La Storia dietro un Frame: Eraserhead e la “Porta del Tempo”

La Storia dietro un Frame: Eraserhead e la “Porta del Tempo”

Di Filippo Magnifico

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I set dei film sono pieni di aneddoti più o meno interessanti. Alcuni sono noti, altri meno. I più belli sono senza ombra di dubbio quelli che ci permettono di scoprire la magia del Cinema.

È sempre interessante constatare come determinate scene, scolpite ormai nell’immaginario comune, siano state concepite quasi per caso. Partendo da un frame, da una semplice immagine, si possono scoprire storie interessantissime, in alcuni casi straordinarie.

Questo perché dietro il semplice fotogramma di una pellicola si può nascondere un mondo. Una cinepresa può immortalare la realtà e allo stesso tempo distorcerla, dando vita a momenti potentissimi che, in alcuni casi, sono stati realizzati in pochissimo tempo, con mezzi di fortuna. È questo il caso della “Porta del Tempo” di Eraserhead.

Negli anni ’70 David Lynch era un giovane artista con un grande sogno: riuscire a dare una dimensione e un tempo alle sue opere. Per questo si era interessato al mondo della Settima Arte ed era già riuscito a farsi notare grazie ad una serie di cortometraggi sperimentali legati al mondo della pittura (si veda ad esempio Six Men Getting Sick, un loop di immagini proiettate su di una tela tridimensionale).

Eraserhead rappresenta il suo passaggio concreto al mondo del lungometraggio ma la sua produzione è stata particolarmente travagliata. Prima di tutto perché non c’erano abbastanza soldi per produrlo e tutto è riconducibile ad un piccolo ma enorme fraintendimento tra il regista e i finanziatori della pellicola. Lynch aveva consegnato una sceneggiatura di 20 pagine e, secondo una vecchia regola che attribuisce ad ogni pagina di script un minuto di film, la produzione aveva pensato che l’opera sarebbe stata un mediometraggio.

Non avevano, però, calcolato la concezione del tempo cinematografico di David Lynch. I momenti di silenzio, le scene dilatate all’inverosimile che da lì a qualche anno sarebbero diventate un vero e proprio marchio di fabbrica. Per questo, nel bel mezzo delle riprese, Lynch si ritrovò senza soldi, impossibilitato, quindi, a terminare la sua opera. Tra tira e molla vari, soldi recuperati nei più svariati modi, le riprese di Eraserhead sono durate circa 5 anni e c’è un aneddoto molto particolare riguardante una breve scena del film che mette in evidenza il duro lavoro (e la pazienza) di tutte le persone coinvolte.

Il protagonista del film Jack Nance percorre un corridoio, apre una porta ed entra in un appartamento. Due inquadrature distinte: il corridoio, con la porta che si apre; l’interno dell’appartamento e l’ingresso di Nance che chiude la porta. Due brevissimi momenti, girati a distanza di 18 mesi. Proprio così, subito dopo aver girato la prima parte della scena, la produzione si era dovuta fermare per mancanza di fondi. Jack Nance è riuscito ad entrare in quell’appartamento solo un anno e mezzo dopo e dato che il suo trucco non prevedeva l’uso di una parrucca ha mantenuto la bizzarra acconciatura del suo personaggio per tutta la lavorazione del film.

La magia del montaggio ha ovviamnte azzerato lo scorrere del tempo, conosciamo la verità dietro quel brevissimo frammento perché é stato lo stesso Lynch a confermarla, come dimostra questo estratto del libro Lynch secondo Lynch di Chris Rodley:

Mi piace parlare di Eraserhead, perché mi riporta ad uno dei più bei periodi della mia vita e ne conservo dei magnifici ricordi. Ma allora, quando ci ritrovavamo al verde, mi stupivo sempre che nel film rimanessero invariati tutti quegli elementi. […] In un’inquadratura Henry cammina nel corridoio, gira la maniglia della porta e… un anno mezzo dopo entra nell’appartamento.

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