Recensione a cura di Adriano Ercolani, New York
Bentornato Denzel!
Non che il grande Washington sia mai scomparso dai nostri radar, sia ben chiaro. Ma dopo Fences – Barriere ecco arrivare un altro film che testimonia il ritorno dell’attore all’impegno, una diversificazione fondamentale rispetto agli ultimi anni di carriera (quasi) interamente dedicati all’intrattenimento. In Roman J. Israel, Esq. – nuova regia di quel Dan Gilroy che già ci aveva regalato lo stuzzicante Lo sciacallo – il protagonista È il film, e sotto più di un punto di vista.
Nella storia di questo avvocato specializzato nei diritti civili che si trova più o meno costretto a perdere la propria “vocazione” per seguire la strada facile del denaro, in filigrana si può infatti scorgere proprio Denzel Washington, a inizi di carriera esploso come icona di impegno civile grazie a film quali Grido di libertà, Glory, Philadelphia e soprattutto Malcolm X, e in seguito “ritiratosi” dentro produzioni hollywoodiane più redditizie e conservatrici. L’attore per primo sembra aver sentito questo parallelismo con il suo personaggio, e lo ha infatti interpretato con un’adesione mimica ed emotiva di spessore inusitato. Grazie a una prova che si focalizza sul corpo sgraziato, sulla mimica nervosa, sullo sguardo malinconico del ruolo, Washington riesce a esprimere la vita interiore complessa di Roman senza mai eccedere in inutile istrionismo, lui che spesso predilige lasciar intravedere l’interprete dietro la maschera del ruolo. Il che succede anche questa volta, è praticamente impossibile che Washington cambi stile di recitazione dopo tutti questi anni e tutti i suoi (strameritati) successi. Però in questo caso a trasparire non sono tanto il suo carisma quanto un sorprendente tono dimesso, quasi apologetico, perfetto per impreziosire la parabola morale che in fondo rappresenta Roman J. Israel, Esq.
Detto della grandiosa prova di Denzel Washington, bisogna anche scrivere che il film di Gilroy possiede anche altre qualità. La sceneggiatura scritta dallo stesso regista pur non brillando di originalità si rivela però molto precisa nella definizione di situazioni e psicologie. A risultare meno convincente è forse l’aspetto del thriller che si sviluppa maggiormente nell’ultima sezione della trama, mentre come dramma umano il film convince in più di un’occasione. Per quanto riguarda il cast di attori una menzione particolare merita un sempre più convincente Colin Farrell, stringato e preciso nel caratterizzare un altro avvocato rigoroso nel suo lavoro. È proprio in questa e nelle sua altre sue interpretazioni di supporto più recenti che Farrell sta dimostrando una maturità attoriale che prima non gli riconoscevamo.
Roman J. Israel, Esq. è un prodotto strano, che gioca sull’equilibrio instabile di toni e storie che si intersecano tra loro. Il risultato è alterno ma affascinante. Un film prima di tuto di atmosfere ed attori. E sotto questo punto di vista centra pienamente il bersaglio.
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