Seth Rogen ed Evan Goldberg colpiscono ancora. E colpiscono duro. Non paghi di aver portato sul grande schermo film come Facciamola finita e The Interview, capaci di far parlare di sé, più che per meriti artistici, per i loro contenuti molto scanzonati e sopra le righe (per usare un eufemismo!) il caustico duetto torna, con gli amici di sempre (tra cui James Franco, Jonah Hill, Michael Cera) per “sporcare” il cinema d’animazione con la pellicola di genere probabilmente più dissacrante dai tempi di Fritz il Gatto.
Sorge il sole sul grande magazzino Shopwell’s: un’altra giornata sta per cominciare, e sarà una giornata speciale, dato che è la vigilia del 4 luglio. Tra gli scaffali, i prodotti in vendita sono in fibrillazione; sì, perché, anche se non possiamo rendercene conto, anche loro sono “vivi” e ogni giorno sperano di poter affrancarsi dai ripiani per abbracciare una nuova vita al di fuori del negozio, nel “Grande Oltre” che gli è da sempre promesso dalla singolare canzone che intonano gioiosi ogni mattina. In particolare, il salsicciotto Frank e la sua amica speciale Brenda -una bella ‘panina’ da hot dog- non vedono l’ora di potersi finalmente congiungere… ma l’ombra del dubbio si affaccia prepotente sulla speranza di Frank e dei suoi amici: forse il Grande Oltre è solo una spregevole bugia, un paravento per nascondere una desolante realtà. Frutta, verdura, pane, insaccati e tutti gli altri “inquilini” in attesa di venire scelti dagli “dei umani” sono solo in attesa di essere tragicamente consumati… esiste via di scampo da questa insostenibile verità?
Se Shrek ha eliminato il politically correct dalla visione “disneyana” delle favole animate, il film diretto da Greg Tiernan e Conrad Vernon, grazie alla penna di Goldberg e Rogen, entra di prepotenza nella formula vincente Pixar di umanizzare ecosistemi inanimati per portare avanti metafore e concetti piuttosto adulti, condendo il tutto con molto umorismo nero, violenza figurata e sessualità più o meno esplicita, per quanto sublimata nella forma.
Sausage Party spiazza, non teme di premere sull’acceleratore e fare sprezzante ironia su politica, religione, consumismo, ipocrisia. E di certo non è compiacente con il suo pubblico, che deraglia a piacimento lungo i binari di una storia scorrevole, sì, ma di certo poco ordinaria nelle sue componenti.
Dipende dalla propria sensibilità personale, in pratica, l’effetto che il film farà sullo spettatore: al di là della componente tecnico/artistica comunque più che buona, Sausage Party si regge sulle continue e bizzarre trovate che sciorina a mitraglia, che potreste trovare gratuite o, al contrario, assolutamente geniali perché, alla fine, non fanno altro che dire la verità, senza voler imporre alcuna morale ad un mondo che, per certi versi, sembra non volerne e al massimo accettare, più che quelle maggiormente sensate, solo quelle che sembrano più allettanti e facili.
Lasciate a casa i preconcetti e i puritanesimi, dunque, se volete approcciarvi al film: potrebbe essere un’esperienza insolitamente “godereccia”.
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