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Mapplethorpe: Look at the Pictures, la recensione del documentario sul più controverso fotografo americano

Pubblicato il 24 ottobre 2016 di Marco Lucio Papaleo

Cosa rende la fotografia un’arte? A differenza della pittura o della scultura, tutti sono in grado di scattare una fotografia. Ma cosa la fa trascendere a un livello superiore? E quali sono (se ci sono) i limiti e i confini tra l’arte e il cattivo gusto? Quesiti a lungo dibattuti, e che certo non verranno fugati da Mapplethorpe: Look at the Pictures, che tuttavia invita i suoi fruitori proprio a domandarselo, mentre si scoprono tutti gli aspetti della vita di Robert Mapplethorpe, uno dei più famosi e controversi fotografi del ventesimo secolo.

Realizzato in collaborazione con la Mapplethorpe Foundation e con l’intervento di molteplici persone che l’hanno (a vario titolo) conosciuto, il lungo documentario di Fenton Bailey e Randy Barbato pone i riflettori sulla vita e l’opera di Mapplethorpe senza troppi filtri e senza sovrapporre una propria visione artistica a quella del suo protagonista. Da questo punto di vista c’è “poco cinema” in questo film, che ha intenti puramente biografici e didascalici, ma è una scelta ampiamente condivisibile per non cozzare con lo sguardo intenso del protagonista sull’arte e sul mondo. C’è, anzi, l’intento (riconoscibile fin dal titolo) a fornire un quadro d’insieme che porti lo spettatore a farsi un’idea propria di questa inconsueta figura. “Look at the pictures!” non è un invito da parte dei suoi amici e collaboratori, ma la famosa esortazione del senatore Jesse Helms durante un’interrogazione parlamentare in cui si metteva in discussione la presunta arte di Mapplethorpe, ritenuta mera pornografia a causa dell’ampia quantità di scatti di natura omoerotica e sadomaso. Ed è proprio gettando un occhio ai suoi lavori, al di là di ogni possibile idea aprioristica, che ci si può fare un’idea personale del vero confine tra arte e perversione.

Biograficamente molto completo, Mapplethorpe: Look at the Pictures mostra l’evoluzione della vita e della singolare personalità dell’artista nel corso degli anni non solo tramite la viva voce di amici, parenti e collaboratori, ma anche tramite una gran quantità di materiale d’archivio foto, audio e video con protagonista lo stesso Robert, fino a scoprirne tutti gli angoli candidi e oscuri. Personaggio “fluido”, capace di accompagnarsi all’aristocrazia e poi perdersi nei gay club più estremi, esteta perfezionista ma anche ambizioso oltremisura, Mapplethorpe non disdegna lavorare su tutto ciò che possa portarlo più in alto (compresa la pubblicità di un deodorante!) e decide di vivere la sua vita al massimo quando, nel 1986, gli viene diagnosticato l’AIDS. Grazie al documentario (il primo realizzato dalla sua morte) ci si fa un’idea ben precisa, per quanto personale, di questo controverso fotografo, e di certo è un viaggio interessante. Anche se, chiaramente, non adatto a tutti i palati (le sue foto e le sue tematiche preferite rimangono sempre centrali e sono giustamente esposte senza censure) e forse leggermente stancante, per via della durata non proprio accomodante (quasi due ore). Si tratta, comunque, di un esperimento riuscito, che merita la visione almeno da parte del pubblico intellettuale.