Cinema Rubriche Interviste

EXCL – Il regista Lee Unkrich ci parla di Coco, il nuovo film Pixar

Pubblicato il 26 ottobre 2017 di Redazione

Intervista a cura di Adriano Ercolani

Dopo essere diventato uno dei nomi di punta della Pixar grazie a capolavori come Monsters & Co., Alla ricerca di Nemo e gli ultimi due capitoli di Toy Story, Lee Unkrich ha realizzato con Coco il suo film più coraggioso. Al centro della storia Miguel, giovane che decide di seguire la sua passione per la musica nonostante la sua famiglia abbia bandito le note della chitarra da anni. E lo farà fin nella Terra dei Morti, dove incontrerà i suoi antenati e insieme a loro, nonostante tutto, proverà a mantenere salde le proprie radici e insieme rendere reale il proprio sogno.
Abbiamo in contrato Unkrich proprio negli studi della Pixar a Emeryville, appena fuori San Francisco. Ecco cosa ci ha raccontato di Coco:

Partiamo dal principio: come nasce Coco?

Abbiamo iniziato a lavorare al film appena finito Toy Story 3, ero affascinato dall’iconografia legata al Giorno dei Morti in Messico, così ne ho parlato a John Lasseter e mi ha dato l’ok per sviluppare il progetto. Mi affascinava l’immagine di questi scheletri in mezzo a così tante luci e colori vivaci. Andando avanti con le ricerche ho scoperto quanto la festa sia legata al concetto di famiglia, e anche se non sapevamo bene che storia avremmo raccontato, abbiamo capito che ne sarebbe valsa la pena, che avremmo realizzato qualcosa di mai tentato prima alla Pixar. È la prima volta infatti che facciamo un film così specifico a livello culturale.

Come vi siete mossi per rispettare al meglio la cultura in questione?

Sono sicuro che il pubblico scoprirà molte cose sconosciute della cultura messicana, e allo stesso tempo potrà relazionarsi con sentimenti universali, che accomunano ogni società o credo religioso. Ho sentito la pressione di non possedere una cultura latinoamericana e fare comunque il film. Siamo stati molto attenti a raccontare la storia con autenticità e rispetto della sua civiltà di appartenenza. Questa volta abbiamo adottato un nuovo processo di sviluppo, abbiamo mostrato il film agli altri addetti ai lavori della Pixar mentre lo realizzavamo, passo dopo passo, in modo di essere sicuri che stavamo lavorando nel modo migliore. Abbiamo avuto tre consulenti principali. Una donna che lavora a stretto contatto con l’ambiente musicale messicano, un commediografo latinoamericano e un cartoonist messicano-americano.

Non eravate preoccupati dall’idea che il tono sarebbe stato troppo lugubre?

Sapevamo che il cuore del film non doveva essere spaventoso o parlare soltanto di morte, ma avrebbe dovuto esporre la voglia di conoscere le proprie radici, di scoprire da dove proveniamo. L’aldilà che volevamo rappresentare doveva essere gioioso, esporre l’idea che la morte non è qualcosa da temere soltanto. La maggior parte delle volte quando iniziamo a pensare a un film non sappiamo quale sarà il tono, nel caso di Coco all’inizio sapevamo soltanto che volevamo ambientare la storia nel Giorno dei Morti. Poi abbiamo iniziato a sviluppare ai personaggi, e attraverso essi la storia ha trovato il suo modo di emergere. Spesso il tema del film si rivela quando abbiamo finito di scriverlo, ma nel caso di Coco l’idea di dover ricordare i propri antenati e rendere lodo omaggio si legava perfettamente con il punto di partenza, il Giorno dei Morti. Non abbiamo una lista preconfezionata di temi che vogliamo affrontare qui alla Pixar, vogliamo solo fare film che possano piacere a un maggior pubblico possibile, quelli che noi stessi vorremmo vedere in sala. Alla Pixar cerchiamo di sviluppare la storia di personaggi ben conosciuti e amati dal pubblico, come ad esempio Toy Story, ma proponiamo anche storie nuove e il più possibile originali. Pensate ad esempio a Inside Out prima di Coco!

Cosa ha provato quando nel 2014 è uscito The Book of Life, che ha la stessa ambientazione?

All’inizio ammetto di essere rimasto un po’ deluso, mi sono preoccupato perché pensavo che stessimo facendo qualcosa di assolutamente originale. Quando ancora non sapevo di cosa parlasse avevo paura che avremmo raccontato la stessa storia. Poi il film è uscito e abbiamo tirato un grosso sospiro di sollievo perché anche se ci sono delle similitudini a livello visivo per via del Giorno dei Morti i film raccontano storie totalmente diverse. Il tema centrale del nostro prodotto è il rapporto di Miguel con la famiglia, che purtroppo per motivi a lui oscuri non asseconda la sua passione per la musica. Ma lui continua ad amare i suoi cari, per lui è un gran dilemma. Alla fine siamo diventati amici con il regista Jorge Gutiérrez, abbiamo supportato il suo film e lui ha fatto lo stesso con il nostro.

Ci sono film che vi hanno ispirato nel realizzare Coco?

Abbiamo visto ogni possibile film mai fatto sull’aldilà. Alcuni li abbiamo amati, molti invece non ci sono piaciuti. Volevamo fare qualcosa che non era mai stato realizzato prima, non abbiamo avuto un film specifico in mente. Per quanto riguarda il colore invece la mia influenza è stato il regista francese Gaspar Noé, che adopera le dominanti cromatiche in maniera molto particolar enei suoi film.

A proposito di colore, come avete creato il fantasmagorico aldilà che vedremo nel film?

Le mie idee principali erano che il Mondo dei Morti doveva avere molte e diverse epoche rappresentate, l’iconografia principale che il mondo consce riguardo il Giorno dei Morti, soprattutto l’arte di Juan Guadalupe Posada, che visse in epoca vittoriana e contribuì in maniera fondamentale alla creazione dell’immaginario del Giorno dei Morti.

E per quanto riguarda la musica?

Una volta capito che in Coco ci darebbe stata molta musica, specialmente suonata con la chitarra, ho espressamente chiesto che i suoni e l’animazione fossero totalmente realistiche a riguardo, così abbiamo preso dei professionisti della chitarra e filmato da ogni possibile angolazione mentre suonavano, in modo poi da riprodurre al meglio sia l’acustica che la performance fisica.

Coco esce in un momento storico/politico in cui i rapporti tra Stati Uniti e Messico non sono propriamente idilliaci, dopo che Trump ha minacciato di costruire il fantomatico muro…

È molto interessante che questo film esca proprio ora, anche se non era voluto poiché ci lavoriamo da sei anni, quando l’America ma il mondo intero direi erano posti completamente differenti. È vero d’altronde che oggi i tempi sono più complessi e il film uscendo oggi può essere ancora più interessante da vedere. Tutto quello che posso dire è che ci siamo impegnati al massimo perché Coco celebri una grande cultura, e lo fa con amore profondo. Penso che oggi abbiamo bisogno di storie come questa, in modo da poterci capire meglio e provare empatia l’uno nei confronti dell’altro. Forse attraverso il raccontare storie come questa potremmo cominciare a risolvere alcuni dei problemi che abbiamo.

Ultima domanda: cosa rende speciale lavorare alla Pixar?

Dopo aver vissuto a Los Angeles per tanti anni sono sempre più felice di essermi trasferito qui a San Francisco per lavorare alla Pixar. Non ci sono molti posti lontano da Hollywood dove fare film di questo genere, siamo fortunati ad avere sia la nostra società che la Lucasfilm in questa zona. A Los Angeles tutti sono attori, sceneggiatori o produttori. Qui quando vai a cena fuori sei circondato da persone normali, sei lontano dall’industria.

Coco arriverà nelle sale italiane il 21 dicembre 2017.

Vi invitiamo a scaricare la nostra APP gratuita di ScreenWeek Blog (per iOS e Android) per non perdervi tutte le news sul mondo del cinema, senza dimenticarvi di seguire il nostro canale ScreenWeek TV.

ScreenWEEK è anche su Facebook, Twitter e Instagram.

[widget/movie/27913]