Paolo Villaggio si è spento questa mattina a Roma, dov’era ricoverato da alcuni giorni al Policlinico Gemelli. Aveva 84 anni.
Nato a Genova il 30 dicembre 1932, Paolo Villaggio si fa notare tra gli anni Cinquanta e i Sessanta per la sua attività di cabarettista nella sua città natale, in particolare nel Teatro di Piazza Marsala. La sua carriera decolla grazie alle esibizioni presso due celebri locali di cabaret, il Sette per otto di Roma e il Derby di Milano, ma è la trasmissione radiofonica Il sabato del Villaggio a garantirgli il primo successo nazionale: il comico genovese racconta le vicende stralunate e tragicomiche di un povero impiegato, prefigurazione delle disavventure di Ugo Fantozzi. Il successivo esordio televisivo in Quelli della domenica (1968) gli permette di esprimere la fisicità del suo insolito umorismo grazie agli sketch aggressivi del Professor Kranz e alle gag del povero Giandomenico Fracchia, perennemente umiliato e sottomesso.
Se questi personaggi sono interpretati da Villaggio in prima persona, le storie di Fantozzi sono invece da lui narrate in terza persona, attraverso numerosi monologhi che l’attore comincia a pubblicare su L’Europeo alla fine degli anni Sessanta, contemporaneamente al suo debutto cinematografico in Eat it! (1969). In questi racconti si delineano le caratteristiche di un uomo piccolo e senza qualità, vessato dai potenti e triturato dalle bassezze della società italiana, mentre compaiono i personaggi ricorrenti che saranno poi consacrati dai film: la moglie Pina, la figlia Mariangela, il collega ragionier Filini, la sfuggente signorina Silvani, lo sbruffone geometra Calboni e il terrificante Megadirettore Galattico. Tali storie confluiscono poi nel primo libro di Villaggio, Fantozzi, best seller internazionale che viene tradotto in diverse lingue, ottenendo un notevole successo soprattutto in Francia e in Russia.
Nella prima metà degli anni Settanta, l’attore collabora con registi importanti come Sergio Corbucci (Che c’entriamo noi con la rivoluzione?), Nanni Loy (Sistemo l’America e torno), Mario Monicelli (Brancaleone alle Crociate), Marco Ferreri (Non toccare la donna bianca) e Pupi Avati (La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone), ma la definitiva consacrazione nell’immaginario collettivo nazionale coincide ovviamente con il suo sodalizio con Luciano Salce, che dirige Fantozzi (1975) e Il secondo tragico Fantozzi (1976), prima che la saga passi nelle mani di Neri Parenti con i film successivi. Ormai, la figura di Paolo Villaggio viene identificata con quella della sua invenzione più celebre, eppure il comico genovese alterna i suoi Fantozzi ad altri film di Corbucci, Salce, Parenti e Loy, arrivando poi, tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, a collaborare con due autori fondamentali del cinema italiano come Federico Fellini (La voce della Luna) ed Ermanno Olmi (Il segreto del bosco vecchio), senza dimenticare Io speriamo che me la cavo di Lina Wertmüller. Nel 1992, alla 69ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, gli viene conferito il Leone d’Oro alla carriera, mentre nel 2000 riceve il Pardo d’onore al Festival di Locarno.
A partire dal 2010, oltre a qualche sporadica apparizione cinematografica, Villaggio pubblica altri libri satirici (Crociera Lo Cost, Mi dichi – Prontuario comico della lingua italiana, Giudizio universale, La fortezza tra le nuvole, La vera storia di Carlo Martello, Tragica vita del ragionier Fantozzi, Siamo nella merda – Pillole di saggezza di una vecchia carogna) e torna sul palcoscenico con gli spettacoli A ruota libera, La Corazzata Potemkin è una cagata pazzesca!, Il peggio della mia carriera e Siamo nella merda, anche la Corazzata Potemkin è affondata.
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