Crocevia importante nell’arco narrativo della prima stagione, Contrappasso ci trascina sempre più a fondo nell’universo di Westworld, dove l’Uomo in Nero e Robert Ford si confrontano sul misterioso labirinto…
Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER
Dolores (Evan Rachel Wood) si reca con William (Jimmi Simpson) e Logan (Ben Barnes) nella cittadina di Pariah, dove si aspettano che El Lazo (Clifton Collins Jr.) li ricompensi per avergli riportato uno dei suoi uomini. Logan vuole un’avventura bellica, quindi El Lazo propone loro di rubare un carico di nitroglicerina dall’esercito, e fornisce a Dolores degli abiti da cowgirl. Nonostante cerchino di evitare spargimenti di sangue, il colpo sfocia in una carneficina, poiché William spara ai soldati per salvare Logan. La nitroglicerina viene venduta a un gruppo di ex confederati, ora mercenari, ma El Lazo li truffa e tiene l’esplosivo per sé. Logan accusa William di essere debole e inerme. Quando gli ex confederati si accorgono dell’inganno, Logan viene aggredito, e William decide consapevolmente di non aiutarlo dopo aver trovato in Dolores uno spirito affine; i due si scambiano anche il primo bacio, e lei uccide tre mercenari che stavano per attaccarli.
Elsie (Shannon Woodward) scopre che l’androide “randagio” stava trasmettendo informazioni segrete a un individuo misterioso, e lo dice a Bernard Lowe (Jeffrey Wright). Dolores viene interrogata da Robert Ford (Anthony Hopkins), ma evita di confessargli che nella sua mente risuona sempre la voce di Arnold, il quale la sprona a trovare il labirinto. L’Uomo in Nero (Ed Harris), sulla strada per raggiungere lo stesso obiettivo, uccide Lawrence e usa il suo “sangue” per salvare Teddy Flood (James Marsden), che accetta di seguirlo perché crede che Wyatt abbia rapito Dolores. In un bar, Ford si siede al tavolo con il pistolero: i due uomini si conoscono, e Ford e gli dice che per lui non ha importanza se troverà il labirinto. Non appena l’Uomo in Nero si fa minaccioso ed estrae il coltello, Teddy blocca la sua mano e lo disarma.
William e Dolores saltano sul vagone di un treno per fuggire da Pariah, e trovano El Lazo con il carico di nitroglicerina. Dolores minaccia di farla saltare in aria, ed El Lazo si lascia disarmare. I tre sembrano stringere un’alleanza, e il fuorilegge rivela di chiamarsi Lawrence. Nel laboratorio, Maeve Millay (Thandie Newton) si risveglia sul tavolo operatorio, e dice a uno dei tecnici che devono parlare…
Uno scopo nel mondo
Come ogni gioco di ruolo, Westworld è una “mappa” che si fa sempre più insidiosa man mano che ci si allontana dal punto di partenza, e la sua difficoltà progressiva dipende da quanto il giocatore sia disposto a rischiare. L’Uomo in Nero, reduce da decenni di esperienze nel parco, ne cerca il nucleo centrale per vivere la sfida definitiva, come se si aspettasse la rivelazione di una grande Verità al termine della sua avventura: l’incontro con Robert Ford rappresenta il crocevia della prima stagione (non a caso è stato collocato esattamente a metà del suo arco narrativo) e lascia intendere che i due uomini sono destinati a scontrarsi, in un modo o nell’altro; Ford non sembra preoccupato dal fatto che il pistolero trovi il misterioso labirinto, eppure il suo intervento non può essere casuale. D’altra parte, le azioni dell’Uomo in Nero paiono forzare i limiti naturali del parco, e questo potrebbe costituire un problema in una realtà dove ogni dettaglio dev’essere tenuto sotto strettissimo controllo.
Come al solito, il personaggio di Ed Harris è il più lucido fra tutti i visitatori di Westworld, e la sua violenza cela un consapevole scopo “metanarrativo”: al parco mancava un antagonista, e ora lui si è proposto per riempire quella lacuna. In generale, tutti i clienti umani trovano un obiettivo all’interno della narrazione, poiché essa si svolge in un mondo strutturato e codificato che offre un rifugio dal caos della vita reale, dove i ruoli e la morale non sono altrettanto definiti. La serie di Jonathan Nolan e Lisa Joy si conferma quindi una grande riflessione sul potere del racconto e sui mezzi rassicuranti della finzione, che garantiscono una suddivisione precisa delle parti (vittime e carnefici, buoni e cattivi…) senza l’ambiguità che caratterizza il mondo esterno, quello vissuto quotidianamente dai visitatori/spettatori; si frequenta Westworld non solo per sfogare i propri istinti brutali e/o sessuali, ma anche per sperimentare una vita paradossalmente più semplice, dov’è possibile scegliere un ruolo e attenersi a quello, agendo senza conseguenze.
Gli stessi William e Dolores trovano uno scopo all’interno del parco, si rinnovano. William, reduce dagli insulti classisti di Logan, si rifiuta di aiutarlo e impone così la sua indipendenza, adottando una personalità più forte che lo allontana dalla fama di persona “innocua”, proprio quando comincia ad accettare i meccanismi del gioco e approfondisce la sua relazione con Dolores; quest’ultima, intanto, guadagna un’insospettabile autonomia che contraddice il suo vecchio loop, guidata dalla voce di Arnold che la emancipa definitivamente dai suoi creatori (al punto da mentire a Ford, persino in modalità “analisi”). Il cambio d’abiti e l’uso della pistola rispecchiano questo mutamento, poiché Dolores sceglie di diventare la protagonista della sua storia, non più la damigella in pericolo nelle storie altrui.
Se è vero che, nel mondo western della serie, i ruoli e la morale non sono ambigui come nella vita quotidiana, lo show conserva però un altro tipo di ambiguità, che ricorda le speculazioni di Philip Dick sulla natura del reale. Contrappasso rende infatti impossibile distinguere la realtà dalla finzione, la verità dall’illusione: quanto c’è di vero nei rischi corsi da Logan quando viene aggredito e preso a pugni dai confederati? O nel carico di nitroglicerina che Dolores minaccia di far saltare in aria? Non si può escludere che tutto faccia parte di una grande storyline, con comportamenti predeterminati e risultati già previsti, mentre un demiurgo sorveglia l’intero processo. Insomma, Westworld è una colossale messa in scena dove non sempre gli attori sanno di essere tali, e c’è sempre un livello più elevato da raggiungere: la strada per la liberazione è ancora lunga.
La citazione:
«Hai detto che le persone vengono qui per cambiare la storia della propria vita. Ho immaginato una storia in cui non devo essere la damigella in pericolo.»
Ho apprezzato:
– Il confronto tra l’Uomo in Nero e Robert Ford
– La riflessione sul potere del racconto
– L’impossibilità di distinguere ciò che è reale da ciò che è fittizio
– L’ottima confezione tecnica e visiva
– Il processo di emancipazione che coinvolge William e Dolores
Non ho apprezzato:
– Nulla di rilevante
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