Se ce ne fosse ancora bisogno, ecco arrivare l’ennesimo esempio che Jason Blum e la sua società di produzione sono il meccanismo industriale che oggi a Hollywood funziona meglio. Soprattutto perché riescono a non ripetersi mai pur rimanendo sempre fedeli allo spirito e alla visione del loro modo di fare cinema. Il quarto episodio del fortunato franchise iniziato nel 2010 dalla coppia James Wan/Leigh Whannel (sceneggiatore e attore) si propone come nuovo, prezioso tassello delle avventure della sensitiva Elise Rainier, in quanto ripropone le coordinate estetiche e narrative dei precedenti capitoli ma ne approfondisce alcune tematiche con sorprendente profondità, considerato comunque che si tratta di un prodotto dal genere ben definito.
Diretto da Adam Robitel, Insidious: L’ultima chiave affronta infatti in maniera a tratti toccante un orrore molto più spaventoso e purtroppo reale, quello che avviene dietro le mura domestiche. Nell’esplorare attraverso i flashback il passato doloroso della giovane Elise, il film aggiunge alla confezione del prodotto inteso a spaventare un tono malinconico che risulta a tutti gli effetti la parte migliore dell’intera operazione, soprattutto quando nel finale si riallaccia alla trama per chiudere il cerchio della storia. Senza voler ovviamente arrivare a scrivere che Insidious: L’ultima chiave è un film che contiene tematiche sociali al proprio interno, rimane comunque il fatto che il suo affrontare la piaga della violenza domestica di cui spesso i figli sono loro malgrado vittime indifese è un qualcosa che impreziosisce il prodotto rendendolo più coinvolgente dei precedenti.
Lin Shaye si dimostra ancora una volta molto efficace nel dare volto e saggezza a Elise, l’anima pura della saga di Insidious. L’attrice è come sempre affiancata dai fedeli Leigh Whannell e Angus Sampson che contribuiscono ad alleggerire il tono del lungometraggio con i loro intermezzi comici/geek. Alla fine ciò che viene fuori dalla mescolanza di tutti questi elementi è un qualcosa di spurio ed affascinante, come del resto è sempre stata questa saga nella sua anima. Horror prima di tutto, certo, ma sempre con venature più leggere e un gusto per il kitsch che colora l’operazione di una sua particolare bizzarria. In più, la trama principale potrebbe aver aperto la porta in maniera piuttosto originale a una nuova serie si spin-off che eventualmente ne ringiovaniranno personaggi principali e avventure.
Che altro aggiungere su Insidious: L’ultima chiave? La sua forza primaria sta nell’essere esattamente il prodotto che il pubblico si aspetta e insieme un qualcosa di leggermente diverso, una variazione intelligente che contiene una sua originalità dentro il sistema estetico e narrativo predefinito. Insomma, una produzione perfettamente in linea con la politica della Blumhouse, e questo sembra ormai essere un marchio di fabbrica che, quando si tratta di horror, davvero non tradisce mai.
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