Schiavi di New York #8 – Ransom

Schiavi di New York #8 – Ransom

Di Adriano Ercolani

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Gli anni ’90 furono un decennio solo apparentemente meno tumultuoso dei precedenti o dei successivi, soprattutto a New York. In una città che in superficie riusciva a trovare una maggiore stabilità sradicando la criminalità e la violenza nelle strade, molte contraddizioni riguardanti l’assetto sociale vennero invece semplicemente “nascoste” sotto le apparenze di una metropoli resa più sicura con le maniere forti. Uno dei film che, dietro la confezione mainstream del genere, ha raccontato con ferocia il crescente dislivello economico di quel periodo è senza dubbio Ransom (id., 1996). Un fatto non inconsueto nel cinema di Ron Howard, autore molto spesso attento a mettere in scena la storia e la società americane mostrandone i conflitti interni, soprattutto quelli economico-sociali: film come Gung Ho (id., 1986), Cinderella Man (Id., 2005) o In the Heart of the Sea (id., 2015) ne sono gli esempi più lampanti. L’apertura di Ransom è sotto questo punto di vista a dir poco emblematica: un dolly riprende dall’alto un’ambulanza sfreccia a sirene spiegate lungo Central Park East. La panoramica dal bianco e nero vira immediatamente verso il colore mentre si scopre che il set principale è terrazzo di un attico di lusso. La distanza tra i ricchi di Manhattan e il resto della città, coloro che vivono più in basso, per strada, è rappresentata da Ron Howard con un semplice movimento di dolly.

Se il nucleo tematico del film è dunque già esposto nell’incipit, allo stesso modo anche la psicologia del protagonista Tom Mullen (Mel Gibson) viene sintetizzata dallo spot televisivo che i suoi ospiti sono stati riuniti per ammirare: sullo schermo del televisore vediamo infatti il padre di famiglia di oggi ma anche l’avventuriero del passato. Ma soprattutto introiettiamo che Tom è uno che non si arrende, ma che lotta fino all’ultimo. Il montaggio alternato permette allo spettatore di passare al “nemico”: in un interno spoglio assistiamo all’allestimento per la prigionia del giovane Sean (Brawley Nolte) e a tutto il necessario per poter ricattare suo padre Tom. La messa in scena della distinzione delle due squadre in campo è orchestrata da Howard soprattutto attraverso i dettagli: il modo in cui viene allontanato il reporter del Daily News venuto a punzecchiare il padrone di casa riguardo la tangente che avrebbe pagato per mettere fine allo sciopero ci introduce all’uomo di potere, deciso a fare di tutto per proteggere chi ama. Allo stesso modo il tatuaggio sul collo della cameriera Maris (Lili Taylor) divide simbolicamente i cattivi dai buoni, anzi i poveri dai ricchi. Anche la presentazione del detective della polizia Jimmy Shaker (Gary Sinise), colui che si rivelerà la mente dietro al rapimento, è piuttosto controversa: quando lo incontriamo infatti si sforza di calmare il poliziotto che sta maltrattando un ragazzo di colore appena ammanettato. Come in uno specchio deformato, nella scena successiva invece scopriamo l’ipocrisia di Tom, il quale al parco catechizza il figlio riguardo la competizione leale, lui che come scopriremo ha invece barato pagando quella tangente. Chi sono insomma i veri “cattivi” in Ransom? Alla fine vedremo che più di ogni altro discorso si tratta di un film sulla voglia di rivalsa sociale. Tema molto caro allo sceneggiatore (e romanziere) Richard Price.

La prima vera sequenza mainstream di Ransom è il rapimento di Sean alla Bethesda Fountain di Central Park. Scandita da un montaggio che aumenta progressivamente il ritmo fino a diventare drammatico, la regia di Howard adopera la macchina da presa in maniera nervosa, quasi convulsa. Ma come sempre la messa in scena del regista possiede un’anima dietro lo spettacolo: in questo caso è l’aerostato che si allontana in aria incontrollato, fino a infrangersi sul muro di un palazzo. Un dettaglio che aggiunge quel tocco di dramma che molto spesso rende il cinema di Howard superiore alla mera esecuzione. Da questo momento Ransom diventa una specie di partita tra due squadre che sono lo specchio di New York, se non addirittura l’America stessa. Il gruppo di rapitori rispecchia la gente comune, endemicamente incapace di unirsi e diventare una forza propulsiva: la banda non ha disciplina, non è coesa e appena organizzata. C’è che beve di nascosto, chi vorrebbe uccidere subito il bambino. La metafora è quella di classe lavoratrice che non sa più organizzarsi. Il vero rivoluzionario è proprio Jimmy, uno che vive nelle stesse strade di quelli che arresta. E’ uno che sa anche fare del bene, come dimostra il suo rapporto con Maris, la cui fragilità lo appassiona: “Sei spaventata dalla tua umanità…” le dice a un certo punto. La dualità densa di questo personaggio è qualcosa che non si trova facilmente in un film destinato a grandi incassi. Dall’altra parte il team dell’FBI comandato dall’agente Hawkins (Delroy Lindo) è efficiente, preciso, sa esattamente cosa fare. E’ lo strumento in mano alla classe dirigente, al suo servizio. Come a dimostrare che il denaro in America può comprare l’ordine…

Il primo tentativo di pagamento del riscatto da parte di Tom Mullen viene girato come un vero e proprio passaggio all’interno degli strati sociali di New York: l’uomo attraversa piscine comunali, si mescola per strada con dei senzatetto, è costretto a indossare abiti logori: Tom viene spogliato metaforicamente del suo status. Viene “abbassato” al livello dei rapitori. A smascherarlo definitivamente è proprio Jimmy, nell’intenso dialogo che i due hanno mentre guidano le auto che si pedinano a vicenda: “Perché me?” “Perché sei uno che si paga la via d’uscita…” Alla fine Tom viene smascherato: proprio il suo crimine passato ha messo a repentaglio la vita di suo figlio. Il monologo di Jimmy sui Morlock e gli Eloi inventati da H.G. Wells è dunque il centro simbolico del film, lo smascheramento finale della sfida tra classi sociali rappresentata da Ransom. Quando infatti il piano per recuperare i soldi fallisce Jimmy a sua volta viene smascherato: per lui è prima di tutto una questione di rivincita personale. “This guy will pay!”

Il problema è che Jimmy e gli altri non sono mai stati i veri cacciatori del film, e il ribaltamento narrativo del riscatto che si trasforma in taglia lo conferma. L’esposizione del denaro durante il messaggio di Tom in TV è l’esposizione del potere, l’esca e il nucleo intorno cui tutto ruota. Tom rivela la sua natura di predatore. Ma non lo è sempre stato in fondo? Il gioco di ruoli di Ransom è ambiguo e potentissimo. I due gruppi si sfaldano, la moglie di Tom gli si rivolta così come gli altri si rivoltano contro Jimmy. La trasformazione definitiva del detective avviene quando smette i panni del poliziotto e indossa quelli dell’uomo comune. Per il suo incontro segreto con Kate (Rene Russo) che si rivela brutale, violento, terminando con la maglietta insanguinata del figlio sulla volto della donna. Da questo momento la sfida è solo umana, come esplicita la scena intensa del confronto telefonico: Tom e Jimmy sono due fanatici che non ragionano più. L’unico momento nell’intero film in cui le due parti vengono mostrate sullo stesso piano è nella disperazione, quando sia Tom che Maris per un secondo pensano a farla finita.

Quando il piano per il riscatto crolla definitivamente ecco che i rapitori non riescono a restare uniti, e la loro natura rivela la legge che la regola: cane mangia cane. La sequenza della sparatoria per strada è durissima, raggelante (con buona pace di chi sosteneva, o ancora sostiene, che Howard è un cineasta leccato…). Il vero gesto di sconfitta per Jimmy non è aver ucciso i suoi compagni ma il dover stringere la mano a Tom per coprire la sua colpevolezza. E’ in quel momento che esita, non nello sparare agli altri. Ma la vittoria dei Mullen non è arrivata senza lasciar segni: l’intera famiglia di Eloi porta su proprio volto i segni dell’incontro con i Morlock, ne sono stati comunque scalfiti, soprattutto Sean che è ovviamente quello più debole e colpito. I due mondi non sono più così lontani…

… E infatti il confronto finale inizia proprio nell’altro mondo, a casa di Tom: i Morlock sono riusciti a penetrare il territorio degli Eloi. E quello che scopriamo è che Jimmy e Tom sono due facce dalla stessa medaglia, entrambi colpevoli e simboli di un capitalismo impazzito. Ed è infatti l’unico vero innocente Sean a rivelare la verità. Nella sparatoria finale i due rivali sono entrambi ricoperti di sangue, non si può più riconoscere i colpevoli dagli innocenti. Però possiamo ancora distinguere chi detiene il comando: è l’agente dell’FBI a proteggere Tom dai poliziotti, simbolo dell’istituzione che protegge sempre il potere. E Ransom si chiude con la macchina da presa che nel dolly verso l’alto torna ad allontanarsi nuovamente dalla terra dei Morlock…

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