Recensione a cura di Adriano Ercolani
Nella Francia dei primi anni ‘90, quando al governo c’era una figura politica controversa come Mitterrand, la lotta all’AIDS passava attraverso la battaglia principale, quella contro l’indifferenza. Il gruppo di attivisti ACT UP, composto principalmente da giovani positivi al virus dell’HIV, si ribellò a tale sistema ipocrita con proteste civili, sempre pacifiche ma decise, volte a scuotere e sensibilizzare l’opinione pubblica. 120 battiti al minuto, il doloroso e commovente film di Robert Campillo, racconta quei giovani e la loro lotta per non essere dimenticati o peggio ancora “nascosti” da una società che troppo spesso associava la malattia, quella malattia, con nozioni come perversione o peccato. 120 battiti al minuto ci mostra invece con straordinaria sensibilità e soprattutto verità la vita quotidiana di queste persone relegate ipocritamente ai margini, che si permettono di continuare a sognare e far progetti anche quando si rivelerà inutile. A regolare questo mondo “altro” sono gli stessi sentimenti, gli stessi valori morali, la stessa vitalità di chiunque altro.
Campillo non cerca mai l’effetto pietistico pur quando mette in scena il disagio, la malattia, la sconfitta contro il virus. Ogni momento di 120 battiti al minuto è vero, appassionato senza essere melodrammatico. Il regista non risparmia momenti di forte realismo ma allo stesso modo non li adopera in alcun modo per scuotere lo spettatore, quanto invece per mostrargli la verità e la dolcezza di situazioni e psicologie. Ecco allora che più del dramma della malattia a rimanere impressa nel cuore è la romantica e irresistibile storia d’amore tra Nathan e Sean, quest’ultimo interpretato da un devastante Manuel Pérez-Biscayart. L’attrazione istantanea, la seduzione dei primi sguardi, la passione fisica e infine il legame inscindibile, quello capace di tenere unite due persone fino al sacrificio finale: il film descrive una storia d’amore senza etichette o limiti, e lo fa con una forza emotiva impossibile da minimizzare.
120 battiti al minuto è un film necessario, sotto molti punti di vista. Il suo primo grande pregio è quello di non volersi proporre principalmente come un film di denuncia sociale e civile, e proprio per questo arriva invece dritto al cuore del pubblico mettendo in scena la moralità di chi tale denuncia l’ha portata veramente avanti. Aiutato da un cast di attori fresco, coraggioso, vitale, Campillo ha composto tassello dopo tassello un puzzle di psicologie e sentimenti variegato e intimista, dove ognuno dei personaggi possiede un’identità specifica ed emozionante, che si incastra con le altre a formare un ritratto corale di grande impatto emotivo. 120 battiti al minuto è un film doloroso e bellissimo, impossibile da mancare.
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