Recensione di Passengers a cura di Adriano Ercolani, New York.
La fantascienza può ancora essere un genere cinematografico edificante, gentile, latore di speranza? Il nuovo film diretto da Morten Tyldum (The Imitation Game) e interpretato (quasi) interamente dalla coppia Chris Pratt/Jennifer Lawrence risponde in maniera positiva a tale quesito, e soprattutto lo fa in maniera convincente.
Alla base del progetto c’è l’ormai leggendario script di Jon Spaihts, bramato per anni dalle major hollywoodiane ma considerato impossibile da realizzare, almeno fin quando le due star protagoniste si sono rese disponibili a interpretarlo. La sceneggiatura è un qualcosa di semplice e allo stesso tempo bizzarro e commovente. Molte sono le tematiche proposte, non soltanto la storia d’amore tra Jim Preston e Aurora Lane: prima di tutto ad esempio lo sviluppo della psicologia del protagonista, costretto alla solitudine forzata nella prima parte, quella che è probabilmente la parte migliore di Passengers. In un ambiente asettico come l’astronave Avalon in cui è confinato Jim rischia la follia, fino a meditare il gesto estremo prima di “incontrare” Aurora.
La rappresentazione dello stato interiore del personaggio risulta molto efficace, anche perché Chris Pratt lo riempie con enorme presenza scenica e doti d’attore che confermano l’evidente crescita professionale. Un uomo perso poiché privato del contatto umano, seppur circondato da un mondo ipertecnologico: se anche tale idea non fosse stata originariamente intesa come metafora della nostra società sempre più “disconnessa”, tale percezione arriva comunque piuttosto decisa allo spettatore, e coglie nel segno. A personificarla il personaggio secondario di Arthur, il barman/androide che sembra solo in superficie essere di compagnia a Jim, supportarlo a livello emotivo, mentre in realtà rimane una macchina impossibilitata a comprendere e gestire il nucleo fondamentale dell’uomo: la sua umanità dilaniata.
Quando poi la storia d’amore, frustrazione e tradimento diventa la parte fondamentale dello sviluppo narrativo, ecco allora che il ritmo del montaggio e la pulizia della messa in scena di Morten Tyldum consentono a Passengers di dispiegarsi con armonia, senza particolari cadute di tono nonostante un paio di passaggi narrativi scricchiolanti. Il risultato ottenuto è indubbiamente efficace soprattutto perché senza un vero “nemico” da neutralizzare nel corso della seconda parte il film avrebbe potuto facilmente rischiare di incastrarsi in meccanismi stereotipati, macchinosi. E invece ciò non succede: più che l’azione comunque spettacolare a interessare sono le dinamiche tra i personaggi, le loro motivazioni, le conseguenze emotive alle loro scelte spesso dolorose. Confezionato come film di fantascienza lussuoso, Passengers è prima di tutto un lungometraggio su due esseri umani e i loro dilemmi, e in quanto tale merita di essere apprezzato.
Come già anticipato il migliore in scena è un sorprendente Chris Pratt, mentre Jennifer Lawrence pur tutto sommato efficace non regala al pubblico la sua miglior performance. Merita segnalazione anche l’ottimo supporto di Michael Sheen nel ruolo di Arthur. Tra riferimenti gentili a molto cinema di fantascienza del passato – soprattutto il 2001: Odissea nello spazio di Kubrick – e una messa in scena visivamente imponente, Passengers in sostanza funziona principalmente come dramma umano. E questo sorprende, forse addirittura spiazza, poiché abitati ormai come siamo ad assorbire solamente lo spettacolo quando di parla di cinema di fantascienza, forse ci siamo un po’ dimenticati che oltre a quello potremmo goderci anche la forza dei sentimenti…
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Passengers, scritto da Jon Spaiths (L’ora nera, Doctor Strange), è diretto da Morten Tyldum (The Imitation Game), e vede nel cast anche Laurence Fishburne e Michael Sheen. L’uscita americana è prevista per il 21 dicembre 2016, mentre in Italia arriverà il 30 dicembre 2016.
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Fonte: ScreenWeek