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I Peggiori – Eroi a Pagamento arriverà nei cinema a partire dal prossimo 18 Maggio, ma per i pochissimi fortunati che hanno avuto l’onore di vedere la pellicola in anteprima al Comicon di Napoli è già un successo: le risate e gli applausi in sala hanno costellato la visione di quella che a tutti gli effetti si profila tuttora come la più grande sorpresa del cinema italiano del 2017. Cliccando sul link soprastante potrete aggiudicarvi anche voi l’occasione di vedere il film in anteprima il prossimo 8 Maggio, di cui ecco la nostra recensione, rigorosamente spoiler-free!
UNO E TRINO: VINCENZO ALFIERI
Qui alla sua opera prima, Vincenzo Alfieri è non solo regista della pellicola, ma anche sceneggiatore e protagonista (assieme al più rodato Lino Guanciale). L’idea de I Peggiori ruota nella testa di Vincenzo fin dall’adolescenza ed è cresciuta grazie a film come Kick-Ass o Deadpool e ad un concetto marvelliano di eroi a pagamento come Luke Cage ed Iron Fist (che prima delle fortunate serie Netflix erano conosciuti come gli Heroes for Hire). L’incontro con Federica Lucisano, la prima a credere davvero nel progetto, riesce a trasformare il sogno in realtà: l’entusiasmo di Alfieri ha conquistato prima i produttori e poi in seguito la stampa, e si prepara al dolce impatto con il pubblico.
SUPEREROI ITALIANI
I Peggiori non si propone di trasportare l’idea di supereroe in Italia per creare un ibrido, come già magistralmente fatto da Mainetti nel suo Lo Chiamavano Jeeg Robot: Alfieri crea invece dei veri e propri supereroi italiani, con tutti i pregi e i difetti di un’italianità che si respira attraverso il film da cima a fondo.
L’eroe cinematografico italiano è super non perché può fare affidamento su dei fantastici poteri, ma sostanzialmente perché la massa lo crede tale: saranno una serie di coincidenze a portare due fratelli qualunque, appesantiti da una gravosa eredità ed emigrati da Roma a Napoli, Massimo (Guanciale) e Fabrizio (Alfieri), a passare dai TrendTopic su twitter fino ad essere richiesti per tutti quegli incarichi che solo dei giustizieri mascherati potrebbero affrontare. Dietro pagamento, s’intende; è qui che la nazionalità italiana del film emerge in primo piano: il concetto di supereroe super partes, puro agente del bene senza alcun tornaconto personale, è completamente estraneo alla realtà degli abitanti dello Stivale, che seppure acclamano a gran voce i cinecomic americani saturi di eroi senza macchia e senza paura (almeno concettualmente) come Avengers, Wonder Woman e simili non riescono a sentirli davvero propri. I Demolitori invece, questo il nome che viene dato ai due eroi de I Peggiori all’interno del film, sono sì eroi, ma agiscono dietro compenso: una realtà che all’italiano medio (e non solo) appare tacitamente ovvia, quasi doverosa. Il supereroe italiano viene tramite diversi sottotesti definito dal film di Alfieri come quell’individuo che, in possesso di una abilità particolare, è tenuto a metterla al servizio degli altri dietro lauto compenso: si tratta del ribaltamento della massima Marvel del With great power comes great responsability, che in italiano viene quindi “tradotta” come Da grandi poteri derivano grandi guadagni.
MOLTO PIU’ DI UN CINECOMIC
Mettendo da pare il cinico humor nero che accanto ad un’umorismo del tutto spensierato permea parte della pellicola, la situazione italiana traspare in tutto e per tutto anche dalle altre tematiche del film, che riesce a raccontare in modo schietto e quasi tra le righe problemi come l’impossibilità di trovare un lavoro e di potersi costruire un futuro, la corruzione agli alti livelli, la fatica tutta familiare ad arrivare a fine mese a causa di un sistema penalizzante e frustrante. Spunti che il più delle volte rimangono spunti, come giustamente dev’essere in film che fa dell’intrattenimento a livello comico la sua principale ragion d’essere, ma il cui inserimento (dosato alla perfezione) impreziosisce il risultato finale tanto da riuscire a far riflettere lo spettatore, magari a posteriori dopo le innumerevoli risate durante la visione, ma approfonditamente. Non vogliamo anticipare nulla, ma un applauso spontaneo del pubblico in sala durante la proiezione napoletana è stato quasi doveroso in un particolare snodo della trama.
IL CAST
Il casting del film si rivela in più di un’occasione molto particolare: a cominciare dai protagonisti, un Lino Guanciale che tradisce una superlativa vena comica praticamente inedita, ed un Vincenzo Alfieri che non avrebbe dovuto essere nel film ma la cui alchimia assoluta con il primo ha portato i produttori a chiedere alla coppia di recitare insieme dopo un riuscitissimo provino. Completano il quadro dei protagonisti la bellissima Miriam Candurro, che dà vita ad una donna del tutto moderna e lontana dalla definizione di damsel in distress che spesso si attribuisce all’eroina femminile di un cinecomic, e la bravissima Sara Tancredi, undicenne interprete di Chiara (sorella minore di Massimo e Fabrizio) che rappresenta il vero cuore del film, risultando uno dei personaggi più divertenti di esso e che assicura moltissime risate in coppia con il collega Guanciale.
Biagio Izzo e Francesco Paolantoni interpretano rispettivamente un ispettore di polizia ed un collega di Fabrizio, archivista in tribunale; troviamo i due comici in due ruoli che di comico (all’interno di un film che vuole essere anche una commedia) hanno ben poco. Entrambi gli attori interpretano dei ruoli inediti per quella che è la loro carriera, risultando incredibilmente credibili nel malizioso contrappasso che il regista ha montato ad arte per entrambi.
Infine Antonella Attili, interprete della “cattiva” del film: quando i Demolitori pesteranno i piedi a qualcuno di troppo potente sarà suo il volto della villain da sconfiggere: una scelta perfetta per un personaggio perfettamente caratterizzato, come tutti quelli che appaiono nel film.
In ultimo in realtà anche un’altra grandissima protagonista del film va citata: la città di Napoli è al pari con gli interpreti del film, mattatrice di primo piano e quasi narratrice della vicenda. Napoli viene esplorata in tutte le sue sfaccettature, da una regia veloce e fresca che a tratti la omaggia e a tratti ne denuncia gli aspetti più miseri. I vicoli più stretti ed angusti si alternano alle visuali panoramiche dall’alto, le luci di pomeriggio, notte e crepuscolo si fondono a più livelli rivelando gli ambienti più decadenti e sfittici di una città che riesce a definire il sostrato ultimo del film ma anche dei personaggi, divisi fra chi è Napoletano con la N maiuscola, chi si è “napoletanizzato” e chi, probabilmente, non ci riuscirà mai.
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