Recensione a cura di Michele Monteleone
Grant Morrison è, indubbiamente, uno degli autori di fumetti più influenti del mondo. Appartiene a quell’infornata di grandi sceneggiatori britannici che, negli anni novanta, invase il mondo del fumetto americano e ne modificò drasticamente contenuti e portata culturale. In sostanza può tranquillamente essere considerato uno dei padri del fumetto moderno. Morrison è conosciuto per la particolare complessità delle sue trame, l’utilizzo di riferimenti all’esoterismo e alla numerologia. Sono dei veri spaccacervello anche i suoi lunghi archi narrativi su Batman e la Justice League, ma chi lo conosce sa anche che è in grado di sfornare piccoli capolavori di limpida semplicità e perfetta impalcatura narrativa. Mi vengono in mente, che potrebbero appartenere a questa seconda categoria, WE3, Klaus e, arrivando all’argomento di questa recensione, Happy!
La storia della serie marchiata Syfy, che giusto ieri Netflix ha portato qui in Italia, è tanto semplice quanto originale: una bambina viene rapita da Babbo Natale (un Babbo Natale sporco e cattivo) e Happy, il suo amico immaginario, un unicorno alato con grossi dentoni sporgenti, il manto blu e gli zoccoli rosa, va a cercare e a convincere il padre della piccola ad andarla a salvare. Se le vostre teste non sono ancora esplose, tranquilli, infatti di crani, Nick Sax (il campione scelto da Happy per salvare Hailey) ne farà saltare a mazzi. Infatti l’ex poliziotto dall’impeccabile curriculum e dal ferreo senso dell’onore, è diventato uno spregiudicato sicario, un alcolista, un bestemmiatore. Quindi quale migliore coppia potrebbe esserci se non un maniaco suicida/omicida e un tenero animaletto alato (che solo lui è in grado di vedere e ascoltare) per riuscire nella missione di salvataggio che, fatalmente, si intreccerà con un brutto affare di mafia in cui il buon Sax si trova invischiato? Infatti, se recuperare la figlioletta che ha abbandonato anni prima, mentre combatte contro continui attacchi di cuore e svariati stati allucinatori, non fosse abbastanza, Sax dovrà cercare di non farsi ammazzare dagli scagnozzi che il boss Blue e tutti gli altri criminali della città, gli hanno sguinzagliato addosso. La sua colpa è aver sentito una password, mormorata da uno degli uomini che è stato mandato a uccidere ora che ha abbandonato la polizia e fa il sicario. La password, in pieno stile Morrison, non è semplicemente la chiave per entrare in un conto corrente, ma un segreto oscuro e magico che darà il controllo del mondo criminale a chi ci mette per primo le mani sopra. Un po’ come la valigetta che recuperano per Marsellus Wallace all’inizio di Pulp Fiction e che contiene qualcosa di indicibile e luminoso, anche questo segreto criminale rimane avvolto in un mistico mistero per tutta la storia.
Happy! non si limita a prendere l’idea di Morrison e a portarla sul piccolo schermo, ma dà le redini della scrittura all’autore scozzese che debutta così alla sceneggiatura del primo e dell’ultimo episodio della serie e ci fa venire voglia di più Morrison in tv. La sceneggiatura prosegue come una discesa all’inferno in cui Sax è sempre più ferito e il mondo attorno a lui sempre più marcio, a tutto questo fa da contraltare l’ingenuità e il candore di Happy, candore che infine fa breccia nel cuore indurito di Sax. E l’ex-agente ha tutti i motivi per essere disincantato e tormentato, il mondo lì fuori è orribile e quello che ha visto nei suoi anni di servizio gli ha insegnato che nulla rimane puro, tutto viene corrotto, tutto marcisce spandendo morte in un ciclo vizioso infinito che può portare solo all’annientamento. La trama principale, l’ossatura della serie, potrebbe essere un classico noir con protagonista un investigatore alcolizzato, come ce ne sono molte nella letteratura, ma più Sax scava a fondo nella scomparsa della figlia, più il mondo attorno a lui si fa bizzarro. Così la città si popola di creature e personaggi sempre più strani caricaturali e una magia malata, che potrebbe essere il perfetto opposto di quella di una favola della Disney, permea nella realtà. Appaiono così demoni scarafaggio kafkiani, fabbriche cinesi in cui i biglietti nei biscotti della fortuna vengono indirizzati alle persone giuste, personaggi tanto malati da far sembrare un unicorno blu e rosa la cosa più normale che esista.
Dal punto di vista della regia, questa discesa in un mondo fantastico, è accompagnata da ogni tipo di “trucco” cinematografico. A partire dai flashback che si aprono in bianco e nero, con una fotografia e addirittura un sonoro che richiama lo stile dei film dei buoni sentimenti di Capra. Eccezionale e impietoso parallelo che questi segmenti creano tra le disgrazie natalizie di Sax e la redenzione di George Bailey eroe positivo e protagonista de La Vita è Meravigliosa di Frank Capra. È quasi doloroso veder sfumare la patina del film dei buoni sentimenti per scivolare nella crudezza della criminalità con cui ha a che fare il poliziotto. E ancora, sono geniali gli spezzoni dedicati ai risvegli di coscienza del nostro protagonista che avvengono sulla sedia di un talk show, uno di quelli pacchiani in cui ci si grida addosso, gli occhi strizzati per non essere feriti dalle luci ambientali sparate in faccia. Spassosa la scena della riunione del gruppo di autosostegno degli amici immaginari dimenticati dai bambini, ma si raggiungono vette inarrivabili quando la madre di una delle vittime di Sax, che è anche la protagonista di un reality televisivo, porta la troupe che la segue giorno e notte a vedere una medium. Medium che è una vecchia di ottanta anni con il fazzoletto in testa e che parla con accento del sud Italia, che comunica con i morti attraverso le statiche della neve del televisore. Infine, premia particolarmente la scelta di una ultra-violenza, quasi gore, sempre sulle note di motivetti natalizi, tanto per sfatare, ancora un po’ di più, lo “spirito del natale” che ci vorrebbe tutti più buoni.
Sono davvero ottime le animazioni di Happy che riesce a essere fastidioso e fuori luogo quanto il personaggio dovrebbe essere e gli fa da perfetto contrappeso la recitazione enfatica di Christopher Meloni che, prima di questo ruolo consideravo solo un ottimo caratterista, ma che veste agevolmente i panni del protagonista portandosi sulle spalle la riuscita del progetto, alternando registro comico e drammatico, riuscendo in entrambi i casi a risultare pienamente credibile.
Happy! Non è certo una serie per famiglie, non sembra sia neanche la classica storia di natale, ma, a modo suo, facendo un lungo giro e insozzandosi di sangue lacrime e liquido seminale, trova una sua morale rappacificante finendo per farci parteggiare per uno dei peggiori casi umani mai apparsi in tv. Sax è l’Ebenezer Scrooge di questa schizoide realtà contemporanea. Non lo Scrooge che ci meritiamo, ma quello di cui abbiamo bisogno.
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