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Lo show creato dal premio Oscar Cameron Crowe (per la sceneggiatura del film Quasi Famosi del 2001) si è affacciato sul panorama televisivo lo scorso 26 Giugno sul canale televisivo Showtime: una serie dedicata, come dice il titolo, al mondo dei Roadies, quelle persone che vivono dietro le quinte durante i tour delle grandi band dovendosi occupare di tutto: dall’amministrazione, al comparto tecnico, alla sicurezza e così via. Una produzione che si è subito guadagnata il supporto entusiasta di J.J.Abrams e di Kelly Curtis, manager dei Pearl Jam.
LIFE IS A CARNIVAL
Questo il titolo del Pilot, che inizia presentandoci subito i due protagonisti della serie: Bill (Luke Wilson, da The Ridicoluos Six o My Super Ex-Girlfriend)), tour manager della Staton-House Band, a letto con una ragazza fin troppo più giovane di lui, e Shelli (Carla Gugino, vista in Californication e Waywards Pine), sua socia con la quale già da subito traspare un rapporto che va ben oltre la semplice normalità fra colleghi. Ma questo vale praticamente per tutti i componenti della squadra dei Roadies: le condizioni lavorative totalizzanti e la continua lontananza da casa costringono i lavoratori a costruirsi e crescere come una vera e propria famiglia, tema portante di questo primo episodio.
Famiglia della quale non si sente parte integrante Kelly Ann, operatrice scenografica (forse?) al suo ultimo giorno prima di volare a New York ed iscriversi ad una scuola di cinema per la quale ha vinto una borsa di studio. Attorno a loro, una varietà di personaggi per ora solo approssimativamente delineati: dalla tecnica del suono lesbica (intepretata da Keisha Castle-Hughes, vista in Game of Thrones come Obara Sand) al vecchio cowboy pieno di aneddoti, dal mago della macchinetta del caffè al filosofico autista di uno dei camion, il parco personaggi è estremamente variegato (non dimentichiamo la stalker ossessiva pronta a tutto per incontrare i membri della sua band preferita), ed anche se non è stato sfruttato appieno nel primo episodio lascia intendere una narrazione composta da un intricato intreccio fra le storie di moltissimi soggetti diversi.
L’armonia viene rotta da Reg Whitehead (il Rafe Spall di Vita di Pi o Prometheus), mandato dall’alto a regolare gli sprechi di budget e a far saltare qualche testa; la sua politica si scontra con gli ideali di Kelly Ann, che ci mostra il suo grande attaccamento alla musica e al lavoro che lei stessa svolge in un dialogo dal quale esce vincitrice. Su di lei si concentra l’unico reale snodo di trama: seguendola nel suo muoversi sullo skateboard all’interno del set, seguiamo anche il crescere dei suoi dubbi e delle sue (infondate) frustrazioni, mentre la famiglia di cui prima parlavamo le si mostra sempre più vicina: fino al punto in cui la ragazza deciderà di tornare sui suoi passi, rimanendo all’interno della produzione.
CONFUSIONE GENERALE
L’episodio si fonda sulla confusione estrema. Dietro le quinte del concerto che sta per iniziare e ci sono mille problemi da risolvere; da risolvere sono anche numerosi rapporti fra i protagonisti, ad iniziare da quello fra Bill e Shelli che, pur essendo la seconda sposata, vira presto verso lidi romantici, ma anche quello fra Kelly Ann e suo fratello Jesse. Il tema portante vuole essere quello dell’amore per la musica, in una salsa diversa però da come siamo abituati a vederlo trattare: una passione che si traduce in lavoro, un lavoro che ha reso le vite dei protagonisti un totale disastro all’infuori dello stesso. E la scenografia, la camera, la fotografia, si impegnano moltissimo a trasporre questo senso di mancanza di definizione, riuscendo pienamente nell’impresa.
Fin troppo, in realtà: la verità è che di questo primo episodio si riesce a capire poco o nulla. Non è semplice ad esempio, ad esclusione di Bill, Shelli e Kelly Ann, capire chi rivedremo nel prossimo episodio: i contorni fra guest star e regular sono fin troppo sfumati, dando al Pilot una connotazione troppo aleatoria; inoltre non è ben chiaro cosa stiano facendo i vari protagonisti nei vari momenti della giornata che precede il concerto, né perché lo facciano. Tutti sono al lavoro, tutti corrono freneticamente da un posto all’altro; ma non si riesce pienamente a capire cosa stiano facendo, quali siano le gerarchie, dove sia la band (che viene confusa con la band di supporto) all’interno del contesto.
La narrazione di Cameron Crowe in passato ci ha abituato però spesso a delle partenze lente e confuse, che poi si sono risolte in una magistrale costruzione delle storie e dei personaggi: aspettiamo fiduciosi il prossimo episodio per completare quindi un giudizio, per capire quale corso prenderanno le vicende e quale sarà il reale tono dello show.
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