See, secondo episodio di Preacher, è sostanzialmente la metà conclusiva del pilot, tant’è che alla regia figurano ancora Seth Rogen e Evan Goldberg…
Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER
1881. Un misterioso cowboy attraversa il deserto e accetta l’ospitalità di un gruppo di coloni, spintisi a ovest per reclamare la terra. Il cowboy, taciturno, apre bocca solo quando gli chiedono se per lui quel posto sia il paradiso, e lui risponde che non lo è. Infine, raggiunge la cittadina di Ratwater, al cui ingresso sorge un albero affastellato di cadaveri di nativi americani, impiccati e privi dello scalpo.
Ai giorni nostri, Jesse Custer (Dominic Cooper) si sta impegnando per diventare un buon predicatore, e battezza alcuni membri della sua chiesa. Fra di essi ci sono anche Eugene (Ian Colletti) e Tulip (Ruth Negga), che si fa battezzare per provocarlo e per ricordargli quel “colpo” in cui lo vuole coinvolgere. Uno dei neo-battezzati è l’autista del pulmino scolastico, il quale confessa a Jesse di provare attrazione nei confronti di una ragazzina. Jesse, chiaramente disgustato, lo esorta a liberarsi di quelle tentazioni. Intanto, due misteriosi investigatori lo osservano, mentre Odin Quincannon (Jackie Earle Haley) obbliga due coniugi a firmare un documento che ratifica la cessione della loro casa, prontamente abbattuta da un bulldozer dopo lo sgombero.
Jesse cerca di fare propaganda per la sua chiesa con Emily (Lucy Griffiths), ma hanno poco successo. Tulip, inoltre, stacca il volante dalla sua auto e lo appende in cima a un lampione. Sconsolato, Jesse torna in chiesa e comincia a bere con Cassidy (Joseph Gilgun), ma un sorso dalla fiaschetta del vampiro – contenente un miscuglio di alcol puro, liquido del condizionatore e scorie della macchina del caffè – lo manda al tappeto. Cassidy ne approfitta per prendergli il portafogli e le chiavi dell’auto. Più tardi, in chiesa irrompono i due investigatori, che praticano un bizzarro rituale canterino su Jesse per estrarre dal suo corpo l’entità che vi abita. Non ci riescono, quindi passano alla sega elettrica, ma Cassidy arriva appena in tempo: affronta i due uomini e riesce a ucciderli dopo una violenta colluttazione, poi li taglia a pezzi e li chiude in una cassa per seppellirli. Sorge il sole, quindi il vampiro deve aspettare.
Emily trova Jesse e lo sveglia: deve andare a far visita a una ragazza in coma. La madre di quest’ultima, però, non sa che farsene delle parole di conforto, e Jesse si sente inutile. Come se non bastasse, Tulip continua a tormentarlo: lo stordisce con un taser e lo lega a una catena per convincerlo a partecipare al “colpo”, perché non lo farà senza di lui. È convinta di poter evocare il “ragazzo cattivo” che è ancora sepolto nel suo animo, e che prima o poi dovrà riemergere. La catena però non è attaccata a nulla, e Tulip lo lascia andare.
Tornato a casa, Jesse riceve la visita di Eugene, che sostiene di essere ricaduto nel peccato, e che l’effetto purificante del battesimo sia solo temporaneo: il ragazzo crede che la vera natura di una persona sia destinata a prendere il sopravvento, prima o poi. Queste parole spingono Jesse a seguire il suo istinto: va dall’autista del pulmino, lo colpisce e poi ripete il battesimo in una vasca piena di acqua bollente, intimandogli di dimenticare la ragazzina. L’autista la dimentica davvero, come se fosse stata cancellata dalla sua mente, e Jesse si rende conto di avere un incredibile potere. Nel frattempo, Cassidy seppellisce i cadaveri dei due investigatori, i quali però ricompaiono immediatamente nel loro motel, dove sono interrogati dallo sceriffo Hugo Root (W. Earl Brown). Jesse, consapevole delle sue nuove abilità, corre a casa della ragazza in coma, e le dice di aprire gli occhi…
Ambiguità e parossismo
Se consideriamo il pilot di Preacher e il suo secondo episodio – See – come un corpo unico, risulta chiaro che il terzetto composto da Seth Rogen, Evan Goldberg e Sam Catlin abbia adottato un approccio graduale per immergersi nel cuore pulsante della trama, poiché le prime due puntate formano una sorta di lungo “prologo”. Questo avvicinamento progressivo serve a preparare il terreno per gli sviluppi futuri, mentre rifugge da ogni abuso didascalico: la serie infatti, almeno per il momento, predilige i contenuti sottintesi e non fornisce troppe spiegazioni, lasciando che la matassa della trama si dipani lentamente, scena per scena. È inevitabile che nasca un po’ di confusione in questo intreccio di storie e di personaggi, dove le macchinazioni di Tulip e Odin risultano nebulose, e l’origine dei poteri di Jesse resta sconosciuta per chiunque non abbia letto il fumetto di Garth Ennis e Steve Dillon.
Eppure, See suscita curiosità proprio in virtù della sua struttura frammentaria, che parcellizza la narrazione in una pluralità di voci e di volti insoliti, spesso surreali e trasognati. Rogen e Goldberg si esprimono al meglio quando mettono in scena situazioni macabre e/o stranianti, come l’ottima premessa con il misterioso cowboy (personaggio ben noto ai fan) o le scene che coinvolgono l’enigmatica coppia di investigatori, soprattutto il rituale nella chiesa e le sequenze nel motel; a tal proposito, merita un plauso il repentino stacco di montaggio che passa dal seppellimento dei cadaveri alla loro improvvisa “resurrezione”, mentre parlano con lo sceriffo come se nulla fosse accaduto: semplice, efficace e spiazzante. Certo, la passione degli autori per i sottintesi rischia di trascurare alcuni passaggi, rendendoli oscuri e ingiustificati: è il caso, ad esempio, delle parole che Eugene rivolge a Jesse verso la fine dell’episodio, dove lo sventurato ragazzo – esaurito lo slancio ottimistico del battesimo – afferma di essere tornato sulla cattiva strada. Eugene, però, era completamente sparito dal racconto, quindi non conosciamo le cause della sua disillusione, anche perché i retroscena che lo riguardano sono ancora ignoti al pubblico televisivo.
Comunque, è nel parossismo che Preacher trova la sua chiave espressiva ideale, nonostante lo show edulcori alcuni aspetti dell’opera di Ennis. Lo scontro fra Cassidy e i due investigatori è però un buon esempio delle sue potenzialità demistificanti, poiché lavora sulla satira e sul senso dell’assurdo: seppure ammantata da un clima surreale, questa scena d’azione funziona bene anche sul piano fisico, con piccoli accenni splatter e alcuni momenti che si avvicinano alla comicità slapstick. Lo stesso Cassidy coagula in sé tutta la stralunata imprevedibilità della serie, caratterizzata da bruschi cambi di tono che spesso sovvertono la retorica in favore del cinismo. C’è una fondamentale doppiezza in praticamente tutti i personaggi principali, il vampiro irlandese in primis, capace sia di approfittarsi di Jesse sia di stringere con lui una nascente bromance tra disadattati, lanciandosi in suo soccorso non appena lo vede in difficoltà (e il ruvido Joseph Gilgun è molto bravo a mediare fra queste due “anime”).
L’episodio, peraltro, introduce l’ambiguo Odin Quincannon di Jackie Earle Haley, protagonista di un’altra scena molto straniante nel suo sottile umorismo, come se ogni personaggio fosse trincerato nelle sue ossessioni e nelle sue nevrosi sociopatiche (discorso che vale sia per Odin sia per il suo braccio destro). Ne deriva una puntata corale che fatica ad amalgamare le sue linee narrative, ma si fa apprezzare per i singoli segmenti che la compongono, attraversati dalla preoccupazione costante di Jesse per le tentazioni perverse dell’autista, che in un certo senso aprono e chiudono il racconto: quando pone rimedio a tale minaccia, Jesse scopre i suoi poteri “ultraterreni”, e di fatto ci proietta nel nucleo della storia. Allo showrunner Sam Catlin toccherà il compito di riannodare i fili del racconto, cementificando le basi di uno show intrigante.
La citazione:
«Grazie. Sono belle parole. Ma, sfortunatamente, non sono nient’altro che parole.»
Ho apprezzato:
– L’approccio anti-didascalico
– Il prologo nel 1881
– Lo stacco repentino tra il seppellimento degli investigatori e la loro “resurrezione”
– Il rapporto tra Jesse e Cassidy
– La scena che introduce Odin
Non ho apprezzato:
– La presenza eccessiva di sottintesi, che genera un po’ di confusione
– L’assenza di spiegazioni per il disincanto di Eugene
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