L’Insulto: il regista Ziad Doueiri a Roma per presentare il film!

L’Insulto: il regista Ziad Doueiri a Roma per presentare il film!

Di Andrea Suatoni

Abbiamo incontrato a Roma il regista Ziad Doueiri, il cui film L’Insulto è pronto ad arrivare nei cinema italiani a partire dal 6 Dicembre. Il regista libanese (ma anche americano in parte, ci tiene a dirlo) ha girato una pellicola che rispecchia uno spaccato della Beirut odierna, le cui vicende si riflettono sulla politica internazionale, e che hanno portato alcune fazioni estremiste a chiederne – inutilmente, per fortuna – la cancellazione dalle sale (avvenuta invece per il suo film precedente, The Attack) del mondo arabo.

Ziad Doueri, vissuto a metà fra il Libano e gli Stati Uniti, ha risposto alle domande della stampa rimanendo intelligentemente super partes all’interno di un tema delicatissimo come quello che viene affrontato nel film, dove una lite “condominiale” fra un cristiano libanese ed uno Yasser palestinese diventa il pretesto per evidenziare le radici di un conflitto tristemente ancora fin troppo attuale.

Da dove nasce questa storia? C’è un aspetto autobiografico ne L’Insulto?

Dietro questo film non c’è una motivazione unica, si tratta più di un mix di esperienze che ho vissuto in tutta la mia vita; principalmente però ciò che poi ha portato alla sceneggiatura è un incidente personale che mi è capitato 4 anni fa mentre ero a Beirut. All’epoca vivevo lì con mai moglie e la mia collezione di cactus. Mentre li innaffiavo, un po’ d’acqua è caduta al piano sottostante, un operaio che stava lavorando si è bagnato e abbiamo iniziato ad insultarci a vicenda. I toni sono presto diventati coloriti, arrivando ad avere profili razziali molto pesanti. Grazie a mia moglie ho capito il mio errore e mi sono scusato, ma una domanda mi è saltata alla mente: e se un incidente del genere avesse avuto un seguito legale? Se invece da una situazione inizialmente così sciocca e banale tutto fosse diventato sempre più grande e complicato? Nel Libano che conosco potrebbe davvero succedere, ne ho preso coscienza fin da bambino.

L’insulto professa un’idea politica particolare?

Assolutamente no. Subito dopo aver scritto il soggetto, l’ho presentato a mia moglie. Lei ha una formazione molto diversa dalla mia, idee politiche opposte alle mie, posizioni sulla religione diverse dalle mie. Abbiamo deciso di scrivere insieme la sceneggiatura, dividendoci in particolare le parti in tribunale: proprio come due avvocati avversi, ognuno ha scritto con il cuore ciò che credeva fosse meglio per il suo cliente. Ne risulta una sceneggiatura ben dosata, che racconta entrambi gli aspetti senza che uno prevarichi l’altro. Una narrazione, più che una critica.

Qual’è stata la reazione del pubblico arabo alla visione del film?

Una reazione fantastica. In molti ne sono stati entusiasti. Anche per questo film in realtà  c’è stato un forte tentativo di boicottaggio, ma stavolta, a differenza di The Attack, non avevo commesso alcuna violazione, quindi non è stato possibile trovare “scappatoie” da parte degli oppositori. Quasi tutto il mondo arabo ha avuto la possibilità di vedere il film, e chi ha deciso di recarsi al cinema lo ha adorato.

Dal punto di vista processuale, soprattutto nel metodo di costruzione della tensione, è stato influenzato dalla tecnica americana?

Il film si svolge in larga parte in tribunale. Io sono di “scuola” americana, dopo essermi trasferito a 19 anni ho frequentato la scuola di cinematografia di San Diego e poi ho lavorato ad Hollywood per molti anni come assistente: la mia formazione è totalmente americana. Ne sono stato influenzato in maniera fisiologica; gli americani hanno perfezionato il legal-drama, e ne sono sempre stato affascinato; l’aula di un tribunale inoltre era il luogo perfetto per presentare le contrapposizioni e le contraddizioni che volevo mettere in scena. E poi mia madre è un’avvocato, la materia legale ha fatto parte della mia infanzia.

Forse questo film sarebbe stato più “alla moda” attuale qualche anno fa, ma anche se per molti il tempo dei legal drama è passato, ho voluto tentare lo stesso. Ci sono moltissime scene in aula, e abbiamo cercato, col mio direttore della fotografia, di girare scene totalmente differenti l’una dall’altra.

Questa la sinossi ufficiale de L’Insulto, che il Libano presenta come proprio candidato agli Oscar nella categoria Miglior Film Straniero:

Un litigio nato da un banale incidente porta in tribunale Toni e Yasser. La semplice questione privata tra i due si trasforma in un conflitto di proporzioni incredibili, diventando poco a poco un caso nazionale, un regolamento di conti tra culture e religioni diverse con colpi di scena inaspettati. Toni, infatti, è un libanese cristiano e Yasser un palestinese.

Al processo, oltre agli avvocati e ai familiari, si schierano due fazioni opposte di un paese che riscopre in quell’occasione ferite mai curate e rivelazioni scioccanti, facendo riaffiorare così un passato che è sempre presente.

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