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Stranger Things 2 – Abbiamo visto il primo episodio a Milano, con David Harbour come ospite speciale

Pubblicato il 26 ottobre 2017 di Lorenzo Pedrazzi

L’entusiasmo di un bimbo e la saggezza di un attore consumato: David Harbour ha sorpreso tutti nella serata di ieri, quando Netflix ha proiettato il primo episodio di Stranger Things 2 al Palazzo del Cinema di Milano, di fronte a una platea di fan e giornalisti che avevano ancora in bocca il sapore dei waffle e delle Dr. Pepper. I lunchbox consegnati all’ingresso racchiudevano svariate leccornie made in USA come Reesy’s, Milky Way e Butterfinger, snack ideali per calarci nell’atmosfera di Halloween… ma immaginate il nostro stupore quando, al termine della proiezione, Harbour ha fatto capolino in sala per chiacchierare con il pubblico. Netflix sa bene come mantenere un segreto, evidentemente.

Il segreto, però, dobbiamo mantenerlo anche noi: non si possono fare spoiler sul primo episodio (vi rovinerebbero il divertimento), quindi mi limito a dirvi che la puntata getta le basi per un mistero più ampio e ramificato, esplorando al contempo le ripercussioni degli eventi precedenti. L’effetto nostalgia resta intatto grazie all’accurata selezione musicale e all’introduzione del Palace, la sala giochi frequentata da Mike (Finn Wolfhard), Dustin (Gaten Matarazzo), Lucas (Caleb McLaughlin), Will (Noah Schnapp) e Max (Sadie Sink), la loro nuova compagna di scuola, appena arrivata in città con l’inquietante fratello Billy (Dacre Montgomery). Ci si diverte, ma dietro l’apparente spensieratezza dei giovani protagonisti si cela una minaccia strisciante: le zucche di Hawkins marciscono in strane circostanze, mentre Will continua a sperimentare terrificanti visioni dal Sotto Sopra. E la scena finale vi farà sussultare dall’emozione, com’è successo a molti spettatori in sala.

Detto questo, è il caso di tornare al buon David Harbour. L’attore americano, giacca scura e Coca-Cola in mano, è stato accolto da un’ovazione quando è entrato in sala, e ha salutato la platea con uno squillante «Ciao!». Le sue prime parole sono state per Chief Hopper, personaggio che nella prima stagione era «morto dentro», ma che in seguito «si sveglia» perché gli hanno mentito e il suo orgoglio è stato ferito: da quel momento, prende in mano la situazione e si attiva per indagare.

Era il miglior copione televisivo che avessi mai letto. Sono cresciuto con quei film degli anni Ottanta, come Indiana Jones, E.T. e I Goonies… la sceneggiatura aveva la stessa magia. È una cosa che manca nel cinema di oggi, ma i fratelli Duffer hanno saputo coglierla.

Harbour ha amato le contraddizioni di questo insolito eroe, ed è stato ben felice di tornare all’epoca che per lui (nato nel 1979) rappresenta l’infanzia, ovvero gli anni Ottanta: «Mi identifico molto con Will, perché ero molto nerd e amavo Dungeons & Dragons. È stata una gioia lasciarmi ritrasportare a quel tempo». L’attore ha citato il telefono di Joyce (Winona Ryder) come oggetto catalizzatore della sua nostalgia, poiché sua madre ne aveva uno uguale, lo usava di continuo e lui inciampava nel filo. Spesso si ritrova a dover spiegare ai quindicenni di oggi come funzionava quell’aggeggio, quando lo fermano per strada.

D’altra parte, Stranger Things è “l’incontro fra l’ordinario e lo straordinario”, come hanno detto i fratelli Duffer in un’intervista, e Harbour è d’accordo: «Come attore, cerco di rivelare lo straordinario con l’ordinario», in modo che traspaia anche nelle persone, come lo stesso Hopper. E qualcosa di straordinario è accaduto anche nella sua carriera: «Il mio ruolo a Hollywood è sempre stato quello del cattivo o del comprimario, ma i fratelli Duffer hanno visto in me qualcosa di diverso e di più profondo». Il merito è anche delle maggiori libertà creative concesse da Netflix, poiché «un network non mi avrebbe preso per quel ruolo».

A proposito di carriere, Harbour ha le idee molto chiare quando parla di Millie Bobby Brown e degli altri giovani talenti del cast. «Millie è molto fortunata perché ha l’opportunità di lavorare con me!» scherza, ma poi aggiunge: «Voglio che cresca per diventare la nuova Meryl Streep, ma io ho il dovere di fare lo zio scontroso che le dice “Brava, ma devi ancora fare un duro lavoro per sviluppare il tuo talento e la tua mente”». Per questo, Harbour preferirebbe che la stampa non rivolgesse loro troppa attenzione, per non rischiare che sprechino le loro capacità. Poi, tornando alla sua carriera, ha risposto a una domanda sul nuovo Hellboy che lo vedrà protagonista:

Amo i fumetti di Hellboy e anche i due film che ne sono stati tratti, ma questo reboot ci offre la possibilità di fare un Hellboy più horror, violento e tormentato. Amo la mitologia dei supereroi, e volevo farne parte interpretando un supereroe più oscuro e complicato.

Per concludere, Harbour ha confermato che quello visto nella prima foto non è il suo vero fisico, si tratta di un trucco prostetico. Beh, nessuno si aspettava da lui una muscolatura del genere: Chief Hopper sarà pur bravo a rifilare cazzotti, ma è con l’intuito e la determinazione che potrà risolvere i misteri del Sotto Sopra.

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