OSCAR 2017 – TUTTI I VINCITORI
Tre premi Oscar, tra cui Miglior Film e Miglior Sceneggiatura Non Originale: la stagione dei premi è stata molto generosa con Barry Jenkins, ma gli Academy Awards hanno riservato ulteriori sorprese a questo cineasta emergente, soprattutto se consideriamo il colpo di scena della premiazione finale. Con simili premesse, Moonlight promette davvero di lanciare la sua carriera verso nuovi orizzonti.
Chi vedrà il film – uscito lo scorso 16 febbraio nelle sale italiane – avrà modo di scovare numerose assonanze con l’infanzia del regista. Come il protagonista della storia, anche Barry Jenkins nasce nei sobborghi di Miami, e precisamente a Liberty City, dove la sua infanzia è tutt’altro che semplice: figlio di una tossicomane, viene allevato dalla stessa donna che si era presa cura di sua madre fin dalla prima gravidanza (Jenkins ha tre fratelli maggiori), poiché suo padre non lo riconosce come biologicamente proprio. L’uomo, peraltro, muore quando il piccolo Barry ha solo 12 anni. La difficoltà di crescere senza genitori e in un bilocale affollato di persone stimola però la sua fantasia, portandolo a vivere l’adolescenza per lo più nella sua testa, come dichiara lui stesso in un’intervista a The Fader. Ciò non significa che questo temperamento lo allontani dalle attività sportive: durante gli anni del liceo presso la Miami Northwestern, Jenkins entra infatti nella squadra di football in qualità di running back, e due suoi compagni riescono persino a giocare nella National Football League (la ricchissima “prima divisione” del football americano). L’esperienza è fondamentale per lui, poiché i coach del football rappresentano gli unici surrogati paterni della sua adolescenza, i soli modelli maschili da cui prendere esempio in quel delicato periodo di formazione.
Studia cinema alla Florida State University, ed è proprio grazie al contributo economico di un compagno di università che Jenkins riusce a produrre il suo primo lungometraggio, Medicine for Melancholy (2008). L’amico aveva guadagnato quindicimila dollari lavorando agli effetti digitali di un blockbuster hollywoodiano, e Jenkins li ottiene in prestito per girare il film, cronaca di un amore fugace tra i ventenni Micah (Wyatt Cenac) e Jo (Tracey Heggins). I due personaggi trascorrono insieme soltanto un giorno e una notte, discutendo di temi come la discriminazione razziale, la gentrificazione e il predominio dei bianchi negli ambienti hipster di San Francisco. Il successo è immediato: le voci illustri di Steven Soderbergh e Ta-Nehisi Coates riconoscono il suo talento, e Jenkins si ripromette di girare il suo secondo film nei due anni successivi. Purtroppo, però, qualcosa va storto.
Il regista lavora per un paio d’anni con la Focus Features a un bizzarro copione che parla di Stevie Wonder e viaggi nel tempo, incentrato su una misteriosa magione di Harlem e un sintetizzatore Moog in grado alterare lo spazio-tempo, ma il copione – per sua stessa ammissione – non è abbastanza buono, e il progetto sfuma. Per guadagnarsi da vivere lavora come carpentiere, poi scrive su commissione un adattamento di Portrait of the Addict as a Young Man, libro di memorie di Bill Clegg. In seguito fonda un piccolo studio chiamato Strike Anywhere, specializzato in spot pubblicitari e contenuti per aziende, con il quale produce anche il cortometraggio fantascientifico Remigration, realizzato per la serie antologica Futurestates. Jenkins, sceneggiatore e regista del corto, rielabora il tema della gentrificazione attraverso la sci-fi, come potrete vedere qui di seguito:
Curiosamente, entra persino nello staff della seconda stagione di The Leftovers, ma non ha modo di scrivere granché. La svolta giunge quando un amico gli passa una copia di In Moonlight Black Boys Look Blue, testo mai pubblicato di Tarell Alvin McCraney, drammaturgo che ha frequentato le sue stesse scuole elementari e medie. Il cineasta rimane affascinato dalla struttura tripartita dell’opera (lui stesso sognava di girare un film tripartito da quando aveva visto Three Times di Hou Hsiao-Hsien), e si rende conto che può trarne un adattamento ambizioso. Moonlight nasce così, e le similitudini con l’infanzia di Jenkins sono per lo più accidentali: semplicemente, lui e McCraney sono cresciuti nel medesimo quartiere, e le loro storie hanno qualcosa in comune. Non a caso, Moonlight racconta il percorso formativo di Chiron, un ragazzo dei sobborghi di Miami che cerca la sua identità nel corso dell’infanzia, dell’adolescenza e dell’età adulta, da cui la struttura tripartita. Ovviamente non tutti gli aspetti della storia di Chiron rispecchiano la vita di Barry Jenkins (l’orientamento sessuale, ad esempio, è diverso), ma il cineasta segue il suo protagonista come un fedele alleato, ripercorrendo le tracce della sua infanzia e i luoghi che hanno segnato la sua crescita.
Il via libera al film arriva nel 2013, quando Jenkins incontra i proprietari di Plan B Entertainment dopo aver condotto un Q&A con Steve McQueen all’anteprima mondiale di 12 anni schiavo, durante il Telluride Film Festival. La compagnia legge il copione, lo approva e coinvolge A24, che in precedenza si era sempre occupata soltanto di distribuzione, ma accetta di finanziare Moonlight per tentare anche la strada della produzione. Il resto, come si suol dire, è Storia: la rinascita di Barry Jenkins comincia proprio da qui.
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