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Gli Oscar 2017 sono appena stati assegnati dall’Academy, e nell’aria sentiamo ancora le atmosfere sognanti di una Hollywood sempre più lanciata verso derive artistiche a tutto tondo, testimone al tempo stesso di sogni e speranze personali (proprio come nel pluripremiato La La Land) e di una maliziosa decadenza che riusciamo a vedere attraverso filtri nostalgici ma sostanzialmente positivi: è proprio in questo contesto che si inserisce l’ultimo numero di Dampyr, il 204, in uscita il prossimo 3 Marzo.
Da Marylin Monroe a Rodolfo Valentino fino a Lauren Bacall, a Fatty Arbuckle ed a molti altri, Bloodywood riporta alla memoria un vecchio nemico accompagnato da moltissimi nomi noti del vecchio cinema d’autore, in un mix di horror e malinconia che ne trasfigura i volti mostrandone versioni terrorizzanti ed inedite.
CHI E’ IL DAMPYR?
L’avventura del Dampyr inizia nel 2000 con la pubblicazione da parte di Sergio Bonelli Editore di Il Figlio del Diavolo, primo numero di una fortunata serie incentrata sulla lotta di Harlan Draka contro i vampiri. Il protagonista è un Dampyr, ossia il figlio di un anziano vampiro (o Maestro della Notte) e di un’umana, morta nel darlo alla luce: proprio a causa dei suoi particolari natali, Harlan possiede dei poteri con i quali si impone di contrastare le forze del male, fra le cui fila contiamo vampiri, non-morti, demoni, addirittura spietate multinazionali ed estremisti gruppi razzisti anti-vampiro (anticipando i temi che poi verranno esplorati in serie come True Blood).
Nel corso di più di 200 numeri, Harlan, insieme ai fidi alleati Kurjak (un ex soldato che ha abbracciato la missione del Dampyr) e Tesla (una vampira rinnegata e “redenta”) ha combattuto ogni tipo di nemico, scontrandosi spesso anche con suo padre Draka: un ambiguo Maestro della Notte la cui posizione di nemesi o alleato del nostro eroe appare drammaticamente fluida.
Sono Mauro Boselli e Maurizio Colombo i creatori di quello che è a ragione ormai da molti considerato un cult: il primo, impegnato da oltre 30 anni nel mondo del fumetto, si è fatto le ossa su Tex, Mister No e Zagor; Il secondo invece inizia il suo percorso personale nel mondo dei documentari per poi approdare nella famiglia Bonelli a partire dal 1992, facendosi valere con storie su Nick Raider e Zagor. Pensato inizialmente come una miniserie, il successo di Dampyr fu tale da portare ben presto alla nascita di una fortunatissima serie regolare, ancora oggi seguitissima.
DAMPYR 204: BLOODYWOOD
La nostomania di Alexis Musuraka, uno dei Maestri della Notte ucciso dal Dampyr quasi agli inizi della sua avventura (lo scontro finale avvenne nel numero 18: Lo Schermo Demoniaco), è la base su cui si sviluppa l’intera vicenda: il volume raccoglie l’eredità del villain creato da Boselli e Colombo nel 2001 per affondare – letteralmente – i denti in un presente offuscato da “mostri” del passato che portano il volto di alcune delle celebrità dei tempi andati.
Bloodywood si apre con l’entrata in scena di Louise Brooks, famosissima attrice del cinema muto: si tratta solamente della prima di una serie di personaggi che strizzano l’occhio alla memoria dei cineasti più appassionati. Accade piuttosto spesso che Hollywood venga declinata in una metafora che ne sviscera il tramonto e le ombre, non sempre in modo totalmente efficace e il più delle volte pronto a cadere nel fin troppo facile tranello costituito dai clichè; Bloodywood riesce invece a trovare una propria originale chiave di lettura contestualizzando il paragone sulle proprie linee narrative. L’immortalità figurativa degli attori del cinema si sovrappone quindi perfettamente a quella strettamente materiale dei vampiri che Harlan ed i suoi alleati affrontano, mentre gli aspetti più inquietanti di una Hollywood alla mercè di abusi, sostanze stupefacenti, una notorietà ed una bellezza giovanile da perseguire e conseguire a qualsiasi costo vengono rielaborati e concentrati in dinamiche da snuff movie (che a volte riescono a creare sanguinose allegorie sulla società attuale) dove la necessità del realismo oltrepassa quelle della semplice morale comune e addirittura della vita stessa: Bloodywood così come Hollywood cattura i suoi protagonisti e li fagocita nel suo spietato meccanismo.
E lì dove il primo, opera di finzione, dirige i suoi personaggi verso una inevitabile morte violenta, il secondo, ben più disturbante poiché reale, spesso li conduce verso una vita piena di finzioni (testimoniate nel fumetto dai volti di attori deceduti decine di anni fa) che si profila in fin dei conti violenta e spaventosa praticamente quasi in egual modo.
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