The Post – Steven Spielberg, Meryl Streep e Tom Hanks presentano il film a Milano

The Post – Steven Spielberg, Meryl Streep e Tom Hanks presentano il film a Milano

Di Lorenzo Pedrazzi

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Steven Spielberg continua a fare il tifo per l’umanità, ed è una fortuna che ci sia ancora qualcuno disposto a crederci. The Post è così, una celebrazione orgogliosa dell’idealismo puro e genuino, incapace di sottostare all’arroganza del potere: in tempi di “giornali canaglia” e supposte fake news, la sua attualità è quantomai palese.

Come sappiamo, il film ricostruisce lo scandalo dei Pentagon Papers, pubblicati per la prima volta sul New York Times il 13 giugno 1971, e in seguito sul Washington Post: le migliaia di pagine, provenienti dal Dipartimento della Difesa americano, svelavano le strategie del governo statunitense in Vietnam, con tutte le menzogne raccontate ai cittadini da ben quattro amministrazioni. La trama si concentra però sul rapporto fra Katharine Graham (Meryl Streep), editrice del Post, e il direttore Ben Bradlee (Tom Hanks), impegnati a rincorrere il Times per esporre i segreti del governo. Così facendo, i due combattono una battaglia di civiltà che, superando le circostanze storiche, diventa universale; non solo per la libertà di stampa, ma anche per l’emancipazione femminile in un contesto quasi interamente maschile, dove Katharine deve prendere coscienza della sua autorità e rivendicare la libertà delle sue decisioni.

Questi temi sono stati al centro della conferenza stampa che si è svolta oggi pomeriggio a Milano, con Steven Spielberg, Meryl Streep e Tom Hanks: nove premi Oscar concentrati in tre leggende hollywoodiane. A proposito della libertà di stampa, il cineasta è stato chiaro:

La stampa libera è la guardia della democrazia. Questo mi è stato insegnato da piccolo, e resta una verità incontrovertibile. Ma se guardiamo al 1979, quando Nixon cercò di negare la libertà di pubblicare i Pentagon Papers, la corte suprema si pronunciò in favore del Times e del Post, per la prima volta dalla Guerra Civile: un atto inaudito. Penso che la stampa libera sia sotto attacco ancora oggi, quindi c’è una rilevanza assoluta tra i fatti del ’71 e il nostro presente.

In tal senso, non c’è da stupirsi che la stampa d’oltreoceano abbia visto in The Post un film estremamente significativo:

Abbiamo ricevuto un grande supporto dalla stampa americana. Una stampa che quasi quotidianamente deve respingere gli attacchi dell’amministrazione corrente, vedendosi affibbiare facili etichette come quella delle fake news. Ma il film ha incontrato consensi anche al di là del messaggio politico, grazie al personaggio di Katharine Graham, interpretata meravigliosamente da Meryl Streep. Katharine trova la sua voce in un mondo governato da uomini: il nucleo emotivo [della storia] è proprio questa figura di donna che riesce a essere se stessa e trovare la sua voce. Per la prima volta ho avuto modo di ritrarre un rapporto così complesso come quello tra Katharine e Ben, e per fortuna ho avuto due attori straordinari per farlo.

La grande attrice – non senza amarezza – ha spiegato che il suo interesse nei confronti di questa vicenda è nato anche da una serie di circostanze storiche:

La prima stesura [del copione] è stata scritta da Liz Hannah, ed è stata comprata sei giorni prima delle presidenziali… di conseguenza pensavamo che il film sarebbe stato uno sguardo nostalgico a quanta strada le donne hanno fatto finora, dato che tutti si aspettavano il primo presidente donna… poi però ci sono state le elezioni. Sono aumentate le aggressioni dall’alto verso la stampa e le donne, quindi [The Post] è diventato una riflessione su quanta strada NON abbiamo fatto… ma forse è meglio se mi fermo qui.

Il discorso si collega alla celebre campagna #metoo, che nasce dal desiderio di interrompere l’omertà sui casi di molestie sessuali, al fine di stimolare il cambiamento. Ma per quale motivo c’è voluto così tanto per arrivarci? Meryl Streep ha un’idea:

Perché c’è voluto così tanto per dire che bisognava farla finita? Perché gli esseri umani imparano molto lentamente. Credo non sia una battaglia nuova, ma per qualche ragione l’aria è cambiata: non solo a Hollywood, ma nell’esercito, nel congresso, in ogni posto di lavoro. In realtà, molte persone lavorano da anni su questi problemi, ma l’apertura c’è stata quando sono apparsi i nomi di grandi personaggi, attrici famose, nonostante le donne si battano da tanto tempo su questo fronte. Il coinvolgimento di Hollywood ha spinto la gente a farsi coraggio. Prevedo che ci sarà forse qualche passo indietro, ma poi si riprenderà ad andare avanti. Sono tempi molto entusiasmanti.

Anche Spielberg è stato interpellato sull’argomento e, pur ammettendo umilmente di non poter fornire una risposta definitiva, ha analizzato la situazione con una certa lucidità:

Le donne, nel corso della storia, hanno provato e spesso sono riuscite a rompere lo stampo che gli uomini hanno loro imposto. Lo hanno dimostrato durante la Seconda Guerra Mondiale, quando le donne si sono trovate a guidare le fabbriche, i cantieri navali e tutto l’apparato industriale… ma quando gli uomini sono tornati dal conflitto, le donne non hanno avuto la possibilità di capitalizzare questa leadership, non hanno visto riconosciuto il ruolo importante che avevano svolto, e sono dovute tornare nelle cucine. È una lotta di potere. Io non ho la competenza per dare risposte corrette, ma mi sento di dire che il problema è principalmente degli uomini, i quali non hanno ancora imparato a controllarsi e comportarsi in modo adeguato, ad accettare un no come risposta. Finché gli uomini non avranno imparato ad accettare un no come risposta, le cose non cambieranno. Spero che il film possa ispirare ogni donna a dire «Fan**lo, ora faccio come voglio io».

Tornando a The Post, alcuni si stupiscono che questa sia solo la prima collaborazione fra Spielberg e Meryl Streep. Il gioviale Tom Hanks ha commentato con ironia:

In tuti gli altri film che ho fatto con Steven, prima o poi arrivava sempre quel giorno in cui dicevamo «Mannaggia, sarebbe bello se Meryl Streep fosse qui»!

Il punto di contatto fra i due grandi attori è stata la compianta regista Nora Ephron:

Io e Nora Ephron eravamo molto amiche, come lei e Tom. Grazie a lei abbiamo avuto l’opportunità di conoscerci e lavorare insieme. Era di grande ispirazione per me. Ci manca molto.

Hanks ha parlato anche del suo personaggio, Ben Bradlee:

Il grande Ben Bradlee era un uomo molto competitivo, una bestia, con una grande passione e determinazione ad avere LA storia. All’epoca, il Post era in competizione con il Washington Star, ma l’idea che il Times avesse una storia che il Post non aveva era una cosa che teneva Ben sveglio la notte, lo faceva impazzire. Una delle scene più divertenti è quella in cui [i personaggi] stanno leggendo il rapporto del Times nella sala del consiglio, e lui dice: «Siamo secondi in casa nostra!». Una scena fantastica, perché lì c’era tutta la percezione della sfida.

Il regista ha aggiunto:

Il Post nel ’71 era il secondo quotidiano di Washington, dopo lo Star. Ma Ben aveva un grande appetito: per questo era così presuntuoso da mettersi in competizione con il Times, che era – ed è tuttora – il più grande quotidiano degli USA. Pensava a quale direzione dovesse prendere il Post perché fosse degno di avere lui come direttore. Poi, durante lo scandalo Watergate, Ben ha tolto ogni freno per stimolare Woodward e Bernstein nella loro indagine, spingendo Katharine a pensare in grande.

Una storia di coraggio, insomma, come ha sottolineato la stessa Meryl Streep:

Il film trae origine dal coraggio di Daniel Elsberg, un giornalista-soldato che ha decido di sfidare l’espionage act e di sottrarre i documenti del Pentagono, facendoli poi arrivare a Neil Sheehan del Times. Così, il pubblico è venuto a conoscenza di fatti terribili: quattro amministrazioni avevano mentito al popolo americano, e il quinto presidente stava facendo di tutto per sopprimere la libertà di stampa. Ma anche Katharine Graham ha compiuto un atto di coraggio. Nel 1971 c’erano pochissime giornaliste donne: le redazioni erano composte da uomini bianchi, mentre le donne facevano le segretarie. Katharine, in un certo senso, ha sfidato Nixon, anche se lei non era consapevole della sua autorità. È stata in grado di vincere il Pulitzer con la sua autobiografia. Se il coraggio può essere imparato? Katharine lo ha imparato, ma il problema è che non lo insegniamo alle nostre ragazze. E Ben è stato un uomo di grandissimo coraggio, posso dire anche spietatamente coraggioso, disposto a rischiare tutto per raccontare la verità. Lo imparò da ragazzo, quando a 20 anni era in marina e comandava un centinaio di uomini.

Ma Ben sapeva anche riconoscere l’autorità della sua editrice, come ha ricordato Hanks:

Ben non ha mai dimenticato che Katharine era il suo capo.

È proprio in questa sinergia che The Post trova il suo equilibrio: la condivisione delle responsabilità tra direttore ed editrice permette di sfidare il “sistema”, accettando i rischi di una guerra idealistica che, per Katharine, diventa una questione di crescita personale. Le performance brillanti dei due protagonisti danno corpo al dialogo delle opinioni, dietro al quale si cela una grande solidarietà umana.

Phil Graham, marito di Katharine, diceva che «una notizia è la prima bozza della Storia». Ebbene, The Post dimostra che quella bozza è stata ben sviluppata, e può fungere da esempio ancora oggi.

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