La Storia dietro un Frame: Il dottor Stranamore e quel piccolo, grande errore nei titoli di testa

La Storia dietro un Frame: Il dottor Stranamore e quel piccolo, grande errore nei titoli di testa

Di Filippo Magnifico

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I set dei film sono pieni di aneddoti più o meno interessanti. Alcuni sono noti, altri meno. Partendo da un frame, da una semplice immagine, si possono scoprire storie interessantissime, in alcuni casi straordinarie. Questo perché dietro il semplice fotogramma di una pellicola si può nascondere un mondo. È questo il caso del dottor Stranamore e del suo piccolo, grande errore nei titoli di testa.

È il 1962. Stanley Kubrick, reduce dal successo di Lolita, decide di dedicarsi ad un altro progetto. La fine della guerra e le tensioni russo-americane hanno impressionato molto il regista ed il timore di un possibile conflitto nucleare diventa un’ossessione. I suoi occhi cadono su un romanzo intitolato Red Alert, scritto da Peter George. Il libro parla dello scoppio di una guerra termonucleare dovuto a macchinazioni interne al governo. È la storia giusta.

Insieme al suo co-produttore, James Harris, Kubrick comincia a scrivere una sceneggiatura intitolata Edge of Doom (Sull’orlo del terrore), con l’idea di portare sul grande schermo una storia cupa e carica di tensione. Durante la lavorazione, però, il progetto prende un’altra piega.

Le situazioni troppo serie paradossalmente possono avere moltissimi lati comici. Durante la stesura della sceneggiatura i due si trovano a riflettere su questo. Lavorano giorno e notte e durante le pause scherzano, pensando a come una simile situazione drammatica sia anche in grado di possedere una carica comica. Nessuno però ha intenzione di esplorare quel lato. Entrambi sono convinti del fatto che la versione seria funzioni molto meglio. Permette agli spettatori di immedesimarsi nella storia, calandoli in un clima di tensione che più si addice ad un tema come la guerra termonucleare.

Ad un certo punto, però, Harris decide di abbandonare il progetto per dedicarsi alla carriera di regista. Kubrick accetta la sua scelta. Trovatosi solo, con una sceneggiatura da completare, decide di tentare il tutto per tutto. Ricomincia a scrivere il progetto prendendo come punto di riferimento la commedia. Nasce così, quasi per caso, Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba, una delle commedie più belle della storia del cinema.

Noi però non vogliamo soffermarci sul film o sul suo protagonista Peter Sellers. O per meglio dire vogliamo soffermarci sul film ma su un momento molto particolare che troppo spesso guardiamo senza la dovuta attenzione: la splendida sequenza di apertura e più nello specifico i suoi titoli di testa. Li state guardando? Bene, è arrivato il momento di schiacciare il tasto pausa e tornare, ancora una volta, indietro nel tempo.

È il 1963, Stanley Kubrick ha terminato le riprese e sta curando la sequenza di apertura con il suo fido collaboratore Pablo Ferro, un vero e proprio genio nel campo dei titoli di testa. I due discutono molto su quel momento, soprattutto su una cosa che ha notato Ferro: tutte le macchine inventate dagli uomini hanno un aspetto sessuale. Decidono di sfruttare quest’intuizione, immortalando nei primi minuti del film l’accoppiamento in volo di due B-52 (in realtà un rifornimento in volo), usando filmati di repertorio. Un momento molto suggestivo ma anche particolarmente problematico. La sequenza è bellissima ma Pablo Ferro ha serie difficoltà nel collocare i titoli di testa, perché distolgono lo sguardo da una sequenza praticamente perfetta.

A quel punto Ferro ha un’idea: riempire lo schermo con i titoli di testa, usando dei caratteri giganti, che possono permettere allo spettatore di osservare due cose contemporaneamente. A Stanley Kubrick l’idea piace e Pablo Ferro prepara al volo una versione non definitiva, con dei caratteri abbozzati, grezzi. Il regista la guarda e la trova perfetta così com’è, la prova diventa quindi definitiva, è quella che tutti noi conosciamo, è quella che tutti noi abbiamo imparato ad amare.

Il film fa il suo ingresso in sala, quel momento viene proiettato nei cinema di tutto il mondo, diventa con il passare del tempo uno degli opening più famosi della storia del cinema. Passano due mesi, o forse tre, Pablo Ferro si trova a casa sua e riceve una telefonata. È Stanley Kubrick, che gli dice:

Pablo, lo sai che hai dimenticato qualche parola?

Pablo Ferro capisce subito che si riferisce ai titoli di testa del film ed è vero, perché contengono un piccolo, grande errore: “BASE on the Book” invece di “BASED on the Book“. Del resto quelle scritte approvate da Kubrick non erano definitive, si trattava di una prova realizzata in fretta e furia da Ferro per rendere meglio la sua idea. Quel piccolo, grande refuso era sfuggito sia al suo sguardo che a quello di Kubrick. Poco importa, perché da un certo punto di vista rende ancora più prezioso quell’incipit. Ci insegna che tutti possono sbagliare, anche i migliori, e che un piccolo errore di certo non influisce sulla bellezza di un’opera.

Anche oggi siamo giunti alla fine del nostro appuntamento, anche oggi abbiamo scoperto che basta soffermarsi su di un singolo frammento di pellicola per scoprire un mondo. La settimana prossima ci attenderà un nuovo frame, una nuova storia.

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