Recensione a cura di Adriano Ercolani, che ha visto il film a New York.
La tensione quasi spasmodica verso il realismo con cui Christopher Nolan ha impregnato il suo cinema fino a oggi ha finalmente trovato il film in cui potersi esprimere al massimo livello. E ciò è avvenuto non tanto perché Dunkirk racconta un evento storico, quanto perché il regista ha semplificato l’idea alla base del suo racconto fino a renderla un contenitore perfetto per la sua forma filmica prediletta.
Dunkirk ha un solo, pulsante motore narrativo: la sopravvivenza. Ogni gesto, ogni parola, ogni impulso di tutti i personaggi in scena è volto a salvare o ancor più salvarsi. Lo esplicitano al meglio Tommy, il giovane soldato interpretato da Fionn Whitehead, e Farrier, l’aviatore che sorvola i cieli della costa francese per tutta la durata del film senza quasi pronunciare una battuta nell’ultima ora di proiezione. Apriamo subito una parentesi su Tom Hardy, il suo interprete: se lo scorso anno è stato tributato a Lenardo DiCaprio l’Oscar come miglior protagonista per un ruolo in cui pronuncia non più di venti battute, lo stesso pare doveroso fare il prossimo febbraio con questo altro enorme interprete, che in Dunkirk recita quasi sempre in silenzio e con la maschera sul volto, eppure esprime e commuove grazie a un’interpretazione come poche ne abbiamo viste di recente.
Ma torniamo a Christopher Nolan, autore che con questo film sembra essersi liberato (speriamo definitivamente) di una certa predilezione per il gioco narrativo eccessivamente complesso, come evidenziavano ad esempio Inception e l’ultimo Interstellar. Anche Dunkirk possiede i suoi incastri, ma vengono quasi tutti risolti attraverso il montaggio perché cercano di sviluppare emozione invece di sorpresa, e per questo si rivelano tanto più efficaci. Nolan costruisce un puzzle visivo meravigliosamente organizzato, che lavora sulla tensione con raffinatezza e senza alcuna sbavatura. Il crescendo drammatico è costante ma sempre tenuto sotto controllo, in modo da sfociare in un finale che sarà difficile dimenticare. Sia ben chiaro, come tutti gli altri lavori di Nolan, anche Dunkirk non è un film “caldo”, che ti abbraccia e ti trascina verso la forza emotiva del climax. No, con questo regista come sempre lo spettatore deve lottare per arrivarci, deve tenere duro insieme ai personaggi in scena. E in questo caso viene ripagato veramente con gli ultimi dieci, quindici minuti del film, che sono senza mezzi termini grandissimo cinema.
Ci troviamo di fronte al miglior film di Christopher Nolan? Affermarlo non pare azzardato. Forse noi continuiamo a preferire di una spanna quel gioiello di eleganza che era The Prestige o magari la dolorosa genesi del mito rappresentata da Batman Begins (perché è così sottovalutato?). A chi però metterà Dunkirk in cima alla lista avremo davvero poco da obiettare…
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