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Flash rinasce a nuova vita nella premiere della stagione 4: la recensione

Pubblicato il 12 ottobre 2017 di Lorenzo Pedrazzi

Una genesi lunga tre stagioni: da Batman Begins in poi, i cinecomic hanno prestato molta più attenzione alle origini dei supereroi, narrandone con cura i primi passi per ritrarne la crescita progressiva, sia in termini caratteriali sia in termini “iconici”; The Flash, però, ha portato il discorso su un livello quasi parossistico, dedicando ben tre stagioni – per un totale di 69 episodi, senza contare le apparizioni nelle altre serie – a una origin story che si è conclusa nello scorso finale, quando Barry (Grant Gustin) è entrato nella Speed Force per garantirne la stabilità, consegnando Central City nelle mani dei suoi amici. Un lunghissimo racconto formativo, questo, che ora può dirsi concluso, perché The Flash Reborn segna un nuovo inizio per il Velocista Scarlatto, evolutosi finalmente nel Flash maturo e consapevole dei fumetti DC.

Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER

Sono trascorsi sei mesi dal sacrificio di Barry, e la squadra degli S.T.A.R. Labs è ormai guidata da Iris (Candice Patton), mentre il “braccio armato” è composto da Cisco / Vibe (Carlos Valdes), Wally / Kid Flash (Keiynan Lonsdale) e Joe (Jesse L. Martin). Mancano all’appello sia Julian (Tom Felton), tornato in Inghilterra, sia Caitlin (Danielle Panabaker), che ora lavora in un bar. Dopo aver catturato Peek-a-Boo (Britne Oldford), gli eroi affrontano la minaccia di un samurai mascherato che pretende di combattere Flash, altrimenti distruggerà la città con la sua katana, in grado di generare potenti onde d’urto. Cisco ha lavorato segretamente a un sistema per liberare Barry dalla Speed Force, e ottiene l’aiuto di Caitlin, nonostante lei e il suo alter ego Killer Frost siano al servizio di un misterioso criminale chiamato Amunet. Comunque, nonostante lo scetticismo di Iris, il piano riesce: Cisco rispolvera il bazooka che può aprire un portale nella Speed Force, e riporta Barry sulla Terra dopo averlo sostituito con una replica della sua traccia genetica.

Il Barry che piomba a Central City, nudo, correndo ad altissima velocità fino in campagna, non è però lo stesso che ricordiamo. Confuso e (in apparenza) delirante, dice frasi sconnesse che sembrano prive di senso, ma che in realtà sono tratte dal suo passato e dal suo futuro; c’è persino un riferimento a The Trial of the Flash, quindi non è da escludere che la serie voglia procedere in quella direzione. Inoltre, Barry disegna ossessivamente strani simboli sulle pareti, e quando Cisco riesce a decifrarli scopre una frase piuttosto insolita: “This house is bitchin’“. Nessuno sa cosa significhi. Dal canto suo, Wally decide di affrontare il samurai con il costume di Barry, ma viene facilmente sconfitto. Con le sorti della città in bilico, Iris fa una mossa disperata: si lascia rapire dal supervillain, sperando che l’urgenza di salvarla induca Barry – ora rinchiuso in una cella dell’acceleratore – a tornare in sé. Il piano funziona: non appena Joe gli comunica la notizia, Barry piomba fuori dalla cella, afferra la nuova uniforme confezionata per lui da Cisco e corre a una velocità inusitata per raggiungere il samurai. Caitlin nota che nessun velocista è mai stato così rapido: ora Flash è davvero l’uomo più veloce del mondo. L’eroe abbatte il samurai (che vola con un jetpack) in un campo di pale eoliche, salvando così Iris. Ormai a terra, il samurai si rivela essere un sofisticatissimo robot. La squadra può quindi riformarsi: Barry e Iris tornano insieme, mentre Caitlin rientra negli S.T.A.R. Labs, anche se Amunet e Killer Frost non hanno alcuna intenzione di lasciarla in pace. Altrove, il Pensatore (Neil Sandilands) e la sua assistente Blacksmith (Katee Sackhoff) sono soddisfatti di come sono andate le cose: il samurai, infatti, è stato costruito dal Pensatore per costringere il Team Flash a far tornare l’eroe, che evidentemente rientra nei piani del supercriminale. Quando Blacksmith gli chiede quale sarà la loro prossima mossa, il Pensatore le risponde: «Sto pensando…».

Come spesso accade in questa serie (e in altri prodotti simili), gli snodi “pseudo-scientifici” di The Flash Reborn sembrano quasi prendere in giro il pubblico con un finto linguaggio tecnico piazzato al posto giusto, utile per sviare l’attenzione dai risvolti narrativi più affrettati: così, il ritorno di Barry dalla Speed Force fa sorridere per la sua elementarità, e lo stesso discorso vale anche per la repentina “presa di coscienza” dell’eroe quando Iris viene rapita, passando istantaneamente dal caos mentale alla lucidità di pensiero. La gabbia dei 40 minuti impone certe semplificazioni, ma la rinascita del Velocista Scarlatto ha qualcosa di talmente fresco e liberatorio da relegare in secondo piano anche le suddette lacune: l’episodio, in effetti, rievoca quel senso di eccitazione e meraviglia che caratterizzava la prima stagione di The Flash, risalendo alle radici dello show per archiviare i balbettii del passato; non a caso, il piano di Cisco si svolge sulla pista d’atterraggio dove Barry testò per la prima volta i suoi poteri, luogo simbolico per l’eroe e per la serie stessa.

The Flash Reborn ha il merito di concentrarsi su questo elemento più che sulle sfumature da soap opera, che rallentano la narrazione solo in pochi casi sporadici (dove Iris si conferma l’anello debole del gruppo, per quanto i suoi dubbi fossero sensati: i suoi sforzi per andare avanti e “continuare a correre”, come le aveva detto Barry prima del sacrificio, rischiavano di essere vanificati da false speranze). Di conseguenza, le scene d’azione sono di ampio respiro e sfruttano la grafica digitale per superare i limiti della macchina da presa, simulando long take impossibili che seguono Flash (nel finale) e Kid Flash (nello scontro con Peek-a-Boo) in corse forsennate senza stacchi di montaggio, anche se la CGI non vanta lo stesso budget di altri prodotti televisivi più lussuosi. Torna quindi un divertimento genuino e naïf, dove ci si esalta per la rinascita dell’eroe nell’istante di massima crisi, e il dialogo fra avventura e sentimenti non è appesantito da un eccessivo melodramma. Suona quasi come un mini-reboot, ed effettivamente la serie riparte su basi nuove, con un eroe più adulto, consapevole dei suoi poteri, e un antagonista che lo sfida con abilità finalmente diverse dalle sue: l’epilogo con il Pensatore è molto intrigante nella sua brevità, e imposta uno scontro imprevedibile tra “l’uomo più veloce del mondo” e “la mente più veloce del mondo”. L’inizio, per ora, è incoraggiante.

Voto: ★★★★

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