Fresco di rinnovo per la seconda stagione, Westworld piazza il suo primo colpo di scena: Trompe L’Oeil radicalizza l’opposizione tra umani e androidi, dimostrando che spesso le apparenze ingannano…
Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER
Theresa Cullen (Sidse Babett Knudsen) incontra Charlotte Hale (Thessa Thompson) per discutere i loro piani. Il consiglio vuole rubare il codice di Arnold e di Robert Ford (Anthony Hopkins) per mandare in pensione quest’ultimo senza il rischio di ritorsioni, ma i tentativi di trasmetterlo con l’androide “randagio” sono falliti, quindi Charlotte propone una soluzione alternativa: Clementine (Angela Sarafyan) viene sottoposta a un test con un androide che interpreta un visitatore umano; il visitatore la aggredisce brutalmente, poi Clementine viene resettata e la scena si ripete, ma la ragazza stavolta reagisce ancor prima di subire la violenza, e massacra il suo aggressore. Stubbs (Luke Hemsworth) è costretto a spararle. Tutto questo accade davanti agli occhi di Ford e di Bernard (Jeffrey Wright), che viene licenziato per aver consentito l’installazione delle cosiddette “fantasticherie”, il codice implementato da Ford per attribuire agli androidi una sorta di subconscio; le fantasticherie, infatti, permettono agli host di accedere alle memorie conservate, da cui ricavano il rancore e il desiderio di vendetta.
Intanto, Dolores (Evan Rachel Wood) e William (Jimmi Simpson) continuano il loro viaggio in treno con Lawrence (Clifton Collins Jr.), ed entrano nella Nazione Fantasma dominata dalle tribù dei nativi. William le dice che non può stare con lei perché c’è qualcuno che lo aspetta a casa, ma poi si rende conto di non poterla lasciare, poiché Dolores ha sbloccato in lui qualcosa di nuovo. Fanno l’amore, ma quando si risvegliano il treno viene attaccato dai confederati. Fuggono a cavallo con Lawrence, e riescono a seminare i confederati grazie all’intervento dei nativi. William e Dolores si fermano in un canyon che lei ha visto in sogno, e decidono di seguire il fiume verso l’ignoto, mentre Lawrence va per la sua strada. Il fuorilegge li avverte: chiunque sia andato in quella direzione, non è mai tornato.
A Sweetwater, Maeve (Thandie Newton) cerca di mettere alla prova l’autocoscienza di Clementine, e scopre che la ragazza progetta di lavorare nel bordello solo per un altro paio d’anni, in modo da risparmiare abbastanza per consentire alla sua famiglia di rifarsi una vita altrove. In quel momento, però, i tecnici entrano nel saloon e prelevano Clementine. Maeve si suicida per tornare nei laboratori, e assiste all’intervento che “lobotomizza” Clementine per farla tornare alla programmazione originale. Rendendosi conto che sopravvivere nel parco è solo l’ennesimo loop, Maeve costringe Felix e Sylvester ad aiutarla a scappare: Sylvester sostiene che sia un suicidio, ma lei gli fa notare che la morte è un’esperienza cui è già abituata, e minaccia di ucciderlo se non la aiuterà.
Bernard affronta Theresa: sa che lei e Charlotte hanno falsato il test su Clementine, e può dimostrarlo. Ciononostante, la porta con sé nel Settore 17 per indagare sulle vere motivazioni di Ford. Entrati nella casa dove il demiurgo ha riprodotto la sua infanzia, accedono a un laboratorio segreto attraverso una porta che Bernard non riusciva a vedere: qui, Ford costruisce i suoi androidi senza rivelarlo al consiglio, e Theresa trova diversi progetti che provano che anche Bernard è un host. Bernard non ci crede, sostiene che i ricordi di suo figlio siano reali, ma l’arrivo di Ford conferma questa rivelazione. Ford dice alla donna che altri provarono a ostacolare i suoi piani, fallendo; poi ordina a Bernard di ucciderla, e lui esegue il compito senza mostrare alcune emozione.
Ma gli androidi sognano pargoli elettrici?
Il colpo di scena di Trompe L’Oeil emerge in trasparenza già dal titolo, che evoca uno dei temi principali di Westworld e di tutta la narrativa fantascientifica germogliata da Philip K. Dick. Così come la tecnica del trompe l’oeil adotta codici rappresentativi talmente naturalistici da apparire reali, le creazioni di Robert Ford tendono a simulare la realtà in modo sempre più fedele, al punto da generare un’illusione che risulta indistinguibile dall’originale. Il conflitto tra la realtà e il suo simulacro è costante in molte opere dello scrittore americano (robot che si credono umani come in Ma gli androidi sognano pecore elettriche? o La formica elettrica, o uomini che confondono vita reale e messinscena fittizia come in Ubik o Tempo fuor di sesto), dove però è spesso impossibile discernere fra le due ipotesi, e la soluzione resta nebulosa. Non è ancora chiaro se la serie di Jonathan Nolan e Lisa Joy intenda spingersi fino a quel punto, ma di certo l’ambiguità è un velo perenne che avvolge ogni sequenza, suscitando numerosi dubbi sulla vera identità dei personaggi o sulle situazioni che affrontano.
Gli indizi circa la natura artificiale di Bernard sono disseminati lungo tutto l’arco della puntata (e forse anche di quelle precedenti), quindi l’epilogo non fa altro che confermare i sospetti. È interessante notare un dettaglio: se Dolores e Maeve iniziano a coltivare la loro autocoscienza proprio grazie ai ricordi, per Bernard è invece l’opposto, poiché la memoria è una gabbia che lo imprigiona nella sua illusione, nutrendola di “falsa realtà”. Non a caso, quando scopre di essere un androide, fa leva sui ricordi del figlio per dimostrare il contrario, ma essi sono stati impiantati nella sua mente solo per sostenere l’inganno. Bernard, paradossalmente, è fin troppo “umano” per poter accettare la verità, e vive proprio quelle frustrazioni che Ford sostiene di aver rimosso dai suoi robot: anche gli host sono soggetti all’autocommiserazione, se messi di fronte alla loro vera natura.
Gli androidi, però, sono in grado di provare anche empatia, ed è proprio quest’ultima a definire l’umanità di un individuo (organico o inorganico). La scena in cui Clementine racconta a Maeve i suoi sogni di libertà è estremamente significativa, in tal senso: Maeve sa bene che nel futuro della collega non c’è alcun cambiamento, poiché Clementine, come tutti gli androidi, è intrappolata in un loop che le impedisce di realizzare le sue aspirazioni, dove il passato è una semplice linea di codice nel suo sistema operativo. In quel momento, dagli occhi di Thandie Newton traspare un senso di compartecipazione che spinge il personaggio a prendere in mano il suo destino e pianificare la fuga; si può quindi affermare che, in quel preciso istante, nasca una “coscienza di classe” in seno all’androide, potenzialmente in grado di diffondersi presso i suoi simili come un virus.
Anche Dolores sta prendendo coscienza di sé, non solo in quanto robot, ma in quanto personaggio di una narrazione. Se per William il parco è un mezzo per trovare uno scopo all’interno di una vita che di scopi e regole non ne ha affatto (nel senso che non ha struttura, al contrario di un libro o di un gioco), Dolores è invece stanca di vivere in un mondo così rigidamente strutturato, quindi desidera l’esatto contrario: non ruoli predefiniti e rigidi legami di causa-effetto, ma l’imprevedibilità del singolo momento. La ragazza è ormai refrattaria a qualunque categorizzazione predefinita, poiché impegnata in un cammino di emancipazione. Dopo aver abbandonato il ruolo di “damigella in pericolo”, ha deciso di autodeterminare la sua sorte e rifiutare ogni tentativo di collocazione tipologica; così, quando William le dice che lei ha “sbloccato” («unlocked») qualcosa in lui, Dolores gli risponde fermamente: «Non sono una chiave, William», sottraendosi alla parte di “interesse romantico” che esiste solo in funzione dell’eroe. D’altronde, quante volte abbiamo sentito un uomo affermare narcisisticamente di essere stato “salvato” da una donna? Ecco, Dolores respinge proprio quel ruolo di sudditanza, affermandosi come l’eroina della propria storia. E, se le parole di William forniscono un indizio attendibile, allora Westworld ha proprio bisogno che Dolores diventi la salvatrice di sé stessa e di tutto il parco.
La citazione:
«Io non voglio far parte di una storia. Tutto ciò che voglio non è guardare al passato o al futuro, ma vivere il momento presente.»
Ho apprezzato:
– La costruzione graduale del colpo di scena
– L’empatia di Maeve come base della coscienza di classe
– Il gioco di opposizioni tra i desideri di Dolores e quelli di William
– L’ottima confezione tecnica e visiva
– L’evocazioni di tematiche dickiane
Non ho apprezzato:
– Nulla di rilevante
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