Rogue One: A Star Wars Story – La recensione in anteprima (NO spoiler)

Rogue One: A Star Wars Story – La recensione in anteprima (NO spoiler)

Di Leotruman

ROGUE ONE – LA CRONOLOGIA DELLA SAGA DI STAR WARS

In Episodio IV, Star Wars: Una Nuova Speranza (1977) la Principessa Leia Organa, membro dell’Alleanza Ribelle che si oppone all’Impero Galattico, è in possesso dei piani della più spaventosa e potente arma mai realizzata: la Morte Nera, una gigantesca stazione di battaglia spaziale grande come una piccola luna, e capace di distruggere un pianeta in un lampo.

Darth Vader cattura la Principessa, che però riesce a far fuggire R2-D2 con tali progetti caricati nella sua memoria, mandandolo alla ricerca di Obi-Wan Kenobi, e indirettamente del fratello Luke. Grazie a quei preziosi piani, come abbiamo visto poi nel corso di Episodio IV, riusciranno a distruggere la Morte Nera causando una ferita importante nell’Impero e nel suo orgoglio.

Ma in che modo la principessa Leia è entrata in possesso dei progetti? La “Prima vittoria dei Ribelli contro l’Impero” viene finalmente raccontata, per la gioia dei fan, nel primo spin-off mai realizzato della saga: Rogue One: A Star Wars Story, da oggi nelle sale italiane.

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La trama non è particolarmente intricata: Jyn Erso (la candidata all’Oscar Felicity Jones) è figlia di un ingegnere spaziale (interpretato da Mads Mikkelsen) che ha avuto un ruolo chiave nella costruzione della Morte Nera. Separata dal padre per oltre 15 anni, si ritroverà arruolata tra le file dei Ribelli e involontariamente a capo di una squadra di improbabili eroi alla ricerca dei famigerati progetti, e soprattutto di qualcosa che l’Alleanza sembrava ormai aver perduto: la Speranza.

Il film ci mostra infatti gli anni più oscuri della saga di Star Wars, quando l’Impero sembrava praticamente inarrestabile, e non è un caso che Episodio IV si intitoli poi Una Nuova Speranza. I Ribelli sono scoraggiati, timorosi, cauti, e non mostrano un vero senso di coesione tra loro contro la minaccia, ormai gravissima, di soccombere completamente all’impero di Palpatine.

Il tono del film discosta molto da qualsiasi altra cosa vista nella saga. È più realistico e crudo, anche in termini di violenza (anche se siamo sempre in casa PG13), e i suoi protagonisti, in particolare il Capitano Cassian interpretato da un ottimo Diego Lunanon hanno paura di usare la mano pesante. Sono azioni disperate in tempi disperati.

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Anche all’interno dell’Impero non è però tutto rose e fiori. L’ambizione non sempre viene premiata nel giusto modo, come ben sa Orson Krennic (Ben Mendelsohn, bravissimo e in parte). Deve mettere da parte con gran fatica il suo orgoglio, e piegarsi ad un Darth Vader sempre più potente, nonostante sia lui il braccio che effettivamente ha coordinato la costruzione della Morte Nera, nella quale non tutti credevano.

Proseguire il racconto della storia sarebbe a rischio elevato di spoiler, e preferisco fermarmi qui per non rovinare alcuna sorpresa durante la visione in sala. Posso dire che ce ne sono molte, non solo nella parte finale, a dir poco adrenalinica e piena di spettacolare azione.

Gareth Edwards aveva già dimostrato di avere un talento registico considerevole nel convincente Godzilla (2014), e si conferma un’ottima scelta per realizzare questo primo spin-off con uno stile fresco e inedito. Le scene d’azione sono girate in modo molto diverso rispetto a quanto visto in precedenza negli Episodi, e il film assume molto spesso i toni di una pellicola di guerra vera a propria, con battaglie intense degne della migliore sci-fi (e non solo).

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Il variegato cast è formato da alcuni tra i migliori interpreti del panorama attuale. La candidata all’Oscar Felicity Jones, ma anche Riz Ahmed (acclamato nel recente capolavoro The Night Of), Mikkelsen e il resto dei co-protagonisti, sono coinvolti e convinti. Qualche dubbio invece su Forest Whitaker, che presta al volto a Saw Gerrera (dalla serie animata The Clone Wars ha fatto il salto al mondo live-action), ma ancora devo comprendere se sia colpa del suo doppiaggio, spesso deludente per la maggior parte dei blockbuster recente (colpa della “segretezza” di queste produzioni e del poco tempo a disposizione).

Altro punto ancora da metabolizzare è il “registro” del film. Abituato all’epicità degli Episodi, dallo splendido Il Risveglio della Forza sino al discusso La Minaccia Fantasma, ho fatto un po’ fatica a settarmi su un nuovo livello, ovviamente inferiore. È giusto allo stesso tempo che sia così, perché questi spin-off in fase di realizzazione (arriveranno anche Han Solo e almeno un terzo) hanno lo scopo di intrattenerci tra un capitolo ufficiale di Star Wars e l’altro, approfondendo aspetti mai chiariti e allargando ulteriormente questo magnifico universo.

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Forse è anche per questo motivo che non ci si affeziona immediatamente ai nuovi personaggi, visto che dobbiamo necessariamente congedarli a fine visione a causa dell’unicità della storia di Rogue One. Sono bastati pochi minuti invece lo scorso anno per amare Rey, Finn, BB-8, Poe, per veder costruiti personaggi tridimensionali e osservare la loro incredibile chimica e carisma.

In realtà la visione Rogue One: A Star Wars Story mi ha fatto ancora più apprezzare a posteriori Star Wars: Il Risveglio della Forza, me ne ha fatto comprendere ulteriormente la difficoltà nel realizzarlo, in particolare dal punto di vista di sceneggiatura, facendomi venir ancor più voglia di vedere Episodio VIII (dicembre 2018) e di incontrare quei magnifici personaggi nuovamente.

Ringrazio in ogni caso Lucasfilm per avermi concesso la possibilità di rituffarmi nel mondo di Star Wars con questo film, che è letteralmente zeppo di easter-egg e dettagli che andranno esaminati al microscopio in multiple visioni, e per avermi permesso di rivedere Darth Vader come se fossimo nel 1977. Le sue scene sono da pelle d’oca, e si conferma essere come uno dei più grandi personaggi cinematografici mai realizzati. Go Rogue!

Rogue One

LEGGI ANCHE: RIVELATO IL TITOLO DI STAR WARS EPISODIO VIII?

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