Cuore, spaccata, calci volanti: Amazon presenta Jean-Claude Van Johnson a Parigi

Cuore, spaccata, calci volanti: Amazon presenta Jean-Claude Van Johnson a Parigi

Di Lorenzo Pedrazzi

Non so quale ricordo associate alla figura di Jean-Claude Van Damme, ma sono certo che ne abbiate almeno uno. Magari risale all’infanzia, e alle innumerevoli repliche televisive di film come Senza esclusione di colpi, Kickboxer o Timecop, che negli anni Novanta riuscivano ancora a guadagnarsi l’onore della prima serata. Personalmente, ricordo bene la retorica della voce narrante che annunciava gli spot, mentre i muscoli guizzanti di Van Damme si tendevano in calci volanti o altre prodezze, con la grazia di un’artista marziale (specializzato in Karate, Kickboxing, Muay Thai e Taekwondo) che ha studiato la danza classica per affinare la sua elasticità fisica. All’epoca si poteva stabilire un facile dualismo fra la tecnica di Steven Seagal, tutta prese di Aikido e movimenti essenziali, e la dinamicità plastica dello stesso Van Damme, ben più spettacolare e acrobatica, modellata sugli esempi di Bruce Lee e Yip Man. Ad accomunare i film di questi artisti marziali (ma il discorso vale anche per Chuck Norris e altri colleghi) c’era la tendenza a prendersi maledettamente sul serio, ben distante dai parossismi autoironici di Die Hard o dal buddy movie di Arma letale: gente come Seagal e Van Damme faceva cinema d’azione “puro”, sempre molto professionale sul piano atletico e poco interessato a scherzare sui propri cliché, in un periodo dove persino Schwarzenegger si rilassava con Un poliziotto alle elementari e Last Action Hero.

Una serie come Jean-Claude Van Johnson sembra ancor più paradossale, in relazione alla natura ruvida e seriosa di quei film. Bisogna però tenere in considerazione il clima di recupero nostalgico in cui viviamo, lo stesso che ha ispirato produzioni come The Expendables, Turbo Kid e Kung Fury: si rievocano i cult del passato con un’autocoscienza post-moderna, un’ironia più marcata e strizzatine d’occhio rivolte ai fan, oggi trentenni o quarantenni capaci di influenzare il mercato con le loro scelte commerciali. Così, quando lo sceneggiatore Dave Callaham è stato contattato dalla Scott Free per realizzare una serie con Jean-Claude Van Damme, la sua idea è sfociata subito nella metanarrazione: prendere l’attore belga e fargli interpretare se stesso, ma con l’aggiunta di una carriera segreta come spia internazionale. Jean-Claude Van Johnson – i cui sei episodi saranno disponibili su Amazon Prime Video dal 15 dicembre – è infatti una commedia d’azione che gioca sulla consapevolezza di sé, sul citazionismo e sugli ammiccamenti, innescando un cortocircuito tra realtà e finzione che permette a Van Damme di rilanciarsi nel panorama contemporaneo.

Confesso di aver sempre trovato interessanti le storie di artisti in declino, che dopo un periodo di grande popolarità scivolano nella disillusione, nell’anonimato o nella nostalgia paralizzante dei bei tempi andati. Jean-Claude Van Johnson comincia proprio da queste premesse, sfumando i confini che separano il JCVD attore dal JCVD personaggio. A Parigi, dove la serie è stata presentata in anteprima mondiale, Van Damme trasforma l’evento in una personalissima vittoria emotiva, consapevole di dover reinventare se stesso per sperare di riconquistare un ruolo nello showbiz contemporaneo. Non a caso, durante la conferenza stampa, l’attore belga sfrutta una metafora molto chiara per descrivere la sua carriera: «Sono stato sulle montagne russe, prima ero in cima e poi sono sceso giù» dice con sincerità.

Come accennato in precedenza, la serie immagina che Van Damme abbia utilizzato i suoi impegni cinematografici come copertura per il suo vero lavoro, quello di agente operativo presso l’intelligence americana: la sua manager Jane (Phylicia Rashad) è in realtà uno dei capi di quest’agenzia segreta, mentre la sua parrucchiera Jane (Kat Foster) è un’altra spia sotto copertura, con cui Jean-Claude ha intrattenuto una relazione amorosa. Ormai in pensione, l’ex divo vive le sue giornate in solitudine, finché non incontra Vanessa per caso e decide di riconquistarla, seguendola in missione sul territorio bulgaro. JCVD torna quindi in azione per sgominare un traffico di droga, interpretando al contempo il protagonista in un’assurda rilettura action de Le avventure di Huckleberry Finn.

La conferenza stampa è moderata da Callaham, sceneggiatore di The Expendables e soggettista di Godzilla, ora al lavoro sul copione di Wonder Woman 2. Come prevedibile, la chiacchierata diventa una celebrazione di Van Damme, vero e proprio mito sia per Callaham sia per il regista Peter Atencio, entrambi cresciuti con i suoi film. L’attore belga sembra cosciente che Jean-Claude Van Johnson rappresenti una grande occasione: da tanti anni, infatti, JCVD non si presentava di fronte a un pubblico così vasto. D’altra parte, grazie alla piattaforma streaming «possiamo raggiungere 200 paesi, è come uno tsunami». Niente a che vedere con le produzioni direct to video in cui molti suoi colleghi sono stati relegati. Ma, soprattutto, è un’opportunità per lavorare su se stesso, a un livello molto intimo e autoironico: «Per questo ruolo ho pensato ai miei film, certo, ma soprattutto alla mia vita. C’è una realtà al centro, e doveva essere molto verosimile in quel senso». A tal proposito, non c’è da stupirsi che Van Damme abbia particolarmente a cuore il film JCVD di Mabrouk El Mechri, altro prodotto dove interpretava se stesso: «JCVD è quello che consiglierei per vedermi recitare» dice l’attore. «Per la prima volta sono stato fiero di aver recitato in modo veritiero. Senza esclusione di colpi è stata una cosa fisica».

Jean-Claude Van Johnson, insomma, prosegue su quel tracciato in modo più giocoso e divertito, ma è palese che per Van Damme ci sia qualcosa di più: una rivalsa personale e la realizzazione di un sogno. L’attore racconta di aver promesso a sua madre che un giorno sarebbe tornato in un grande cinema da protagonista, e che sarebbe accaduto in una città importante come Parigi: ebbene, il sogno si è concretizzato quella sera stessa, al Grand Rex della capitale francese, la sala cinematografica più grande d’Europa. Dove il buon Jean-Claude si è presentato con la mamma:

La premiere è una grande festa cui sono stati invitati anche vari fan, che rumoreggiano ed esultano di fronte alle imprese del loro eroe sullo schermo, e accolgono il primo calcio volante con una baraonda. La proiezione comprende i primi tre episodi, dove l’approccio della serie appare subito chiaro: oltre all’autoironia di Van Damme, lo show mette in campo una satira di Hollywood e delle sue “mode”, come si evince dai film che vengono offerti al protagonista – in una scena che ricorda la comicità di College Humour – e da quello che si trova effettivamente a girare. Alcuni passaggi narrativi sono davvero goffi (soprattutto l’incontro con Vanessa nel primo episodio), ma le idee brillanti non mancano e i tempi comici sono ben gestiti, anche grazie all’esperienza di Atencio con Key & Peele. Emergono inoltre alcune soluzioni di montaggio particolarmente efficaci, come lo stacco fra le scene del film girato da Van Damme e il loro backstage con il green screen, che mette in ridicolo gli espedienti più comuni del cinema hollywoodiano. I riferimenti al passato dell’attore sono fondamentali, e Timecop viene posto al centro di una gag ricorrente che cita l’annoso paragone con Looper. L’impressione è che si tratti sostanzialmente di un’unica trama suddivisa in sei parti, come un lungo film in continuità narrativa. «Vedrete tre episodi insieme, ma è come se fossero metà film» aveva infatti rivelato l’attore in conferenza stampa, affermando inoltre di essersi ispirato a Louis de Funès per il lato comico. «È un’unica storia».

Non è difficile immaginare l’appeal che questa serie ha esercitato su Amazon, elogiata ripetutamente sia da Atencio sia da Van Damme per la libertà creativa concessa agli autori: Jean-Claude Van Johnson ha quello spirito furbo ed egoriferito che caratterizza molte opere post-moderne, concepite per rielaborare il passato in veste più ironica e consapevole. Non sorprende, quindi, che JCVD venga “messo in scena” più nel ruolo di icona che in quello di individuo, e che ogni cliché del suo personaggio sia valorizzato nei minimi dettagli, insistendo sui tópoi del suo cinema (la spaccata, i calci volanti, i nemici che piroettano su loro stessi quando vengono colpiti…). È l’opera di un fan che si rivolge a una platea di altri fan, e la conferma giunge dalle parole del protagonista: «Dave è cresciuto con i miei film, sua mamma era appassionata di arti marziali. Sono stato fortunato ad avere uno sceneggiatore che mi capisse». Quando Jean-Claude Van Damme attraversa il corridoio centrale del Grand Rex accompagnato dalle urla degli spettatori, o assesta un calcio frontale per farsi immortalare dai fotografi, è sicuro che la sua figura conti ancora qualcosa nell’immaginario collettivo. E chissà che Jean-Claude Van Johnson non lo aiuti a consolidarla, o magari a trasmetterla alle nuove generazioni.

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