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La Cura dal Benessere – Gore Verbinski racconta la realtà con il suo horror gotico contemporaneo

Pubblicato il 18 marzo 2017 di Redazione

Intervista a cura di Adriano Ercolani.

Etichettare Gore Verbinski come semplice regista di blockbuster hollywoodiani sarebbe un errore di giudizio piuttosto grossolano. Oltre ai primi tre Pirati dei Caraibi e ad altre produzioni ad alto budget infatti il cineasta originario del Tennessee si è spesso concesso divagazioni cinematografiche dalla vena bizzarra e autoriale. Vale la pena ricordare che suoi sono il malinconico The Weather Man con Nicolas Cage e Michael Caine soprattutto Rango, il western d’animazione che ha conquistato l’Oscar nel 2011. Adesso Verbinski torna con La Cura dal Benessere (A Cure for Wellness), thriller “all’europea” che strizza l’occhio al cinema di Polanski così come all’opera letteraria di Kafka (e non solo). Ecco le nostre quattro chiacchiere con Gore Verbinski.

Partiamo dal principio: come è nata l’idea di A Cure for Wellness?

Sia io che lo sceneggiatore del film Justin Haythe amiamo un libro di Thomas Mann in particolare, La Montagna Incantata. Non che se ne potesse trarre un lungometraggio, è un’opera troppo vasta e complessa, ma l’idea di questo gruppo di persone che vivono tra montagne, in mezzo alle nuvole, e sperimentano uno stato di negazione e insieme inevitabilità, continuava ad affascinarci. Allo stesso tempo volevamo anche raccontare il nostro presente attraverso il cinema di genere, che spesso veicola dietro l’apparenza discorsi sociologici molto importanti. Insomma volevamo mettere in scena l’idea che oggi, come società in generale, non siamo messi bene. Con A Cure for Wellness raccontiamo che quando si devono affrontare i mali che affliggono l’animo umano spesso la cura può essere peggiore del disturbo…

È da qui che nasce l’ossimoro del titolo?

Esatto. Tutti abbiamo bisogno di una diagnosi, di capire cosa non va non soltanto in noi ma nell’ambiente che ci circonda, in cui viviamo. Nonostante conosciamo la storia passata continuiamo a commettere gli stessi errori. È un mondo folle in cui ad esempio le industrie farmaceutiche provano a creare virus soltanto per poi vendere più medicine. L’idea era quella di rappresentare un posto dove i potenti del mondo possono andare e cercare una forma di assoluzione. Commettono i loro crimini e le loro porcherie perché non stanno bene, non è colpa loro.

Non era spaventato dall’idea di un altro film di genere?

No perché questo è diverso, è un gotico contemporaneo, capace di raccontare la contemporaneità attraverso una lente deformante e spaventosa, ma non per questo totalmente immaginaria. Quello che vediamo nel film non è molto differente da ciò che succede veramente oggi…

Perché avete girato in Germania anche se il film è ambientato in Svizzera?

La ragione è semplicissima: la Svizzera è un posto molto costoso dove girare. Il senso di “immacolatezza” e di aria pulita che cercavamo si può trovare anche in altre parti d’Europa, soprattutto in Germania. Non essendo basato su un fumetto di supereroi, non essendo il nuovo capitolo di un franchise collaudato, A Cure for Wellness non ha un grande budget. Fino a oggi è stato il lungometraggio più difficile che abbia realizzato: ci hanno dato i soldi e ci hanno lasciato del tutto soli a realizzarlo, cosa che alla fine ho apprezzato. A parte il direttore della fotografia Bojan Bazelli non avevo lavorato con nessun altro membro del cast, è stato come ripartire da zero. Niente troupe da grandi produzioni, piano di riprese folle, un modo di girare che mi ha stimolato moltissimo. Dopo i blockbuster hollywoodiani che ho girato negli ultimi anni è stato quasi catartico. La mia cura personale…

Cosa l’ha spinta a scegliere Dane DeHaan nel ruolo di protagonista?

Mi serviva un attore capace di essere forte e vulnerabile allo stesso tempo e Dane possiede questa grande dote di interprete. Il suo personaggio, Lockhart, vuole a tutti i costi portare a termine il compito che gli è stato assegnato, andare a fondo nella situazione che gli si presenta di fronte quando arriva nel set principale. Con il procedere della storia si immerge sempre più in un incubo che ne minerà le certezze, esponendolo ai suoi fantasmi più spaventosi. Si troverà in grande difficoltà a causa di questo. Dane è riuscito a esplorare tutti i lati di Lockhart conducendolo in un viaggio anche interiore che pochi attori avrebbero saputo rendere così bene.

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Fonte: ScreenWeek

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