L’incipit di The Thief, première della seconda stagione di Master of None, è già una dichiarazione programmatica: Aziz Ansari è disteso a letto, si allunga per spegnere la sveglia, e sul comodino vediamo una pila di DVD con alcuni tra i film italiani più amati all’estero, come Ladri di biciclette, Amarcord, La notte e L’avventura, il tutto immerso in uno straniante bianco e nero. Per una comedy che non ha mai avuto paura di rivoluzionare il suo impianto narrativo, questa scelta stilistica dimostra una tendenza ancor più marcata verso la sperimentazione, soprattutto all’interno di un genere – la commedia seriale – che spesso si limita a reiterare all’infinito i tòpoi della tradizione. Le nuove puntate dello show saranno disponibili su Netflix a partire dal 12 maggio, e le prime cinque – quelle che ho potuto visionare in anteprima – ne confermano l’alta qualità complessiva, pur incontrando qualche problema nei segmenti italiani.
D’altra parte, ognuno ha le proprie aspettative su ciò che troverà in un determinato paese, ed esse sono basate su cliché, stereotipi e pregiudizi: succede agli italiani che visitano gli Stati Uniti, e ovviamente vale anche il discorso opposto. The Thief confeziona un simpatico – per quanto ingenuo – omaggio a Ladri di biciclette, sia per l’utilizzo del bianco e nero sia per il canovaccio della trama, con Dev impegnato a dare la caccia a un ragazzo che gli ha rubato il cellulare, accompagnato dal nipotino della sua maestra di cucina. Dev, infatti, si è trasferito a Modena per lasciarsi alle spalle la storia con Rachel, e ora fa l’apprendista nella Boutique del Tortellino, dove impara i segreti della pasta fresca: un sogno, per una amante della pasta come lui. Sentire Aziz Ansari che parla in italiano suscita una certa tenerezza, ma il contesto è prevedibilmente stereotipato, affetto dai soliti balbettii delle produzioni americane all’estero: i dialoghi in italiano sono scritti, diretti e interpretati piuttosto male, mentre i personaggi adottano una gestualità esagerata, da macchietta, che stride con lo spirito arguto di Master of None. Se consideriamo l’impegno della serie contro i cliché etnici e religiosi, tale rappresentazione suona paradossale.
Detto questo, l’impressione è che avvenga tutto in buona fede, anche perché quantomeno il personaggio di Alessandra Mastronardi – Francesca – non viene sminuito dai pregiudizi culturali, al contrario di ciò che accadeva in To Rome with Love: l’attrice si esprime in un buon inglese, e si rende credibile come potenziale interesse romantico di Dev, capace di tenere il passo della sua ironia e delle sue battute anche nei dialoghi più serrati. Comunque sia, lo status quo viene ricostituito in fretta: già al termine del secondo episodio, dopo aver accompagnato Arnold (Eric Wareheim) a un matrimonio in Toscana, Dev ritorna a New York e riceve un’interessante offerta di lavoro che sembra aprire un nuovo capitolo nella sua vita professionale. Per quanto riguarda la sua vita sentimentale, invece, la Grande Mela lo riporta nell’algido panorama delle dating app: Dev esce con molte ragazze conosciute tramite un simil-Tinder, ma nessuna sembra in sintonia con lui. L’unica è proprio Francesca, che sbarca nella metropoli con il fidanzato e trascorre alcuni splendidi momenti con il nostro eroe, lasciandolo confuso e immalinconito da un sentimento che non si aspettava di provare.
In questo contesto ritroviamo la sensibilità di Aziz nel dar voce alle minoranze culturali, come dimostra l’episodio incentrato sul rapporto con la religione islamica, dove il disinteresse di Dev si scontra con la visione dei suoi genitori: lungi dall’essere oppressivi, essi desiderano quantomeno che il figlio conservi le apparenze di fronte alla famiglia, come una sorta di rispetto “formale” verso le sue radici. I conflitti non sono mai esasperati o melodrammatici, ma si risolvono nel confronto e nella disponibilità a capire il punto di vista altrui. Tutto questo senza alcuna retorica, e smarcando l’Islam dai preconcetti che lo circondano nella società occidentale. Così, nella rielaborazione delle problematiche che lo riguardano intimamente, Master of None sembra azzerare la distanza tra lo spettatore e l’autore/protagonista, come se Aziz mettesse in scena se stesso; questo è vero solo in parte (nel senso che non è possibile far coincidere perfettamente Dev e Aziz: lo schermo della finzione permane), ma non c’è dubbio che il comico di origini indiane si metta in gioco in prima persona, con le sue passioni e idiosincrasie. Il coinvolgimento dei suoi veri genitori non è certo casuale, e le loro deliziose performance da non-professionisti conferiscono alla serie una naturalezza che altrove sarebbe impensabile, sul piccolo schermo.
Al di la di questo, le vicende amorose di Dev acquisiscono un ruolo centrale sia nelle trame delle puntate sia nell’empatia del pubblico, e il quinto episodio rappresenta forse il vertice dell’intelligenza creativa che distingue questo show: l’intera puntata è un mosaico di brevi scene tratte dagli appuntamenti di Dev con le ragazze conosciute on-line, ma il montaggio le assembla tutte insieme per restituire l’impressione di un unico appuntamento. Le donne cambiano nel giro di poche inquadrature, l’unica costante è il protagonista con le sue reazioni ai loro comportamenti. Questo leviatano di incontri romantici mette a nudo l’artificiosità del corteggiamento nell’epoca della tecnologia di consumo, dove la disperata ricerca del partner si traduce in un insieme di meccanismi rituali che sfiorano l’alienazione, e le strategie per ricevere un contatto hanno la stessa ripetitività della catena di montaggio. Anche qui non c’è retorica, ma uno sguardo complice e disincantato sulle piccole disavventure quotidiane, ritratte attraverso dialoghi stralunati e nerd, ricchi di citazioni dalla cultura pop e riflessioni surreali. Per individuare la sua compagna ideale, Dev si basa sulla sintonia di spirito, sulla ricerca di un carattere che viaggia alla sua stessa velocità, anche nell’umorismo: non si può negare che Arnold sia già la sua “anima gemella”, poiché i due amici sono legati da una delle migliori bromance del piccolo schermo, ma Dev cerca anche quell’amore romantico che pensava di aver scovato in Rachel, e che ora teme di aver ritrovato in Francesca. L’epilogo del quinto episodio è una lunga inquadratura che resta fissa su di lui, a bordo del taxi che lo sta riportando a casa, dopo averla accompagnata all’hotel: protraendosi ben oltre la sostenibilità della media televisiva, questa scena ci costringe a specchiarci nel suo sguardo pensieroso e smarrito, ci immerge nella quiete notturna di New York per ricordarci che tutti, una volta o l’altra, ci siamo trovati nella stessa situazione. E questo perché Aziz, in fondo, è uno di noi.
Voto: ★★★★
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