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Supergirl, la recensione dell’episodio 2.01: The Adventures of Supergirl

Pubblicato il 14 ottobre 2016 di Lorenzo Pedrazzi

Complice il passaggio da CBS a The CW, il primo episodio della seconda stagione di Supergirl è un vero e proprio “reboot” della serie, caratterizzato da un nuovo status quo e dalla felice introduzione di Superman

Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER

Supergirl (Melissa Benoist) e Martian Manhunter (David Harewood) hanno recuperato il misterioso kryptoniano (Chris Wood) che si è schiantato su National City a bordo di una capsula, e lo hanno portato al DEO per tenerlo sotto controllo. È in stato d’incoscienza.
Nel frattempo, il primo velivolo spaziale per il trasporto commerciale viene lanciato in orbita, ma un malfunzionamento lo fa precipitare verso terra. Kara sente la notizia proprio durante il suo appuntamento con James Olsen (Mehcad Brooks), e parallelamente, a Metropolis, suo cugino Clark Kent (Tyler Hoechlin) abbandona gli abiti civili per intervenire come Superman. I due cugini salvano il velivolo e tutti i passeggeri, poi Supergirl accompagna l’Uomo d’Acciaio al DEO, dove Winn (Jeremy Jordan) sta lavorando in prova. Clark abbraccia Alex (Chyler Leigh) e saluta J’onn, con cui ha un rapporto molto teso perché – durante una vecchia missione – si rifiutò di distruggere un carico di kryptonite per tenerla al DEO, in caso di evenienza.
Kara si confronta con Cat Grant (Calista Flockhart) circa il suo nuovo lavoro, ma non ha ancora deciso cosa fare. Il DEO scopre che sul velivolo mancava un passeggero, Lena Luthor (Katie McGrath), sorella di Lex, che si è appena trasferita a National City per rinnovare l’immagine della sua compagnia, smarcandola dalle malefatte del fratello. Kara e Clark la interrogano, ma non trovano niente di sospetto; anzi, vengono a sapere che il bersaglio dell’attentato sul velivolo era proprio lei. Lena subisce un altro attacco durante la cerimonia in cui la Luthor Corp cambia nome in L Corp: una squadra di droni cerca di ucciderla, comandati da un sicario di Lex chiamato John Corben (Frederick Schmidt). Superman e Supergirl salvano la situazione e impediscono a un grattacielo di crollare, mentre Alex affronta John, che viene atterrato da un colpo di pistola sparato da Lena.
Kara fa ordine nella sua vita: capisce di non desiderare nient’altro che un amicizia dal suo rapporto con James, e decide di diventare una reporter, con il pieno supporto di Cat. Winn viene assunto presso il DEO, mentre Superman annuncia che resterà a National City per un po’. Intanto, nella base del Progetto Cadmus, una donna (Brenda Strong) attiva un procedimento che salva la vita a Corben e lo trasforma nel meta-umano noto come Metallo

L’Uomo del Domani e la Ragazza d’Acciaio
Cambiare casa per cambiare pelle, e avvicinarsi così alle altre serie del DC Extended Universe: la seconda stagione di Supergirl non è un semplice proseguimento della prima, bensì un reboot che spariglia le carte e ricomincia da capo, rivoluzionando lo status quo dei protagonisti. Kara e Winn ripartono da un nuovo lavoro, il DEO cambia sede, Jimmy Olsen abbandona il ruolo di interesse romantico e, soprattutto, Superman non è più un tabù. Se in passato veniva ritratto solo da lontano o con altri espedienti per offuscare la sua immagine, ora l’Uomo d’Acciaio si fa vero e proprio personaggio, e Tyler Hoechlin offre una validissima alternativa all’attuale versione cinematografica. Il suo Superman è molto più fedele alla rappresentazione “classica” dell’eroe, più lieve e luminosa, forse meno introspettiva ma sempre al servizio del prossimo. Non una figura greve e messianica, insomma, ma un individuo che conosce il suo posto nel mondo, ordinario e straordinario al tempo stesso, capace di alleggerirsi con ironia o d’incupirsi all’improvviso quando la situazione lo richiede. Efficace anche il contrasto con il suo alter ego umano, Clark Kent, reporter goffo ma fascinoso che sa bene come svolgere il suo lavoro.

Superman è la nota più lieta di un episodio che svolge una funzione puramente introduttiva, sia per il nuovo status quo sia per il supervillain Metallo, la cui genesi viene mostrata alla fine. L’azione non è certo memorabile (manca un avversario all’altezza dei due cugini kryptoniani), e gli effetti digitali sono altalenanti: discreti nelle scene di volo con gli eroi, mediocri quando ricreano il velivolo spaziale. È chiaro che una serie come Supergirl chieda molto – forse troppo – alle risorse di The CW, soprattutto se consideriamo che i budget televisivi sono generalmente più risicati di quelli cinematografici. È comunque apprezzabile lo sforzo, poiché gli autori e i tecnici della CGI devono muoversi entro confini economici molto limitati.

Comunque sia, The Adventures of Supergirl non convince mai del tutto, a partire dalle sue forzature logiche: non c’è una reale giustificazione per il repentino disinteresse di Kara verso Jimmy, né per la subitanea sparizione di personaggi come Maxwell Lord e soprattutto Lucy Lane, esclusi – almeno per ora – dal reboot. Senza contare che il tema dell’empowerment femminile è affrontato in modo didascalico, con il solito monologo retorico e bruscamente adulatorio di Cat Grant («Ho visto in te un po’ di me stessa») che premia Kara per le sue qualità, offrendole il lavoro che preferisce. C’è di buono, però, che questi cambiamenti potrebbero innescare situazioni meno frivole e più mature, abbandonando le atmosfere da Il diavolo veste Prada per assumere toni leggermente più spigolosi; d’altra parte, la Ragazza d’Acciaio diventerà una reporter, e dovrà vedersela con il ruvido Snapper Carr. In generale, il nuovo status quo cerca di allontanarsi dalle sfumature adolescenziali che caratterizzavano le avventure precedenti.

Rispetto alla prima stagione, i semi della trama orizzontale sembrano più interessanti, con la minaccia del Progetto Cadmus che si profila all’orizzonte e l’inevitabile ambiguità di Lena Luthor. È noto che gli show targati The CW tendono molto verso il melodramma e la soap opera, quindi Supergirl rischia di trovarsi fin troppo bene in quel contesto, ma è auspicabile che certi tratti vengano mitigati per risultare meno stucchevoli. Melissa Benoist, sempre piacevole nel suo doppio ruolo, rende al meglio quando può abbandonarsi all’ironia e alla goffaggine dell’eroina, la cui umanità non è mai in discussione.

La citazione:
«Le dia una possibilità, per favore. È così dolce e intelligente. È andata a Yale.»
«Anche George Bush, se è per questo.»

Ho apprezzato:
– Il Superman di Tyler Hoechlin
– L’interpretazione di Melissa Benoist
– Lo status quo più “maturo”

Non ho apprezzato:
– Le forzature logiche per rivoluzionare lo status quo
– Il modo didascalico con cui viene affrontato il tema dell’empowerment femminile
– La qualità discutibile degli effetti visivi

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