Oggi, 17 Maggio, si celebra la giornata internazionale contro l’omofobia: alla luce dei terribili avvenimenti che si stanno verificando in Cecenia e di tutte le ingiustizie che ancora oggi in tutto il mondo si verificano in capo alle persone GLBT, vogliamo anche noi celebrare questa giornata con la nostra personalissima classifica di serie TV che si sono mostrate più che progressiste nel corso degli ultimi anni, offrendo un ingente contributo mediatico alla causa dell’accettazione sociale delle condizioni di transgender ed omosessuali ed al riconoscimento dei loro diritti, in alcuni paesi ancora in fase troppo arretrata.
5 – WILL & GRACE
Forse pionieristica nel campo, la sit-com Will & Grace ha schierato in campo due protagonisti omosessuali alle soglie del 1998, aprendo la strada, visti gli ottimi ascolti, a serie come Queer as Folk. L’omosessualità di Will e Jack è trattata in maniera goliardica e affatto scevra da stereotipi o pregiudizi, dimostrando però al tempo che attraverso una ironia “delicata” anche se cinica era possibile ridere di argomenti che fino ad allora erano considerati quasi un tabù.
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La serie Netflix che racconta le vite delle carcerate del Litchfield non risparmia allo spettatore una più che discreta quantità di rapporti lesbici fra le sue protagoniste: l’aspetto dell’omosessualità femminile è affrontato ad ampio spettro, da quello più istintivo e sensuale fino a quello più romantico, arrivando a sfiorare anche il rapporto con la religione, l’accettazione personale, l’amicizia e molto altro. Una delle protagoniste è inoltre una detenuta transgender (così come l’attrice che la interpreta, Laverne Cox). Il tutto, vissuto in una atmosfera di totale normalità: nessuna enfasi è posta sul mondo GLBT, che si pone come una naturale prosecuzione di quello eterosessuale, con cui si fonde a più livelli creando all’interno del Litchfield un perfetto quadro della realtà esterna.
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3 – TRANSPARENT
Serie vincitrice di numerosi premi Emmy, Transparent racconta la storia di Mort (il pluripremiato Jeffrey Tambor), e del suo difficile percorso da transessuale “rivelatosi” in tarda età, con un matrimonio e 3 figli ormai adulti alle spalle. La serie esplora efficacemente il problema dell’identità sessuale, avvalendosi di una serie di consulenti transgender e di terapeuti specializzati il cui apporto è spesso palpabile; la creatrice della serie inoltre, Jill Solloway, si è impegnata ad aprire il set a numerosi attori transgender che i set tradizionali solitamente non prendono in considerazione.
2 – SENSE8
Sicuramente la serie attualmente più attiva sul punto dei diritti GLBT: scegliendo gli 8 protagonisti, le sorelle (entrambe transgender) Lana e Lilly Wachowsky hanno inserito un omosessuale ed una transgender a simboleggiare il loro status di individui “qualunque” accanto agli altri. Il percorso di Nomi Marks (Jamie Clayton), transgender e lesbica, e quello in divenire di Lito Rodriguez (Miguel Angel Silvestre), costretto a fare coming out e ad un percorso di autoaccettazione in tempo reale all’interno della serie, sono mostrati magistralmente da una produzione estremamente attenta alla causa GLBT, vissuta sulla propria pelle in prima persona. Alcune scene della seconda stagione di Sense8, disponibile dallo scorso 5 Maggio sulla piattaforma online, sono state girate al Gay Pride di San Paolo dello scorso anno (il 29 Maggio), cui la troupe ed il cast hanno partecipato attivamente ed animatamente.
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1 – DAWSON’S CREEK
Dawson’s Creek è la serie che più di ogni altra ha contribuito all’accettazione sociale degli omosessuali nell’intera storia della TV. Complice il momento di tensione in cui le tematiche del coming out di Jack (Kerr Smith) sono state affrontate e di contro anche l’apertura che al seguito di Will & Grace la TV americana (e non solo) stava sperimentando verso il mondo GLBT, Dawson’s Creek è riuscita a dipingere un personaggio che non solo è diventato iconico e simbolico di un’omosessualità lontanissima da pregiudizi, ma anche a trasformare lo status omosessuale, costruito ed adattato alla visione (ed alla risposta) di un pubblico adolescente, in un qualcosa di “cool” e di comunemente accettabile: alle soglie del 2000, qualunque ragazzina sognava di avere un “migliore amico gay”, e la tendenza, nata proprio con Dawson’s Creek, non ha accennato a diminuire.
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