assistito allo spettacolo. In The Mist di Stephen King c’è una fitta nebbia che nasconde creature extradimensionali, ma nel vituperato E venne il giorno di M. Night Shyamalan la sciagura è annunciata da un elemento ancor più etereo, il vento, che accarezza le fronde degli alberi e ne sottolinea la minaccia. Ebbene, The Rain punta invece sull’eponima pioggia, ancor più spaventosa nel contesto geografico che ospita lo show: si tratta infatti della prima serie prodotta da Netflix in Danimarca, nazione temprata dal freddo e dal maltempo, dove la pioggia non è affatto una rarità. Per quanto abituati alle intemperie, i danesi e gli scandinavi hanno imparato a temerle con particolare intensità, e The Rain ne radicalizza il pericolo in chiave di metafora, riportando le popolazioni locali a uno stato doppiamente barbarico.

L’incipit non lascia spazio a molte spiegazioni, ma parte quasi in medias res: l’adolescente Simone (Alba August) viene prelevata a scuola dal padre Frederick (Lars Simonsen), spaventatissimo, che la fa salire in macchina con la madre e il fratellino Rasmus, mentre in cielo si addensano nubi temporalesche. Frederick dice loro che devono raggiungere un bunker prima che cominci a piovere, ma un incidente autostradale li costringe a proseguire a piedi. Nel bosco, l’uomo li guida fino a un portellone che si apre su una scala: il bunker è stato costruito dalla Apollon, società per cui lavora, e contiene tutto il necessario per una lunga permanenza. Confusa, Simone chiede lumi al padre, e lui le spiega che nella pioggia si annida un virus mortale, ma il piccolo Rasmus potrebbe essere la chiave per debellarlo. In che modo? Alcuni flashback ci spiegano che il bambino era gravemente malato, ed è stato curato da Frederick con un siero contenente il virus, o una sua forma più blanda, quindi nel suo sangue potrebbe nascondersi un potenziale vaccino. Si tratta però solo di un’ipotesi, perché Frederick è costretto ad andarsene immediatamente senza fornire altre delucidazioni: la sua presenza è richiesta alla sede della Apollon, per cercare di risolvere la situazione. Simone e Rasmus restano con la madre nel bunker, ma quando un estraneo – già infetto – tenta di entrare, la donna si sacrifica per salvarli: esposta alla pioggia scrosciante, muore in pochi istanti. Così, la ragazza e il fratellino sono costretti a cavarsela da soli, e restano nel bunker per ben sei anni, senza ricevere notizie del padre. Rasmus (Lucas Lynggaard Tønnesen) ha sedici anni, e spinge per rivedere il cielo. Proprio quando le provviste finiscono, lui e Simone vengono stanati da un gruppo di sopravvissuti, guidati dall’ex soldato Martin (Mikkel Følsgaard), e si uniscono a loro per cercare altri bunker. Al rifugio successivo, però, fratello e sorella trovano il cellulare del padre, che contiene un indizio sulla sua destinazione: è una cittadina svedese, quartier generale della Apollon. Decidono quindi di avviarsi in quella direzione, seguiti dai loro nuovi compagni, ma prima devono attraversare una Copenaghen quasi deserta, dove i superstiti lottano per accaparrarsi le ultime risorse.

Premetto che ho visto in anticipo solo i primi tre episodi (su otto complessivi), quindi le mie impressioni sono esclusivamente preliminari. Detto questo, The Rain ha un’impostazione piuttosto canonica, fedele al vasto retaggio del post-apocalittico: l’evento catastrofico è avvolto nel mistero, cuore pulsante della storia, ma spesso gli sviluppi narrativi sono affidati ai conflitti tra i personaggi, che cercano di attribuire maggior spessore psicologico alla trama. Non a caso, l’impiego dei flashback serve proprio a caratterizzare i protagonisti, assegnando loro un passato che ne giustifichi le azioni; questo vale tanto per Simone quanto per Martin, anche se la figura più affascinante è quella di Beatrice (Angela Bundalovic), ragazza dolce ed empatica che sembra nascondere un segreto, come dimostrano le ripetute menzogne sulle sue origini. Così, se è vero che inizialmente i sette sopravvissuti paiono un po’ anonimi, a partire dal terzo episodio cominciano ad acquisire maggiore personalità, facilitando l’attaccamento nei loro confronti.

La sfumatura che si percepisce in modo più intenso, però, è la netta separazione tra Simone, Rasmus e tutto ciò che li circonda. Sigillati nel bunker per sei anni, i due ragazzi non hanno assistito al crollo rovinoso della Scandinavia, e hanno potuto conservare la loro umanità, con la quale “contagiano” il gruppo di Martin. Per il resto, il mondo civile non esiste più: la Danimarca è tornata alla barbarie, ove domina la legge dell’homo homini lupus, e i superstiti si uccidono fra loro per un po’ di cibo. Ma la condizione, come accennato prima, è doppiamente barbarica, poiché le popolazioni del nord sono costrette a temere la pioggia come facevano gli antichi, quando la natura era una minaccia oscura e incomprensibile. The Rain mette in scena questa involuzione come il risultato di un intervento umano, che provoca il collasso delle strutture sociali di fronte alla pandemia. C’è però fiducia nel singolo individuo, questo sì, rispetto al tradimento delle grandi istituzioni pubbliche (l’esercito, lo Stato) e private (le multinazionali come Apollon).

Ciò che ne deriva è un racconto fondamentalmente avventuroso, poco originale – almeno per ora – ma piuttosto godibile, anche per merito di una certa asciuttezza della narrazione (gli episodi sono relativamente brevi). Solido anche l’apparato tecnico, apprezzabile soprattutto nelle scenografie del bunker e nei panorami di una Copenaghen post-apocalittica, che ricorda la Londra di 28 giorni dopo. L’uscita su Netflix comunque è imminente, venerdì 4 maggio, quindi fra pochi giorni sarà possibile valutarne il quadro completo. Staremo a vedere.

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