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THE BATTLE OF THE BASTARDS
Inaspettatamente, l’episodio si apre a Mereen, riportandoci all’attacco dei Padroni che in questa settimana il tam-tam mediatico riguardo la Battaglia dei Bastardi ci aveva quasi fatto dimenticare. Daenerys, drastica ed impulsiva come al solito, viene riportata alla realtà da un Tyrion che al suo fianco ci appare pian piano sempre più insostituibile.
Il confronto viene spostato apparentemente sul piano diplomatico: i Padroni ed il consiglio si incontrano di fronte alla piramide per discutere i termini della resa, con un ribaltamento situazionale dei dialoghi cui ormai la Madre dei Draghi ci ha abituato. Sono i Padroni a doversi arrendere alla furia di Drogon, Viserion e Rhaegal, che Daenerys guida all’attacco senza alcuna fatica (e senza alcuna giustificazione razionale, cancellando e calpestando quella parte di storyline che aveva portato la Khaleesi ad imprigionare i suoi incontrollabili “figli”).
La situazione nel continente orientale viene quindi risolta, e abbiamo il tempo anche di assistere al primo incontro fra Daenerys, Yara e Theon. L’approccio della aspirante regina delle Isole di Ferro sembra piacere molto a Dani, che decide di accettare l’alleanza. Finalmente i Targaryen hanno una flotta con la quale tornare a Westeros.
A Grande Inverno, prima della battaglia finale fervono i preparativi e hanno luogo gli incontri diplomatici: Jon prova a lanciare una sfida a Ramsay, che non accetta ovviamente il duello e si prepara a distruggere l’armata rivale. Lyanna Mormont appare in un singolo fotogramma, ma ci basta e ci avanza: la ragazzina è ormai l’idolo di tutti i fan di Game of Thrones.
Prima della battaglia accade uno dei fatti più importanti che ricollegheremo al prossimo episodio: Davos, passeggiando intorno al campo, si imbatte in una pira dove trova il giocattolo che aveva regalato a Shireen. Il cavaliere delle cipolle riesce probabilmente a ricostruire l’accaduto, ed il confronto con Melisandre è dietro l’angolo.
L’indomani, la battaglia inizia, ed è subito Ramsay a prendere le redini del gioco (letteralmente): Rickon è la sua prima vittima, così come profetizzato da una Sansa che ben conosce il modus operandi di suo marito. La crudele uccisione del ragazzino distrugge tutti i piani di attacco di Jon, che fin troppo stupidamente si getta all’attacco completamente solo verso l’armata nemica, determinando l’inizio della disfatta. I cavalieri ed i soldati di Ramsay sono troppi, troppo organizzati e perfettamente coordinati, mentre dalla parte dei “buoni” sembra ci sia solamente tanta confusione, istinto suicida e un gigante.
La battaglia infuria ed i cadaveri si accumulano (ricordandoci che fortunatamente siamo abbastanza a sud perché questi possano rialzarsi), mentre ciò che rimane degli attaccanti viene circondato dagli scudi recanti l’effige dei Bolton (un uomo scuoiato) in una manovra geniale di Ramsay. Tutto è perduto, finché il prevedibilissimo arrivo dei cavalieri della Valle guidati da Lord Baelish risolve in un batter d’occhio la situazione: non è tanto Jon Snow a vincere, quanto Sansa Stark.
Il castello in cui Ramsay prova a rifugiarsi all’ultimo momento viene facilmente espugnato nonostante ci sia sempre stato presentato come inavvicinabile, complice il sacrificio del gigante Wun Weg Wun Dar Wun, ed il duello fra i due bastardi finalmente avviene e si risolve velocemente in favore di Jon.
Puro fanservice nel finale, dove assistiamo alla piena e completa rivincita di Sansa: Ramsay viene sbranato dai suoi stessi cani sotto gli occhi di Lady Stark, che diviene quindi a tutti gli effetti reggente di Grande Inverno.
Gli Stark hanno vinto.
LA RIVINCITA DELLE REGINE
Sono sempre di più i personaggi femminili i detentori del reale potere nel mondo di Game of Thrones, e sono sempre di più i personaggi femminili quelli che si rivelano più interessanti e sfaccettati. E’ vero, l’epopea di Sansa ha fatto storcere il naso a molti durante il lungo percorso in cui la Stark più sfortunata di tutti è passata di tragedia in tragedia (e di meme in meme) pur quando avevamo iniziato ad intravedere dei forti cambiamenti psicologici che poi avevamo creduto sopiti, ma il riscatto sotto ogni livello della ragazza è ormai avvenuto e d’ora in poi sarà impossibile da ignorare. Nei prossimi episodi (probabilmente ormai dalla prossima stagione) quello di Sansa sarà un personaggio completamente nuovo che si muoverà in un mondo completamente nuovo, e non vediamo l’ora di esplorare questo nuovo corso (comprensivo anche del suo rapporto con Ditocorto).
Daenerys si riconferma vincente come al solito, dopo i fugaci dubbi che ci avevano colto all’inizio della serie nelle trame legate alle Dosh Khaleen: i draghi sono un deus ex machina impossibile da ignorare, anche se il controllo che ora Dani ha su di loro non ha nessuna fondamenta razionale: come molti lamentano (e ciò succede anche in altri momenti della narrazione), appare lampante che gli showrunner abbiano iniziato ad usare i draghi incoerentemente con la storia che abbiamo conosciuto finora nel momento in cui non sono più stati legati ai libri di Martin. D’un tratto, non solo Drogon, ma anche Viserion e Rhaegal, con cui Daenerys non aveva più rapporti da tempo e che aveva ingiustamente imprigionato, si levano in volo e vanno all’attacco seguendo gli ordini della regina di Mereen. Il risultato è ad ogni modo spettacolare, ma la velocità con cui si è arrivati al punto non è affatto credibile.
Infine abbiamo Yara, il cui minutaggio è stato confinato ad una semplice udienza con la Madre dei Draghi ma che riesce comunque a imporre la sua presenza: il suo linguaggio sboccato, la sua sfrontata sicurezza e le sue pretese sul trono creano ed affermano un personaggio degno di essere considerato ormai fra i grandi dello show, che esploderà con tutta probabilità nelle prossime stagioni. La simpatia di Daenerys verso Yara, nella quale in parte si riconosce, è palpabile, e l’alleanza fra le due è qualcosa che fino a poche puntate addietro non avremmo mai pensato, ma che ora sembra talmente perfetta da apparire fisiologica.
PREVEDIBILITA’ TOTALE
La Battaglia dei Bastardi è sicuramente un episodio destinato a rimanere negli annali della televisione. La perfetta regia, l’uso di una fotografia cruda, fredda e spietata, lo spropositato uso di mezzi e risorse umane ed animali creano una battaglia a livello totalmente umano (nonostante la presenza di un gigante nelle fila delle armate di Jon Snow) che non solo rivaleggia con qualsiasi altra produzione simile a livello di battaglia in ricostruzione storica (perché qui siamo ben lontani dal poter e dal dover fare un paragone con il fantasy) ma con tutta probabilità stravince su tutta la linea.
A fronte di un comparto tecnico perfetto però, la trama di fondo alla battaglia risulta totalmente deludente. Le teorie dei fan si sono rivelate ben più interessanti e particolari della realtà vista su schermo, che, tolta la spettacolarità delle scene, si risolve in un crescendo di mala gestione dei personaggi, come nel caso di Jon che tornato improvvisamente novellino cade in ogni singola trappola di Ramsay fin dal primissimo momento, e di cliché, primo fra tutti l’arrivo tempestivo delle armate di Ditocorto proprio nel momento culminante della sconfitta.
E se sono per alcuni aspetti passibili di essere sottovalutati in altre produzioni di diverso livello, lo stesso non può dirsi per Game of Thrones, che ci ha abituati a ben altri livelli di fattura narrativa. Pensando a mente fredda, quello che avviene a livello di trama nella Battaglia dei Bastardi è esattamente quello che lo spettatore medio si aspettava: la morte di Rickon, l’apparente sconfitta dei buoni, l’arrivo di Ditocorto a risolvere la situazione. Talmente lineare da non sembrare affatto la serie che seguiamo da anni: la mancanza di Martin si sente a livello totale perché qui non esiste intreccio, non esistono colpi di scena, non esistono ribaltamenti inaspettati; lo schermo è riempito di scene spettacolari, di un numero incredibile di comparse, di una epicità che riempie gli occhi ma che in definitiva serve solamente a coprire l’estrema mancanza di buona scrittura. Che certo, non è sempre un male: la battaglia è emozionante, più di una volta abbiamo temuto per Jon (la scena in cui viene sepolto dai cadaveri è magistrale e terroristica), ma sarebbe bastata una briciola di impegno in più per riportare la narrazione ai livelli che meritava.
E di rimando, la stessa cosa accade a Mereen: i draghi sono per antonomasia la definizione totale della spettacolarità, ma quando si parla delle trame del continente orientale sono anche sinonimo di piattezza narrativa. Ogni situazione pericolosa o spinosa in cui Daenerys si trova viene risolta con l’ausilio dei draghi, ormai lo sappiamo bene; ancora non riusciamo ad annoiarci quando arrivano sputando fuoco sui nemici e donando epicità alle scene, ma quel momento sembra ormai vicino, e la corda sta per spezzarsi.
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