Episodio importantissimo nella mitologia di Arrow (ma anche nel percorso emotivo di Oliver Queen e nella rifondazione della sua squadra), Second Chances introduce la nuova Black Canary con un colpo di scena che risale alle origini del personaggio…
Come abbiamo scoperto nel finale dell’episodio precedente, Oliver (Stephen Amell) è determinato a trovare l’erede di Laurel (Katie Cassidy) per affidarle la maschera di Black Canary, ma la ricerca non è facile perché Laurel ha stabilito degli standard molto alti; o almeno è ciò che crede Oliver, il quale tende a idealizzare troppo la sua amica defunta. Dando per scontato l’affetto che nutriva per lei e i saldi principi morali dell’eroina, l’impressione è che Laurel non abbia fatto niente di così trascendentale per meritarsi tutta questa considerazione (non ne ha avuto nemmeno il tempo), ma poco importa: al cuore non si comanda, e forse non è il caso di essere cinici. Dopo aver respinto diverse “candidate” proposte da Felicity (Emily Bett Rickards) e Wild Dog (Rick Gonzalez), l’interesse di Oliver viene catturato da una misteriosa vigilante (Juliana Harkavy) che lavora a Hub City, scoperta da Mr. Terrific (Echo Kellum) su internet. Con un flashback che risale a tre anni fa, l’episodio si apre con la storia delle sue origini: vediamo la detective Tina Boland – questo il nome della donna – torturata dal gangster Sean Sonus (Steve Bacic), che le uccide il partner davanti agli occhi; i due, come se non bastasse, erano amanti. In quel momento, però, si scatena l’onda energetica dell’acceleratore di particelle, che investe Tina mentre sta gridando per la disperazione, e le dona un superpotere di nostra conoscenza: l’urlo sonico, proprio come Black Siren. Insomma, sembra sia destinata a vestire i panni dell’eroina, come dice Ragman (Joe Dinicol). Stavolta Oliver non ha dubbi, e parte per Hub City con Wild Dog e Terrific.
Inutile dirlo, Tina non ha alcuna intenzione di unirsi alla squadra, e respinge l’offerta. Oliver telefona al Central City Police Department per ottenere informazioni su di lei, ma il Capitano Singh (Patrick Sabongui) lo prende per un mitomane che emula la voce di Freccia Verde, e da qui nasce il cameo più fulmineo nella storia della TV: Flash, su richiesta di Oliver, appare brevemente nell’ufficio di Singh e attacca sulla sua scrivania un biglietto con scritto “è lui” per dimostrare che sta davvero parlando con l’eroe di Star City. Bella trovata. Comunque, Singh comunica a Oliver che Tina ormai è un cane sciolto, non lavora più per il dipartimento, ed è impegnata nella sua personale missione di vendetta. Terrific rintraccia la sua posizione, così Freccia Verde e Wild Dog si recano da lei una seconda volta, ma vengono interrotti dagli uomini di Sonus. Anche quest’ultimo, però, ha acquisito dei poteri: è in grado di manipolare le onde sonore per provocare delle vertigini (similmente alla sua controparte fumettistica, Discord), e riesce a sfuggire alla cattura. Intanto, mentre Diggle (David Ramsey) è ancora in galera, Adrian Chase (Josh Segarra) scopre che la NSA sta indagando sul Generale Walker, ma le conoscenze di quest’ultimo hanno bloccato l’inchiesta. Felicity hackera il database dell’agenzia per trovare i documenti che lo incastrerebbero, e viene aiutata da Kojo Sledgehammer (Kacey Rohl), membro di un’organizzazione di hacktivisti clandestini. Kojo le consegna una pen drive soprannominata “Vaso di Pandora”, che contiene i dati sottratti alla NSA: Chase può quindi far uscire Diggle su cauzione.
Tornando alle vicende di Hub City, Freccia Verde svela la sua identità a Tina, e lei accetta finalmente il suo aiuto contro Sonus: ne deriva una spettacolare sequenza d’azione, tra le migliori di questa stagione, dove gli eroi affrontano i criminali in cima a un palazzo, disinnescando i poteri di Sonus grazie al dispositivo che Terrific aveva costruito per Black Siren; soluzione narrativa un po’ troppo semplice che rischia l’anticlimax, ma pazienza, lo scontro è comunque suggestivo. La sequenza sfocia in un cliché fin troppo inflazionato, con Oliver che cerca di convincere Tina a non uccidere Sonus, ma gli autori hanno quantomeno l’accortezza di sovvertire le premesse iniziali: la donna ignora le parole del vigilante, e spara improvvisamente al gangster, squarciando la retorica. Sarebbe stata incoerente, se non l’avesse fatto. D’altra parte, lo stesso Oliver un tempo non si faceva tanti problemi a uccidere i suoi nemici: lo vediamo nei flashback, dove Talia Al Ghul (Lexa Doig) gli rivela di essere stata il mentore di Yao Fei, e di volere il suo aiuto per eliminare un criminale che gestisce un traffico di ragazze. Curiosamente, la sparatoria che ne consegue tenta di citare il gun-fu di John Wick, ma il risultato è abbastanza goffo, non all’altezza di ciò che abbiamo visto un paio di anni fa nella seconda stagione di Agents of S.H.I.E.L.D. (il piano sequenza con Daisy contro l’Hydra). In ogni caso, Oliver uccide il criminale e scopre che quella missione era solo un test: Talia voleva verificare che fosse all’altezza. È qui che le cose si fanno interessanti. Attraverso una struttura circolare che si ricongiungerà con l’inizio della serie, Talia suggerisce a Oliver di ingabbiare il suo “mostro” interiore in un’identità alternativa, tenendola separata da quella di Oliver Queen: la vera genesi di Arrow – e poi Green Arrow – è quindi rintracciabile in questa operazione di retro-continuity, dove Talia sprona Oliver ad accettare le responsabilità che suo padre gli ha caricato sulle spalle, con la famigerata lista di personaggi da punire. Certo, non mancano le forzature (dov’era Talia quando Freccia Verde ha combattuto con Ra’s Al Ghul?), ma bisogna dire che stavolta il gioco di rimandi fra passato e presente funziona bene, poiché alimenta la narrazione invece di ostacolarla o spezzarla.
La vera sorpresa arriva però nel finale, quando Tina si presenta nell’ufficio di Oliver. Spigolosa e saccente fino a poco prima, ora i suoi tratti sono più morbidi, anche se la vendetta non le ha portato grandi benefici: ha bisogno di continuare il suo percorso insieme a qualcun altro, e il Team Arrow sembra l’unica opzione praticabile. Nell’accettare l’invito a entrare nella squadra, la donna rivela che Tina Boland è lo pseudonimo che usava sotto copertura, mentre il suo vero nome è Dinah Drake: ebbene sì, proprio come l’originale Black Canary, quella della Golden Age. È la prova che Dinah – ribaltando la dinamica dei fumetti DC – raccoglierà il testimone di Laurel per diventare la vera Black Canary, personaggio cui la serie finora non ha mai reso giustizia. Si tratta di un traguardo fondamentale nella mitologia di Arrow, ma anche nell’evoluzione psico-emotiva di Oliver, fin troppo abituato a veder crollare tutto ciò che ama; in questo caso, invece, l’eroe è riuscito a redimere un’anima in pena, accogliendola tra le sue fila e – chissà – magari anche nel suo cuore, dato che Freccia Verde e Black Canary fanno coppia nei fumetti. Sarà interessante assistere alla maturazione di Dinah all’interno del gruppo, ma l’importante è che lo show abbia finalmente la Black Canary tosta e potente di cui i fan sentivano la mancanza. Anche per questo, Second Chances è uno degli episodi più riusciti della quinta stagione, e conferma la buona salute della serie rispetto agli anni scorsi.
Voto: ***1/2
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